Molti latrati, qualche morso? Come reagirà il mondo all’annessione della Cisgiordania

Mag 9, 2020 | Riflessioni

La comunità internazionale si oppone duramente alla mossa, ma cosa farebbe al riguardo? In questo periodo di pandemia, “ci sarà poca pazienza con Israele”, avverte l’ex capo del Mossad.

di Raphael Ahren

The Times of Israel, 30 aprile 2020

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Il capo della politica estera dell’Unione Europea Josep Borrell tiene una videoconferenza stampa a conclusione di una conferenza dei ministri degli Esteri della UE a Bruxelles, 22 aprile 2020. (Olivier Hoslet, Pool Photo via AP)

Il 16 novembre 1980, durante un’intervista alla NBC, fu chiesto al primo ministro Menachem Begin come pensava che la comunità internazionale avrebbe risposto a un’annessione israeliana delle Alture del Golan. All’epoca, un disegno di legge che estendeva la giurisdizione israeliana alla zona contesa era stato presentato alla Knesset, ma il governo di Begin non aveva ancora annunciato il suo sostegno a quella misura.

“Non avendo ancora preso una decisione al riguardo, credo sia prematuro parlare di reazioni”, rispose all’intervistatore.

Circa un anno dopo, Begin fece approvare la Legge sulle Alture del Golan dalla Knesset. La risposta della comunità internazionale fu quella prevedibile: il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite condannò l’annessione de facto di Israele come una “minaccia continua alla pace e alla sicurezza internazionale”. La risoluzione 497 fu approvata all’unanimità, compreso il “sì” dell’amministrazione Reagan.

Avanti veloce quattro decenni: il primo ministro Benjamin Netanyahu ha in programma di annettere tutti gli insediamenti, la Valle del Giordano e altre parti significative della Cisgiordania, grazie all’accordo di coalizione tra il suo partito Likud e il Blu e Bianco di Benny Gantz che gli permetterà di avviare la pratica col prossimo governo già dal 1° luglio.

Come reagirà la comunità internazionale a questa annessione israeliana? Ci saranno certamente molte reazioni scandalizzate, “incontri d’emergenza” del Consiglio di Sicurezza e della Lega Araba e forse qualche minaccia di non meglio specificate “conseguenze”.

Ma nessuno sa per certo se l’annessione di Netanyahu – il cui impatto effettivo sul territorio è difficile da prevedere – avrebbe concrete ripercussioni negative per Israele a livello internazionale.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, a sinistra, l’ambasciatore USA in Israele David Friedman, al centro, e il ministro del turismo Yariv Levin durante un incontro per discutere la mappa dell’estensione della sovranità israeliana sulle aree della Cisgiordania, tenutosi nella colonia di Ariel, 24 febbraio 2020. (David Azagury/US Embassy Jerusalem)

L’Unione Europea adotterà sanzioni contro Israele come fece nel 2014 contro la Russia dopo l’annessione della Crimea? Per esempio, Bruxelles potrebbe congelare alcuni accordi bilaterali, sospendere la cooperazione scientifica, annullare le tariffe preferenziali che concede ai prodotti israeliani o vietare del tutto le merci della Cisgiordania. Alcuni singoli Stati membri potrebbero richiamare i loro ambasciatori o riconoscere uno Stato palestinese.

“Le risposte variano da paese a paese, ma in questa fase le conseguenze concrete dell’annessione non sono ancora state definite”, ha detto Nimrod Goren, capo del Mitvim, l’Istituto israeliano per le politiche estere regionali. “Il tipo di annessione che alla fine Netanyahu sceglierà di perseguire influirà sulla durezza della risposta internazionale. Anche la reazione dei Palestinesi, se violenta o meno, sarà un fattore determinante.

Molti paesi hanno recentemente evidenziato che le annessioni unilaterali sono una violazione del diritto internazionale, il che, secondo Goren, dimostra che la sfida di Netanyahu si ripercuoterebbe non solo a livello bilaterale ma anche nell’arena legale internazionale.

