Il villaggio in cui i Palestinesi sono resi completamente impotenti

Gen 13, 2021 | Notizie

di  Amira Hass e Hagar Shezaf

Haaretz, 5 gennaio 2021.   

Harun Abu Aram è stato colpito e paralizzato venerdì dalle forze di sicurezza israeliane nel suo villaggio, dove anche l’elettricità è considerata illegale.

Ashraf Amour con la famiglia nella casa dove abitano, una grotta nel villaggio di Khirbet al-Rakiz, sud delle colline di Hebron. Credit: Emil Salman

 “Mi do la colpa per l’infortunio di Harun”, ha detto Ashraf Amour dal villaggio di Khirbet al-Rakiz, vicino alla grotta dove lui e la sua famiglia vivono nelle colline a sud di Hebron, in Cisgiordania.

“Tutto quello che ha fatto è stato venire ad aiutarmi quando ha visto i soldati confiscare il mio generatore e per questo gli hanno sparato” ha detto Amour domenica descrivendo l’incidente che ha lasciato Harun Abu Aram, residente del villaggio, paralizzato dal collo in giù.

“Sarebbe stato meglio per me se avessero demolito il mio recinto per animali o le altalene dei miei figli o se Harun fosse stato colpito a un braccio o alla gamba”, ha detto Amour, senza tentare di trattenere le lacrime, “ma il proiettile lo ha colpito al collo ed è uscito dall’altra parte, colpendo i nervi. Adesso giace in ospedale paralizzato.”

L’incidente vicino alla città di Yatta è avvenuto venerdì e l’apice dello scontro è stato ripreso in video da uno dei vicini di Amour. L’esercito ha rilasciato una dichiarazione per questo articolo dicendo che l’incidente è oggetto di indagine.

Ashraf Amour, e suo figlio Mohammed vicino al generatore danneggiato nel villaggio Khirbet al-Rakiz, nelle Colline a sud di Hebron, Cisgiordania.Credit: Emil Salman

Khirbet al-Rakiz è uno dei 12 villaggi della regione di Masafer Yatta. Negli anni ’80, Israele ne dichiarò circa 30.000 dunam (7.500 acri) come zona di tiro militare. Nel 1999, l’esercito israeliano ha espulso circa 700 residenti dalla regione e ha demolito molte delle loro case. I ricorsi sono stati presentati all’Alta Corte di giustizia, che ha emesso un ordine provvisorio che consentiva loro di tornare fino a quando non fosse stato emesso un verdetto finale sul caso, ma non è stato loro permesso di ricostruire le case. Gli sforzi per risolvere il caso sono falliti, ma qualsiasi costruzione che i residenti hanno intrapreso, anche del tipo più semplice e necessario, è stata considerata illegale.

I soldati sono arrivati al villaggio in seguito a un rapporto dei coloni secondo cui era in corso una nuova costruzione. Quella stessa mattina, hanno detto i residenti del villaggio, un drone con una telecamera stava sorvolando Khirbet al-Rakiz. Non era la prima volta. Hanno detto che apparteneva ai coloni della zona. Alcuni hanno affermato che apparteneva all’organizzazione Regavim, che segue le nuove attività di costruzione palestinesi nell’Area C – il 62% della Cisgiordania sotto il pieno controllo israeliano – e che poi riferisce l’attività alle autorità israeliane.

I genitori di Harun Abu Aram’s a Khirbet al-Rakiz, gennaio 2021. Hanno vissuto nella grotta per decenni. Credit: Emil Salman

Intorno all’una di notte venerdì, una jeep dell’esercito è arrivata insieme a un’auto dell’amministrazione civile israeliana in Cisgiordania guidata da Husam Muadi, l’ufficiale delle infrastrutture dell’ufficio di coordinamento e collegamento del distretto di Hebron. “Ero seduto con mio cognato e mia cognata all’ingresso della casa nella grotta quando sono arrivati quattro soldati e l’ufficiale del coordinamento e collegamento distrettuale”, ha detto Amour ad Haaretz. “Sono entrati in casa come se fosse la loro, senza un ordine e senza dire perché. ‘Dove stai andando?’ Ho chiesto, e l’agente, che non si è presentato, ha risposto in arabo: ‘Stai zitto’. Abbiamo iniziato a litigare.

Ho detto, “Cos’è questo ‘Stai zitto?’ Secondo le regole di cortesia accettate nel mondo, è necessario chiedere il permesso prima di entrare in casa di qualcuno. Mia moglie e i miei figli sono dentro.”

