L’ultimo espediente della lobby israeliana per estorcere denaro ai contribuenti statunitensi

Nov 18, 2020 | Notizie, Riflessioni

di Grant F. Smith,

Israel-Palestine News,11 novembre, 2020.

Un nuovo progetto di legge darebbe a Israele il diritto di veto sulla vendita di armi da parte degli USA. Il complesso degli aiuti statunitensi a Israele è tre volte la somma che gli USA spesero con il Piano Marshall per ricostruire l’Europa dopo la seconda guerra mondiale.

Il totale cumulativo dell’Assistenza USA all’estero 1949-2020: 295 miliardi di dollari. Questa cifra non comprende l’aiuto a Israele per supporto all’intelligence e altri fondi coperti. Dati del Congressional Research Service indicizzati all’inflazione.

L’offerta da parte degli Emirati Arabi Uniti di acquistare gli aerei invisibili multiruolo F-35 ha causato una tempesta di fuoco fra gli attivisti della lobby israeliana, gli esperti e i simpatizzanti di Israele nel Congresso. Sostengono che gli USA hanno l’obbligo di mantenere il “Qualitative Military Edge” (QME) (Vantaggio Militare Qualitativo) di Israele, se non il “Vantaggio militare qualitativo E quantitativo” di Israele.

Il QME è una dottrina che i pianificatori militari USA avevano inizialmente concepito per valutare e contrastare il vantaggio numerico delle truppe del Patto di Varsavia sulle truppe USA e alleate di stanza in Europa. Si pensava che gli Stati Uniti avessero bisogno di un vantaggio qualitativo nei sistemi militari per contrastare questo squilibrio.

Israele ha cominciato ad insistere sul QME a suo favore durante il tumultuoso dibattito intorno alla vendita, da parte dell’amministrazione Reagan, di sistemi radar aerei (AWACs) all’Arabia Saudita. Israele sosteneva che, per proteggere il suo QME, qualunque vendita di questo tipo avrebbe richiesto ulteriori armi, e più avanzate, per Israele.

Oggi, gli USA offrono ulteriori e avanzati armamenti a paesi che sono stati costretti con successo a stringere legami con Israele, ma prima o poi quei paesi potrebbero smettere di obbedire agli ordini di marcia degli USA e rispondere alle richieste di cambiamento da parte del popolo, come l’Egitto durane la primavera araba. Quello è un problema, secondo i pensatori pro-Israele.

Il progetto di legge darebbe a Israele il diritto di veto sulla vendita statunitense di armi

La loro ultima soluzione per mantenere il QME israeliano, perciò, comprende la possibilità di dare a Israele il potere di veto su tali vendite di armi da parte degli USA. La soluzione legislativa illustrata dal rappresentante del Congresso Brad Schneider (Illinois) e sostenuta dall’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) è il Guaranteeing Israel’s QME Act of 2020.”

Il rappresentante del Congresso Brad Schneider, sponsor del “Guaranteeing Israel’s QME Act of 2020.” La foto è del discorso del 17 luglio 2014 a Washington DC, durante l’attacco di Israele a Gaza. (Israel Forever Foundation)

La proposta intende emendare l’AECA (Legge di Controllo sull’Esportazione delle Armi) chiedendo al Presidente di consultarsi con il governo israeliano prima di procedere con qualunque vendita di questo tipo. Il Presidente dovrebbe quindi sottomettere un rapporto al Congresso sulla misura in cui tale vendita potrebbe impattare sul QME di Israele.

L’AECA era già stata emendata nel 2008 e nel 2012, affinché fossero richieste certificazioni attestanti che qualunque vendita di questo tipo non avrebbe influito negativamente sulla supremazia militare israeliana. Ma è ironico che la proposta di legge Schneider usi la Legge di Controllo sull’Esportazione delle Armi e le certificazioni della presidenza USA come veicolo per inserire la supervisione di Israele sul processo decisionale statunitense.

Dopo il dirottamento illegale di uranio per uso bellico verso Israele (anni ’60) da parte della Nuclear Materials and Equipment Corporation (NUMEC) della Pennsylvania, i senatori Symington e Glenn hanno proposto, a metà degli anni ‘70, emendamenti al Foreign Assistance Act.

Questi emendamenti hanno messo al bando l’assistenza economica e militare, i crediti all’esportazione, e il sostegno statunitense ai paesi che forniscono o ricevono, acquisiscono o trasferiscono tecnologia per l’arricchimento nucleare, quando tali paesi non rispettino il regolamento e le ispezioni dell’IAEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica).

Israele stato guida sponsor della proliferazione nucleare

Da allora, Israele ha continuato ad essere il principale stato del Medio Oriente a sponsorizzare la proliferazione nucleare, grazie al suo incessante traffico del tutto illecito di materiale nucleare connesso alle armi, know-how e tecnologia provenienti dagli USA. Israele li ha poi diffusi a regimi come il Sud Africa dell’apartheid.

Gli emendamenti sopra ricordati di Symington e Glenn sono ora inseriti nella Legge di controllo sull’esportazione delle armi (AECA), e richiedono al Presidente di comunicare al Congresso qualunque proposta di aiuto statunitense ad uno stato riconosciuto come ‘stato canaglia’ nucleare.