Ma poiché l’ONU e l’UE sono “limitate nella loro risposta all’annessione a causa di un possibile veto degli alleati di Israele, Israele dovrebbe aspettarsi maggiori respingimenti da paesi quali la Francia, la Germania e la Giordania”, ha detto Goren.

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas alla riunione del Consiglio di Sicurezza presso la sede delle Nazioni Unite, 11 febbraio 2020. (Seth Wenig/AP)

Questa settimana gli USA hanno ribadito il loro supporto a un’annessione israeliana, purché sia nella cornice del cosiddetto Accordo del Secolo del presidente Donald Trump. L’amministrazione porrà il veto a qualsiasi tentativo di condannare Israele, ma all’Assemblea Generale dell’ONU una risoluzione (non vincolante) passerebbe con una maggioranza schiacciante.

Non è questo il momento di far minacce?

La scorsa settimana, quando è stata resa nota la coalizione Likud-Blu e Bianco, i funzionari di tutto il mondo hanno messo in guardia contro l’annessione il nascente governo israeliano. Il capo della politica estera dell’UE, Josep Borrell, ha detto minacciosamente che Bruxelles “seguirà attentamente la situazione e le sue più ampie implicazioni, e agirà di conseguenza”.

Alcuni stati membri dell’UE hanno ritenuto che ora, nel mezzo della pandemia di coronavirus, non fosse “il momento delle minacce” e hanno bloccato gli sforzi di Borrell che voleva rilasciare la dichiarazione a nome dell’intero blocco, ha detto un funzionario israeliano al Times of Israel.

Comunque, nessun paese all’infuori degli Stati Uniti ha espresso sostegno per un’annessione israeliana, e anche molti tra gli amici più intimi hanno chiaramente sconsigliato Israele. La Germania ha detto che avrebbe “serie ripercussioni negative sulla reputazione di Israele presso la comunità internazionale”, e la Francia ha avvisato che “non passerà incontrastata e non sarà sottovalutata nei nostri rapporti con Israele”.

Altri paesi, tra cui Russia, Cina, Belgio, Spagna, Irlanda, Italia e Norvegia, hanno rilasciato dichiarazioni analoghe.

La leadership palestinese ha accolto con favore “l’impegno globale e di sani principi per l’applicazione permanente e universale del diritto internazionale, che vieta rigorosamente l’annessione”, e ha chiesto “misure preventive e concrete” contro Israele.

Non c’è modo di sapere se il mondo darà ascolto alla richiesta di Ramallah, ma Israele non dovrebbe aspettare di scoprirlo, ha detto Yigal Palmor, ex portavoce del Ministero degli Esteri israeliano e oggi alto funzionario dell’Agenzia Ebraica.

“Ignorare gli avvertimenti e le ammonizioni non è buona politica, per quanto imprecisate possano essere le minacce”, ha detto. “Questi segnali pubblici di risentimento non dovrebbero essere ignorati, ma piuttosto presi in considerazione e attentamente valutati rispetto a qualsiasi misura in programma”.

Spesso i fautori dell’annessione prevedono che il mondo protesterà per qualche settimana e forse approverà alcune innocue risoluzioni, ma che infine la giostra andrà avanti, con solo qualche piccola scalfittura nella credibilità internazionale di Israele. Affermano che se Begin si fosse preoccupato delle reazioni mondiali, non avrebbe mai annesso il Golan, o Gerusalemme Est (approvando la Legge Fondamentale che dichiarava la città unita capitale di Israele nel luglio 1980).

Di contro, Yair Lapid, il leader dell’opposizione entrante, è convinto che applicare la sovranità su alcune parti della Cisgiordania causerebbe veramente un “grave danno” allo Stato Ebraico. Questa settimana ha detto che una mossa del genere scatenerebbe “dure reazioni” da parte dei Palestinesi, dei Giordani, della prossima amministrazione USA (nel caso in cui i democratici vincessero e tornassero alla Casa Bianca sul finire dell’anno) e, ovviamente, degli Europei.

