Come Israele sta facendo la guerra ai Palestinesi nell’Area C

Set 27, 2020 | Riflessioni

di Ben White

Middle East Eye, 20 settembre 2020.

Con il mondo distratto dal COVID-19 e dagli “accordi di pace”, Israele tenta un trasferimento forzato irreversibile nella Cisgiordania occupata.

Le forze israeliane rimuovono un rimorchio che sostengono sia stato collocato illegalmente nell’Area C. 6 febbraio (AFP)

Un recente rapporto pubblicato dal quotidiano israeliano Haaretz ha gettato nuova luce sull’intensificarsi della campagna israeliana di demolizioni nelle comunità palestinesi, giungendo a una conclusione estrema: Israele sta conducendo una guerra contro l’esistenza stessa dei Palestinesi nell’Area C, il 60% della Cisgiordania occupata.

La Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset si è riunita alla fine di luglio e poi a metà agosto, sul tema: “L’appropriazione palestinese dell’Area C”.

Con gli Accordi di Oslo la Cisgiordania è stata divisa nelle Aree A, B e C, con i principali centri abitati palestinesi nelle Aree A e B. Il territorio dell’Area C circonda e frammenta questi centri e comprende comunità palestinesi più piccole, oltre a quasi tutte le colonie israeliane.

Il linguaggio che parla di “appropriazione”

Prendendo per buoni gli accordi, l’Area C era un territorio che sarebbe stato “gradualmente trasferito alla giurisdizione palestinese”. Tuttavia le autorità israeliane e i gruppi dei coloni attivisti hanno trattato l’Area C come fosse sotto il diretto e permanente controllo israeliano sia sul piano strategico che sul piano ideologico.

Qui entra in gioco il linguaggio che parla di una “appropriazione”: una visione del mondo che vede il territorio palestinese sotto occupazione militare israeliana come appartenente per sempre “di diritto” a Israele. Da questa prospettiva il coltivatore palestinese, non il colono, è l'”invasore”.

Le riunioni della Knesset tenutesi durante l’estate, presenziate da alti esponenti politici e militari, hanno visto vari funzionari testimoniare con orgoglio al comitato gli sforzi compiuti per colpire e distruggere l’agricoltura e l’edilizia palestinese nell’Area C.

Secondo il capo della cosiddetta Amministrazione Civile, l’esercito israeliano ha sradicato 42.000 alberi piantati dai Palestinesi negli ultimi 20 anni, di cui 7.500 nel 2019. Quello stesso anno, le forze israeliane hanno confiscato 700 escavatrici e altre attrezzature ai Palestinesi, un “deterrente molto significativo”.

Va ricordato che la giustificazione per queste demolizioni e confische è: costruzione “illegale”. Ma bisogna anche ricordare che, secondo i dati ufficiali, Israele ha approvato solo 21 delle 1.485 richieste palestinesi di permessi di costruzione in Cisgiordania dal 2016 al 2018, una percentuale di rifiuto del 99%.

‘Hanno abbastanza territorio’

L’obiettivo è chiaro: allontanare i Palestinesi da vaste aree della Cisgiordania. Alti funzionari israeliani “hanno redatto le priorità regionali per demolire strutture palestinesi”, ha notato Haaretz, che “a questo stadio” includono “la zona circostante Gerusalemme”, le colline a sud di Hebron e la Valle del Giordano.

Secondo Nir Barkat, membro del comitato della Knesset e politico di alto livello nel Likud, la priorità di Israele è sistemare due milioni di coloni ebrei nella Cisgiordania occupata e “impedire… il tentativo dei Palestinesi di cambiare la situazione”. Ha aggiunto, “Hanno abbastanza territorio in A e B”.

Palestinesi che protestano contro la costruzione di colonie israeliane vicino a Yatta. 21 agosto (AFP)

Israele sta procedendo a tutto gas a stabilire le dimensioni del bantustan palestinese –o dei bantustan, poiché non c’è contiguità territoriale– intorno al 40% della Cisgiordania. Il dato essenziale è che questo viene ottenuto non solo espandendo gli insediamenti ma anche rimuovendo i Palestinesi.

I Palestinesi sono stati descritti nelle riunioni del comitato della Knesset con un linguaggio straordinariamente disumanizzante: le case palestinesi, l’agricoltura e le infrastrutture di base della vita sono state chiamate “virus”, “terrore territoriale” e “cancro”.

Alle riunioni era presente un membro dello staff di Regavim, un gruppo di coloni che promuove la demolizione delle strutture palestinesi. Un funzionario dello Stato che partecipava agli incontri “ha detto che il coordinamento tra i vari gruppi che riferiscono immediatamente sulle costruzioni palestinesi è molto migliorato”.

Disumanizzazione razzista

I materiali di Regavim sono pieni di disumanizzazione razzista, descrivono le comunità palestinesi come “tentacoli che si allungano ovunque in Israele” e avvertono che “il Popolo Ebraico viene derubato della Terra di Israele”.