Clinton, Bush, Obama e Trump hanno affermato segretamente che avrebbero violato la legge

Invece di rispettare la legge, gli ultimi quattro presidenti hanno ceduto alle pressioni di Israele e delle sue lobby statunitensi che suggerivano di non rispettare quella particolare sezione dell’AECA.

I Presidenti Clinton, Bush, Obama e Trump hanno infatti firmato segretamente lettere in cui promettevano di non rispettare la legge, come riportato da Adam Entous nel New Yorker. Gli Archivi Nazionali si sono rifiutati di pubblicare due di queste lettere.

Dopo una causa intentata con successo nel 2011 per pubblicare informazioni schiaccianti del governo statunitense sugli impianti israeliani per la produzione di armi nucleari, nel 2012 il Presidente Barack Obama ha perfino passato una legge bavaglio chiamata WNP-136 in cui si proibisce ogni ulteriore pubblicazione. Ciò ha limitato qualunque dibattito informato su Israele, la non proliferazione e le politiche correlate come il QME.

Altri provvedimenti promossi dall’AIPAC, come le sezioni all’interno di S.2583, impongono ora che gli USA ritirino i fondi all’IAEA se allo stato guida sponsor della proliferazione nucleare in Medio Oriente venisse “negata la partecipazione all’Agenzia“.

295 miliardi di dollari a Israele, e altri arriveranno…

La cifra cumulativa per l’assistenza statunitense a Israele pubblicamente nota (escludendo i servizi di intelligence e altri fondi coperti) raggiungerà quasi 295 miliardi di dollari nel 2020 (v. grafico all’inizio). Questa cifra è tre volte quanto speso con il Piano Marshall per ricostruire l’Europa dopo la seconda guerra mondiale.

Circa 253 miliardi di dollari (86%) sono stati distribuiti dopo l’approvazione degli emendamenti Symington e Glenn, mentre 116 miliardi di dollari sono stati distribuiti dopo che i presidenti da Clinton a Trump hanno firmato lettere segrete in cui promettevano di non rispettare l’AECA.

Le analisi prodotte da gruppi di pensatori filo-israeliani come la FDD (Fondazione per la Difesa delle Democrazie) delineano anche ulteriori soluzioni al di là della proposta Schneider, fornendo più armi “gratuite” statunitensi a Israele, e più denaro dei contribuenti americani perché Israele possa comprare sistemi di armamenti.

Gli USA dovrebbero anche ulteriormente espandere il proprio deficit, già cresciuto a dismisura, anticipando denaro liquido a Israele sotto un nuovo “Piano di Rateizzazione” che potrebbe così permettere a Israele di attingere dagli attuali 38 miliardi del MOU (Memorandum of Understanding), e perfino dal futuro MOU, afferma la FDD.

La perdita di credibilità degli USA a causa di Israele.

Le cose non sono state sempre così sottosopra.

Un quarto di secolo fa, una seria analisi sul cosiddetto “QME” si concentrava sulla questione centrale della deterrenza, necessariamente presa in considerazione per le armi nucleari di Israele.

Il documento del 1994 del Begin-Sadat Center for Strategic Studies intitolato “Israel’s Deterrence Strategy Revisited” illustrava un’analisi dell’impatto che l’arsenale nucleare israeliano non dichiarato aveva sulla deterrenza.

Supponeva perfino che le armi nucleari israeliane avrebbero potuto spingere i rivali della regione a sviluppare le proprie testate nucleari o a cercare missili a lungo raggio con armi chimiche per “bilanciare” l’arsenale nucleare israeliano.

Lo studio ammetteva anche che il silenzio americano sulle armi nucleari israeliane era in conflitto le articolate posizioni statunitensi circa la non proliferazione delle armi nucleari. Quest’ultimo è un punto doloroso. Per molto tempo gli USA hanno avuto scarsa credibilità nei circoli internazionali sulla non proliferazione, in gran parte a causa di Israele.

Il raggiro della lobby per fornire altri miliardi a Israele

Oggi il “QME” è diventato semplicemente un altro raggiro della lobby israeliana per estorcere denaro ai contribuenti americani.

Richiede che gli Americani regalino miliardi a Israele per ogni vendita statunitense di sistemi militari avanzati ai ricchi regimi autocratici del Medio Oriente. È il prerequisito per minare la non proliferazione nucleare.

Sarebbe molto più utile per gli Americani la cancellazione di tutte le vendite di armi alla regione, compresi i regali a Israele, rafforzando l’emendamento Symington e Glenn, e rilanciando l’impegno diplomatico statunitense, a lungo dormiente, con gli spauracchi della regione come Iran e Siria. Una seria discussione sulla proliferazione nucleare in Medio Oriente –e sul ruolo centrale di Israele– è ugualmente attesa da lungo tempo.

Grant F. Smith è l’autore del nuovo libro Divert! NUMEC, Zalman Shapiro and the diversion of U.S. weapons-grade uranium into the Israeli nuclear weapons program. È direttore dell’Institute for Research: Middle Eastern Policy a Washington, D.C.

Traduzione di Rossella Rossetto – AssopacePalestina

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