I Palestinesi “inventati”, gli Ebrei “autoctoni”: Le radici del piano di annessione israeliano e perché il mondo dovrebbe fermare Netanyahu prima che sia troppo tardi

Giu 21, 2020 | Riflessioni

Ciò che Netanyahu, il partito del Likud e l’amministrazione Trump realmente pensano dell’annessione e dei Palestinesi, e perché si sbagliano di grosso.

diVictor Kattan  

Haaretz, 9 giugno 2020

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I sostenitori del Likud festeggiano dopo che gli exit poll hanno mostrato il loro partito in testa alle elezioni israeliane del 2020, 2 marzo 2020. Ofer Vaknin

L’annessione del 30% della Cisgiordania, inclusi gli insediamenti israeliani illegali e la Valle del Giordano, procede a ritmo incalzante con il Primo ministro Benjamin Netanyahu che, nel giorno del suo giuramento, ha dichiarato davanti alla Knesset che l’annessione rappresenta la realizzazione della “giustizia dei nostri diritti nella terra d’Israele”.

Quello che però non ci stiamo chiedendo con sufficiente urgenza è se questa estensione dei confini d’Israele va contro il diritto internazionale o meno.

Forse la risposta è considerata così ovvia che non serve nemmeno pensarci troppo su. L’annessione è strettamente proibita dallo Statuto delle Nazioni Unite. Uno Stato, infatti, non può annettere con la forza un territorio appartenente ad un altro Stato. Cosa c’è da aggiungere?

In realtà, a quanto pare i sostenitori del Likud hanno molto altro da aggiungere.

Gli estremisti di destra hanno sostenuto a lungo che solamente gli Ebrei hanno il diritto all’auto-determinazione – termine con il quale intendono la sovranità statale – su tutti i territori tra il fiume Giordano ed il Mediterraneo.

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Il Presidente palestinese Mahmoud Abbas mostra una mappa al Consiglio di Sicurezza dell’ONU denunciando il piano Trump per il Medio Oriente. 11 febbraio 2020, Spencer Platt / Getty Images Nor

La Risoluzione di San Remo del 1920, che include anche la Dichiarazione Balfour, agli occhi di questo gruppo è considerata la “Magna Charta” del popolo ebraico poiché legittima a livello internazionale l’estensione della sovranità ebraica su tutti i territori della Palestina, che prima della “partizione” del 1922 (o “escissione” a parole loro) ad opera del doppiogiochista Lord Balfour includeva anche la Transgiordania.

Secondo il pensiero predominate nel Likud, i diritti civili della popolazione araba menzionati nella Dichiarazione Balfour non includono la protezione dei diritti politici poiché gli Arabi erano oggetto, non soggetto, del diritto internazionale. Il testo del mandato britannico riconosceva esplicitamente solo il popolo ebraico, e per questo motivo quest’ultimo ha un diritto superiore su tutta la terra dato che la loro rivendicazione è migliore rispetto a tutte le altre.

“Gli Arabi”, secondo coloro che sostengono questa visione, hanno rifiutato una giusta allocazione del territorio proposta dal Piano di Partizione dell’ONU del 1947, che è diventato immediatamente “lettera morta”. “Gli Arabi” hanno dichiarato guerra al popolo ebraico nel 1948 e poi di nuovo nel 1967, perdendo una legittima guerra di auto-difesa, e di conseguenza la possibilità di avanzare qualsiasi rivendicazione sulla terra. I sostenitori del Likud, inoltre, affermano che da quel momento i Territori Palestinesi sono “contesi” (non “occupati”, fatto da sottolineare).

Gli appartenenti al Likud sostengono che i Palestinesi hanno rifiutato tutte le “generose” offerte di pace che sono state loro proposte nell’arco degli anni, inclusa la più recente avanzata dal Presidente statunitense Donald Trump nel suo cosiddetto “Accordo del Secolo” il quale descrive le Risoluzioni dell’ONU come indefinite ed accetta la visione revisionista secondo la quale “Israele sta portando avanti delle rivendicazioni legalmente valide e legittimate dalla storia sulla terra ancestrale del popolo ebraico”.

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Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ed il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu applaudono durante una conferenza congiunta alla Casa Bianca sul piano di pace di Trump per il Medioriente.28 gennaio 2020. Brendan McDermid Reuters

In aggiunta, Jared Kushner, genero di Trump e principale architetto dell’Accordo del Secolo, è dell’idea che i Palestinesi non sono capaci di governarsi da soli, anche se hanno governato gran parte della Cisgiordania e della Striscia di Gaza per più di 25 anni.

Il governo degli Stati Uniti ha chiarito che quelle parti della Cisgiordania sulle quali il Primo Ministro Benjamin Netanyahu vuole estendere la sovranità israeliana – territori in cui molti Israeliani ebrei vivono in “quartieri” in stile statunitense – non sono “incompatibili con il diritto internazionale per se”. Per gli esponenti di destra, tanto in Israele quanto negli Stati Uniti, l’annessione del territorio scarsamente popolato ma decisamente strategico della Valle del Giordano, che garantirebbe profondità strategica al piccolo Stato ebraico, non può essere paragonata ad altre annessioni in altre parti del mondo.