L’organizzazione, invitata a Londra lo scorso anno dall’UK Lawyers for Israel, è stata anche al centro degli attacchi alle ONG palestinesi, come l’Union of Agricultural Work Committees (UAWC) che svolge un ruolo fondamentale nella promozione dei coltivatori palestinesi e nella resistenza delle comunità nell’Area C.

Già nel 2014 Regavim aveva preso di mira l’UAWC e nel 2018 ha affermato che esso è un obiettivo prioritario in quanto “la principale organizzazione coinvolta in progetti agricoli nell’Area C”.

Il rapporto di questi incontri alla Knesset è stato pubblicato, per puro caso, pochi giorni dopo che un alto funzionario dell’ONU per i diritti umani aveva stigmatizzato un picco nelle distruzioni israeliane delle proprietà palestinesi negli ultimi mesi. Nella guerra di Israele contro le comunità palestinesi dell’Area C non esiste un cessate il fuoco a causa del Covid-19.

Secondo la dichiarazione rilasciata dal Coordinatore Umanitario Jamie McGoldrick, i dati ONU hanno mostrato “la demolizione o confisca di 389 strutture di proprietà palestinese in Cisgiordania” nel periodo da marzo ad agosto. Come media mensile, questo è il più alto tasso di distruzione degli ultimi quattro anni.

Queste demolizioni, ha aggiunto l’ONU, hanno lasciato 442 Palestinesi senza casa. Nel solo mese di agosto più di 200 persone sono state sfollate, “più che in ogni altro mese a partire dal gennaio 2017”.

Si noti che, oltre alle case, le forze israeliane hanno preso di mira, distruggendo o confiscando, “acqua, risorse per igiene o sanificazione e strutture usate per l’agricoltura”, incluse decine di strutture “date ai Palestinesi come aiuti umanitari”.

La complicità internazionale

Questa storia nei fatti non farà che peggiorare. Un aggiornamento dell’ONU pubblicato il mese scorso ha evidenziato il ruolo pernicioso dell’Ordine militare 1797, entrato in vigore nel luglio 2019, che “consente la rimozione accelerata delle strutture non autorizzate considerate ‘nuove’, entro 96 ore dall’emissione dell’ordine di rimozione”.

Visto ancora da Israele come “pilota”, questo ordine, nell’anno in cui è stato impiegato, ha avuto come risultato la demolizione di almeno 66 strutture.

Nel frattempo, 20 milioni di shekel (5,8 milioni di dollari) sono appena stati stanziati dal governo israeliano “per rilevare e mappare le costruzioni palestinesi non autorizzate” nell’Area C, un evento riportato da Haaretz come la “prima volta che dei fondi sono stati specificamente stanziati nel bilancio statale per questo tipo di sondaggi”.

Tutto quello che è riportato in questo articolo è di pubblico dominio. Il numero delle strutture palestinesi demolite è meticolosamente conteggiato e riportato da ONG e agenzie locali e internazionali. I politici e i funzionari militari israeliani sono chiari riguardo alle loro intenzioni.

Eppure, non vi è ancora un’azione seria da parte dei principali attori internazionali, come l’Unione Europea o i governi che dichiarano di sostenere il diritto internazionale e i diritti umani. Infatti, la Knesset ha notato come “il numero dei progetti palestinesi finanziati a livello internazionale (prevalentemente europei) [nell’Area C] si è ridotto a 12 nel 2019 mentre erano 75 nel 2015”.

Israele non ha alcun incentivo a non perseguire i suoi progetti in Cisgiordania e in particolare nell’Area C. Con la (temporanea) rimozione dall’agenda dell’annessione formale  e l’accordo di normalizzazione Emirati Arabi Uniti-Israele, anche la semplice minaccia di serie conseguenze internazionali si è dissolta.

Con l’attenzione concentrata sulla pandemia da coronavirus e sugli “accordi di pace” regionale, Israele sta continuando i suoi attacchi aggressivi alle comunità palestinesi allo scopo di creare un trasferimento irreversibile e ottenere i vantaggi che avrebbe ottenuto dall’annessione formale dell’Area C, senza nessuno dei possibili costi. 

Ben White

Il punto di vista espresso in questo articolo è dell’autore e non necessariamente riflette la politica editoriale di Middle East Eye.

Ben White è uno scrittore, giornalista e analista specializzato in Palestina/Israele. I suoi articoli sono apparsi ampiamente nei media internazionali, tra cui Al Jazeera, The Guardian, The Independent e altri. È autore di quattro libri, l’ultimo dei quali, “Cracks in the Wall: Beyond Apartheid in Palestine/Israel” (Pluto Press), è stato pubblicato nel 2018.

https://www.middleeasteye.net/opinion/how-israel-waging-war-palestinians-area-c

Traduzione di Elisabetta Valento – Assopace Palestina

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