Ma hanno insistito per entrare, prima in uno spazio con il tetto di lamiera che viene utilizzato come cucina e poi nella caverna stessa. Amour, che ha 36 anni, ha tentato di impedire loro di entrare. I soldati lo hanno spinto e colpito con le mani e il calcio di un fucile, ha raccontato. Suo figlio di 11 anni, Mohammed, ha cercato di intervenire ed è stato anche lui spinto e picchiato nello stesso modo. Il suo figlio più giovane, Jabril, che ha sei anni, si è nascosto per la paura sotto un divano. “Lo abbiamo trovato poche ore dopo, e ha ancora paura di uscire da solo”, ha raccontato Amour.

I soldati hanno perquisito la grotta e hanno tirato fuori un generatore che fornisce alla famiglia alcune ore di elettricità al giorno. Israele non ha permesso a Khirbet al-Rakiz e ad altri villaggi palestinesi della zona di essere collegati alla rete elettrica o alla fornitura di acqua corrente, che viene fornita non solo agli insediamenti ebraici nell’area ma anche agli avamposti ebraici non autorizzati che sono lì. I palestinesi spendono ingenti somme per la produzione di elettricità domestica per alimentare frigoriferi, lavatrici e lampade per diverse ore della giornata.

“Non hanno detto in anticipo che erano venuti a confiscare il generatore e non mi hanno fornito alcun tipo di ordine o ricevuta della confisca”, ha detto Amour. All’esterno i soldati hanno trovato un trapano e dei dischi da taglio, che hanno anche sequestrato, come se avessero deciso all’improvviso cosa prendere. “Ho discusso con loro fino al sentiero dove avevano parcheggiato le auto”, ha detto, aggiungendo che il padre di Harun Abu Aram, Rasmi, ha visto dalla sua casa in una grotta su per la collina che c’era un problema e si è subito avvicinato .

Harun ha seguito suo padre verso la grotta di Amour, che si trova in mezzo a un terreno roccioso e piccoli uliveti. Sia Amour che Rasmi hanno raccontato che un soldato ha sparato in aria verso Rasmi. “Il soldato ha puntato un fucile e mi ha detto: ‘vai, vai’. Harun era molto turbato dal fuoco del fucile ed è corso a proteggere suo padre. Il video dell’incidente inizia quando il soldato ha afferrato Harun per il collo e altri tre giovani hanno cercato di liberarlo per poi riprendersi il generatore. Il momento in cui un soldato spara ad Harun al collo non è nel video.

Un bambino in altalena a Khirbet al Rakiz, gennaio 2021 Credit: Emil Salman

“Ero di fianco e urlavo”, ha detto la moglie di Amour, Firyal. “È stata una fortuna che mio figlio maggiore non fosse qui.” Harun è caduto a terra, sanguinando copiosamente. Il cognato di Amour ha avviato la sua macchina, con l’intenzione di portarlo a farsi curare, ma un soldato ha sparato a uno dei pneumatici dell’auto. I soldati hanno sparato un totale di 19 proiettili nelle vicinanze della casa di Amour.

La notizia che qualcosa di terribile era accaduto si è rapidamente diffusa nell’adiacente villaggio di al-Twani. Decine di persone hanno iniziato a dirigersi verso il luogo a piedi e in auto e i soldati se ne sono andati rapidamente. Harun, ancora sanguinante, è stato caricato su un’auto arrivata da al-Twani e portato in una clinica del vicino villaggio di Karmil, e da lì all’ospedale di Yatta. Quando è stato chiaro quanto fossero gravi le sue condizioni, è stato trasferito in un ospedale di Hebron.

Il generatore che ha scatenato lo scontro alla fine non è stato confiscato ed è rimasto danneggiato fuori dalla grotta dopo essere caduto più volte mentre Amour e i suoi amici cercavano di riprenderlo ai soldati. Neanche gli strumenti sono stati confiscati. “Venerdì è stato ricevuto un rapporto di costruzione illegale ad Al-Rakiz”, ha detto l’amministrazione civile israeliana nella sua risposta per questo articolo. “In seguito, una forza dell’esercito israeliano e un rappresentante dell’Ufficio di coordinamento e collegamento distrettuale sono venuti sul posto per fermare il lavoro illegale e confiscare una serie di strumenti che i loro proprietari stavano usando durante la costruzione. La confisca è stata eseguita in conformità con l’autorità e le regole.” Alla luce di quanto poi è emerso, si è deciso di non sequestrare il generatore, ha detto l’Amministrazione Civile, ma “questo non è indice di un uso legale”.

Bambini che corrono nel villaggio di Khirbet al Rakiz. Credit: Emil Salman

Dove qualsiasi costruzione è illegale

I genitori di Amour hanno vissuto nella grotta per decenni. Ora Firyal è responsabile della manutenzione e della pulizia. Ha lasciato le decorazioni che ha messo su quando il figlio maggiore della coppia, Khalil, ha superato gli esami di maturità liceale. L’Amministrazione Civile ha emesso ordini di demolizione per la loro cucina e la cisterna dell’acqua, dove immagazzinano l’acqua piovana e l’acqua che acquistano dai serbatoi. “Non posso cucinare nella grotta e, come tutti, abbiamo bisogno di acqua”, ha detto in tono di scusa.