Allo stesso modo, essi sostengono che non c’è alcun bisogno di consultare i Palestinesi sulla presunta annessione, poiché questi ultimi non sono che sparuti gruppi di lingua araba non radicati in quei territori poiché sono migrati alla fine del XIX secolo da Egitto e Siria. Non rappresentano, quindi, una nazione nel vero senso della parola. Solo il popolo ebraico è “autoctono” di quella terra.

Il “popolo palestinese” è stato “inventato” negli anni ’60 per la guerra degli Arabi contro Israele, e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) è un’”organizzazione di assassini” e non un movimento di liberazione nazionale che aspira a “liquidare lo Stato d’Israele”, per citare il manifesto del Likud per le elezioni del 1977.

Secondo il punto di vista predominante nel Likud, uno Stato palestinese esiste già ed è il Regno Hashemita di Giordania, quindi non c’è alcun bisogno di creare un ulteriore Stato palestinese sulla sponda occidentale del fiume Giordano poiché ciò rappresenterebbe una minaccia mortale per il popolo ebraico. Secondo questa visione, uno Stato palestinese sovrano non esiste ora e non è mai esistito nemmeno in passato.

Per questo motivo lo Statuto dell’ONU, che si applica solo agli Stati sovrani, non può essere adottato in questa situazione. Di conseguenza, Israele può impossessarsi della terra senza le persone che attualmente ci abitano. Come Netanyahu ha già chiarito, infatti, i Palestinesi nelle aree che saranno annesse non riceveranno la cittadinanza israeliana.

Netanyahu pensa chiaramente che sia arrivato il momento di dichiarare vittoria contro gli Arabi. Per la sua fazione non ci sarà un momento più opportuno per realizzare il sogno revisionista delineato nella Legge dello Stato Nazione, la quale descrive l’autodeterminazione nella “terra ‘Israele” come diritto esclusivo del popolo ebraico. Per tutto il termine di Netanyahu come Primo Ministro non ci potrà essere alla Casa Bianca un Presidente più accondiscendente.

Si tratta di un destino storico – il momento che ha tanto aspettato– e ha il dovere di cogliere questa occasione mentre il resto del mondo è distratto e diviso.

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Soldati israeliani di guardia in un posto di blocco nei pressi di Al-Fawar, sud di Hebron nella Cisgiordania occupata. 3 giugno 2020, AF

Netanyahu ha una maggioranza sufficiente nella Knesset per estendere la sovranità israeliana alla Cisgiordania, ma il tempo non è dalla sua parte. Deve raggiungere l’obiettivo prima che un nuovo Presidente s’insedi alla Casa Bianca il 20 gennaio 2021, e nel frattempo deve assicurarsi l’accondiscendenza dell’Unione Europea. Potrebbe ottenere ciò che vuole, poiché l’UE non riesce ad accordarsi su una posizione comune che si opponga alla visione di Trump, che ricopre il ruolo della bussola che indirizzerà ciò che accadrà in Israele a partire dal 1° luglio.

Il fatto che la narrativa revisionista appena descritta sia appoggiata dal Likud e dal Presidente Trump è già abbastanza deprimente, ma sembra che ci sia anche un altro sostenitore: niente di meno che l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’UE Josep Borrell.

Secondo un report pubblicato su Haaretz lo scorso maggio, a Borrell è stato chiesto se l’annessione di parte della Cisgiordania sarebbe simile a quella della Crimea, annessa dalla Russia nel 2014. I funzionari israeliani hanno espresso particolare soddisfazione riguardo la sua risposta: “C’è una differenza tra annettere un territorio che appartiene ad uno Stato sovrano ed annettere i territori palestinesi.”

In altre parole, sembra che Borrell accetti la visione secondo cui uno Stato palestinese non esiste, ed in questo caso si potrebbe affermare che l’Articolo 2(4) dello Statuto dell’ONU non può essere applicato. A quanto pare, Borrell è dalla parte di Netanyahu e dell’amministrazione Trump – una visione alla quale sono sicuro che si opporrebbe da buon social-democratico qual è.

Manifestanti riuniti in Piazza Rabin a Tel Aviv il 6 giugno 2020 per denunciare il piano israeliano di annessione di parte della Cisgiordania occupata AFP

Ma se Borrell stava riflettendo una più ampia visione europea, forse la visione dei suoi consulenti legali di Bruxelles ad esempio, gli si potrebbe chiedere su che basi lui o qualsiasi funzionario Europeo potrebbe minacciare l’imposizione di misure che dissuadano Israele dall’annessione, come esprimere “supporto pubblico ai procedimenti attualmente in corso presso la Corte Penale Internazionale,” così come riportato da Haaretz?