D’altra parte, Maya Sion Tzidkiyahu, che dirige il programma del Mitvim per le relazioni Israele-Europa, ha osservato che è stato praticamente impossibile trovare un accordo fra tutti i 27 Stati membri dell’UE su una dichiarazione critica nei confronti di Israele.

“Pertanto, è ragionevole aspettarsi che l’abbaiare dell’UE sia più forte del suo morso”, ha detto.

Non ci si aspetta che Bruxelles prenda misure dure, come sospendere l’Association Agreement, il principale accordo tra le due parti, ha continuato Sion Tzidkiyahu. Comunque, si possono ancora considerare altre misure, come l’esclusione di Israele dal programma di ricerca e innovazione. Questo sarebbe doloroso per l’autoproclamata Nazione delle Start-up, ma, secondo Sion Tzidkiyahu, danneggerebbe anche la stessa UE.

“Una cosa sicura è che in uno scenario così drammatico, Israele potrebbe ancora contare sulla Germania per ammorbidire i colpi dell’UE”, ha detto.

Efraim Halevy, un ex capo del Mossad che è stato anche ambasciatore di Israele presso l’UE, avverte di non fare alcun passo che possa inimicarsi gli Europei.

“Le relazioni di Israele con l’UE non sono solo politiche, ma anche economiche, scientifiche e tecnologiche. E Israele, viste le sue attuali difficoltà, sta probabilmente affrontando la più grande crisi economica della sua esistenza. Perché dovremmo incorrere nella rabbia degli Europei?”, ha detto questa settimana a The Times of Israel durante un’intervista telefonica.

“Il danno economico che Israele si procurerà. anche se gli Europei non cancellassero tutti questi accordi [bilaterali] ma semplicemente li sospendessero, supera di gran lunga qualsiasi cosa si possa immaginare oggi”, ha aggiunto.

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L’ex capo del Mossad Efraim Halevy (Flash90)

“Con oltre un milione di persone senza lavoro a causa della pandemia da coronavirus, perché i leader israeliani dovrebbero rischiare di aumentare le tensioni con l’UE, il suo più importante partner commerciale?”, si chiede Halevy.

“Nella situazione attuale, in cui l’intero mondo sta affrontando una crisi sanitaria ed economica senza precedenti, non si sarà molto pazienti con Israele”, avverte.

“Navighiamo in acque sconosciute. La prima voce nella nostra lista dei bisogni è quella di ripristinare la sanità e l’economia israeliana. Questo dovrebbe sostituire qualsiasi altro tipo di considerazioni, inclusa l’annessione politica di aree che comunque controlliamo”.

E l’accordo di pace con la Giordania?

Nel mettere in guardia Israele dall’annessione della Valle del Giordano, molti critici hanno detto che potrebbe danneggiare il tiepido ma stabile accordo di pace di Gerusalemme con il Regno hascemita.

“C’è la possibilità che la Giordania decida di annullare l’accordo di pace con noi. Hanno detto, quasi esplicitamente, che dal loro punto di vista questo potrebbe condurre all’annullamento del Trattato di pace”, ha dichiarato Lapid in risposta a una domanda del The Times of Israel durante una conferenza stampa.

In questo caso quel “quasi” [esplicitamente] appare essere la parola chiave, perché finora Amman non ha espressamente dichiarato di voler rompere il Trattato di pace del 1994 con Israele.

In un’intervista del settembre 2019, re Abdullah avvertiva che l’annessione della Cisgiordania avrebbe avuto “un forte impatto sulle relazioni israelo-giordane”. Ma si è trattenuto dal minacciare di tagliare i rapporti diplomatici.