Come altri a Khirbet al-Rakiz, Amour e la sua famiglia lavorano sempre, tirano avanti con le loro mandrie di bestiame e coltivando cereali e verdure principalmente per il proprio consumo. Amour e Khalil raccolgono anche oggetti scartati, compresi i vestiti dalla discarica vicino a Betlemme. Riparano quello che possono mentre Firyal pulisce i vestiti e poi cercano di vendere gli articoli al mercato del venerdì a Yatta.

Da bambino, Harun Abu Aram, che attualmente giace privo di sensi e paralizzato nell’ospedale di Hebron, raccoglieva anche queste cose dalla discarica per gli insediamenti nell’area di Hebron per aiutare la sua famiglia. Lo fa nel film del 2012 “Good Garbage” degli israeliani Ada Ushpiz e Shosh Shlam. 

Dopo che Harun finì la sesta elementare, sua madre Farsi ha detto, andò a lavorare in Israele. Circa quattro anni fa, è stato catturato in Israele senza permesso e ha trascorso quattro mesi in prigione. Quel giorno avrebbe dovuto comparire in tribunale per essere entrato illegalmente in Israele, ha detto.

Da venerdì decine di persone vanno ogni giorno in visita alla famiglia per mostrare solidarietà con loro e col villaggio. Credit: Emil Salman

Da quando è stato rilasciato dalla prigione, ha principalmente aiutato suo padre a prendersi cura della loro mandria. “Ha 10 pecore che ama davvero”, ha detto sua madre. Venerdì, il giorno in cui è stato colpito al collo, aveva programmato di festeggiare il suo 24° compleanno con la sua fidanzata, Du’a. Avrebbero dovuto sposarsi entro due mesi. Da venerdì, ogni giorno, decine di persone vengono in visita per mostrare la loro solidarietà alla famiglia e al villaggio.
Israele ha chiesto ai residenti di 12 villaggi di lasciare definitivamente le loro case in modo che l’area possa essere utilizzata per esercitazioni militari.

Khirbet al-Rakiz è stato ufficialmente escluso alla fine da questa lista, ma il divieto di qualsiasi costruzione e collegamento alle infrastrutture idriche ed elettriche è ancora attivo. L’amministrazione civile considera le colline di Hebron una priorità per far rispettare gli ordini di demolizione, come ha detto il capo dell’amministrazione civile, Ghassan Alyan in un’audizione alla Knesset in una presentazione dal titolo “Prevenire un’acquisizione palestinese dell’area C.”

A novembre, l’amministrazione civile ha demolito una casa che la famiglia Harun Abu Aram aveva completato lì due settimane prima. Per decenni, la famiglia ha vissuto in una grotta che era danneggiata da perdite e deterioramento. Ora sono tornati alla grotta. La casa di Abu Aram è solo una delle cinque che l’amministrazione civile ha demolito negli ultimi tre mesi. Le forze inviate per eseguire le demolizioni hanno anche smantellato l’allacciamento idrico che era stato installato dal consiglio dei villaggi. Ora, come le altre famiglie, devono fare affidamento sui rifornimenti dei serbatoi d’acqua che costano loro 400 shekel (124 dollari) al mese, il che va ben oltre le loro possibilità.

Su una collina a nord delle grotte e delle capanne di Khirbet al-Rakiz, si possono vedere chiaramente le case dell’insediamento ebraico di Ma’on. Farsi Abu Aram, che ha 47 anni, ha detto di aver visto la costruzione dell’insediamento iniziare quando aveva circa 7 anni e andava a badare il bestiame.

“I coloni ci dicono che eravamo emigrati qui non molto tempo fa”, ha detto il genero di Abu Aram, Hamed al-Nawaja’a. “Lavoro in Israele e ad ogni israeliano che chiedo, uno viene dal Marocco, il secondo dalla Russia, mentre i nostri genitori, i [loro] nonni e così via sono nati qui”.

https://www.haaretz.com/israel-news/.premium.MAGAZINE-the-village-where-palestinians-are-kept-entirely-powerless-1.9423349?utm_source=mailchimp&utm_medium=content&utm_campaign=daily-brief&utm_content=33eb8e350e&fbclid=IwAR1mCv3WaDfUF7k3Dpy6GkExDU688SW8dfMtnufY9ZZ_n9IpFdmC57zN9q8

Traduzione a cura di Alessandra Mecozzi – Cultura è Libertà

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