Il supporto pubblico ai procedimenti presso la Corte Penale Internazionale non sarà abbastanza poiché l’amministrazione Trump sta già minacciando una risposta coordinata per evitare che questa Corte apra delle indagini per crimini di guerra che potrebbero portare dei funzionari statunitensi e israeliani in tribunale.

È arrivato il momento per l’Unione Europea di mettere in atto ciò in cui crede, non solo perché è la cosa giusta da fare, ma anche perché ci guadagnerebbe molto a farlo. Il continente europeo ospita diversi organi per la risoluzione di dispute internazionali, da L’Aia ad Amburgo, Parigi e Ginevra. Queste istituzioni devo essere protette a tutti i costi se lo stato di diritto nel diritto internazionale ha una qualche valenza.

Se l’UE crede che Netanyahu “annetterà” la Cisgiordania, allora deve anche accettare che il territorio che sarà annesso è già parte di uno Stato – uno Stato palestinese.

Non verrà dimenticato che nel novembre 2012 l’Assemblea Generale dell’ONU ha adottato la Risoluzione 67/19 la quale ha accordato alla Palestina “lo status di Stato osservatore delle Nazioni Unite.” La Risoluzione è stata sostenuta da 70 Stati (inclusa la Palestina) ed è stata approvata con 138 voti a favore, 9 contrari e 41 astensioni.

Mentre alcuni degli Stati che già riconoscevano la Palestina hanno votato a favore della Risoluzione, alcuni nuovi nomi hanno fatto la loro comparsa: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Giappone, Nuova Zeland, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia e Svizzera. Nonostante alcuni di questi Stati abbiano sottolineato che il loro voto non pregiudicava la loro posizione rispetto il riconoscimento della Palestina come Stato, altri Stati erano pienamente coscienti del fatto che il loro voto dava alla Palestina pieni poteri di comportarsi come un vero e proprio Stato.

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Soldati israeliani prendono posizione durante le proteste palestinesi contro l’estensione degli insediamenti illegali israeliani nel villaggio di Beita vicino Nablus in Cisgiordania. 2 marzo 2020, Majdi Mohammed AP.

Uno degli Stati che si astenne dal voto nel 2012 fu la Svezia. Due anni dopo votò a favore della risoluzione per il riconoscimento dello Stato di Palestina.

L’annuncio del governo riguardo al riconoscimento della Palestina faceva riferimento a un commento di tre professori svedesi di diritto internazionale, inclusi due ex Consulenti Legali Principali di Diritto Internazionale Pubblico del Ministero degli Esteri svedese, i quali hanno spiegato che la Svezia deve aver considerato la Palestina come uno Stato quando ha votato a favore della risoluzione 67/19.

Hanno inoltre spiegato che se non fosse stato per ”l’occupazione illegale” israeliana la Palestina avrebbe avuto il controllo del suo territorio. Hanno poi sottolineato che “nessun diritto legale internazionale d’Israele verrebbe violato con la creazione di uno Stato palestinese nei territori occupati o con il riconoscimento di un tale Stato.”

Il popolo palestinese, proprio come il popolo ebraico, ha diritto all’auto-determinazione. Fin da quando l’ONU ha adottato il suo Piano di Partizione il 29 novembre 1947, che è stato votato favorevolmente da 9 Stati europei (Belgio, Danimarca, Francia, Islanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia e Svezia), il diritto all’auto-determinazione è stato collegato alla creazione di due Stati in Terra Santa. La sovranità palestinese è in linea con il diritto internazionale moderno, politica dell’UE di lunga data, e con il principio fondamentale che l’annessione, causata da conflitti armati non deve essere riconosciuta, anche se il territorio fosse stato occupato durante una guerra di auto-difesa.

Se gli Stati Membri dell’UE vogliono dissuadere Israele dall’annettere ulteriori parti della Cisgiordania devono andare oltre la loro attuale tiepida retorica del “non riconoscimento”, e “ammettere che la Cisgiordania forma parte integrante del territorio dello Stato palestinese – proprio come ha fatto la Svezia. Se non possono raggiungere una posizione comune, allora un gruppo di Stati che la pensano allo stesso modo potrebbe riconoscere la Palestina.

Solo allora le loro dichiarazioni contro l’annessione potranno essere prese sul serio dai Palestinesi, dall’amministrazione Trump e dal governo israeliano.

Victor Kattan è ricercatore al Middle East Institute dell’Università Nazionale di Singapore e un Associate Fellow alla Facoltà di Diritto. Twitter: @VictorKattan

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Cartello con la scritta in ebraico “No all’annessione” durante una protesta a Piazza Rabin a Tel Aviv il 6 giugno 2020. AFP

https://www.haaretz.com/israel-news/.premium-why-the-world-must-stop-netanyahu-before-it-s-too-late-1.8905737

Traduzione di Giulia Di Monopoli – AssopacePalestina

1 commento

  1. Marco

    Ottimo articolo! Preciso e non velleitario.

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