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Il presidente USA Bill Clinton, sullo sfondo, applaude ai soldati dell’esercito giordano, a sinistra, e a quelli dell’esercito israeliano che si uniscono in un atto di amicizia, alla conclusione della cerimonia per la firma del Trattato di pace Israele/Giordania al valico di frontiera di Wadi Araba vicino a Eilat in Israele il 26 ottobre 1994. (AP/Marcy Nighswander)

Più recentemente, il ministro degli Affari Esteri giordano Ayman Safadi avrebbe sollecitato le controparti di diversi paesi a dissuadere Gerusalemme dai suoi piani di annessione. Renderli effettivi sarebbe “devastante”, segnerebbe la morte della soluzione dei due stati e potrebbe avere conseguenze esplosive per la regione, avrebbe avvisato, stando a quel che si dice, i suoi interlocutori. Ma ancora una volta, nessuna parola sulla fine dell’accordo di pace.

Halevy, che in qualità di alto funzionario del Mossad ha svolto un ruolo importante nell’instaurare le relazioni diplomatiche tra Gerusalemme e Amman, ha affermato che è impossibile prevedere come l’annessione potrebbe influire sul trattato di pace.

“C’è una presenza palestinese enorme in Giordania. Nessuno potrebbe dire al momento quali reazioni potrebbero esserci tra i Palestinesi che ora sono cittadini giordani”, ha detto. “Se si guarda al Parlamento giordano e a tutto il resto, non si può proprio prevedere”.

Certamente annettere la Valle del Giordano potrebbe comportare un drammatico deterioramento delle già tese relazioni bilaterali, ha sottolineato. “Una volta che ti trovi su una china scivolosa, nessuno può prevedere niente. E nessuno può escludere niente”.

Dan Shapiro, ex ambasciatore USA in Israele e attualmente ricercatore all’Institute for National Security Studies della Tel Aviv University, ha convenuto che è impossibile prevedere come il regno reagirebbe all’annessione ma, ha suggerito che probabilmente manterrebbe la pace con Israele, semplicemente perché è reciprocamente vantaggiosa.

“Il trattato di pace con Israele serve gli interessi della Giordania, anche grazie alla cooperazione bilaterale sulla sicurezza, e rende possibile una stretta relazione con gli Stati Uniti, che versano circa 1,3 miliardi di dollari l’anno per l’assistenza”, ha detto. “Il governo della Giordania sarebbe molto riluttante a rinunciare a queste risorse”.

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L’ex ambasciatore USA Dan Shapiro parla all’evento del The Times of Israel svoltosi a Gerusalemme, 2 luglio 2017. (Luke Tress/Times of Israel)

Michael Oren, un ex vice ministro per le Relazioni Internazionali, ha detto senza mezzi termini: “Di fatto il re potrebbe richiamare il suo ambasciatore a Tel Aviv, sospendere alcuni accordi bilaterali, e protestare a gran voce in Europa e nel Mondo. Ma la Giordania non può annullare il Trattato di pace e i suoi rapporti di sicurezza con Israele. Queste sono, molto semplicemente, le ancore di salvezza”, ha detto a The Times of Israel.

Comunque, Amman dovrebbe anche tenere sotto controllo le forti reazioni della sua popolazione, ha ammonito Shapiro. “Se c’è una forte reazione popolare palestinese all’annessione, o se l’Autorità Palestinese sospende la cooperazione con Israele oppure inizia a collassare, il governo giordano potrebbe dover affrontare una significativa pressione popolare volta a cambiare atteggiamento nei confronti di Israele”.

Daoud Kuttab, giornalista palestinese e direttore della radio Jordan’s Balad, ha convenuto che un’annessione unilaterale della Valle del Giordano metterebbe a rischio il Trattato di pace.

“La Giordania sarà anche un piccolo paese, ma ha un leader forte seppur gentile che non si tirerà indietro dal prendere decisioni difficili”, ha detto. “Non consiglio agli Israeliani di mettere alla prova la determinazione giordana. Questa è una di quelle aree dove l’interesse nazionale e l’opinione pubblica vanno all’unisono”.

Raphael Ahren

https://www.timesofisrael.com/lots-of-bark-some-actual-bite-how-the-world-will-react-to-west-bank-annexation/

Traduzione di Elisabetta Valento – Assopace Palestina

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