Il piano di “Pace” di Trump minaccia di revocare la cittadinanza ai Palestinesi arabi israeliani

Mag 18, 2020 | Riflessioni

La Nakba continua

di Jonathan Cook

Washington Report on Middle East Affairs, maggio 2020, pp. 28-30

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Una veduta della città Arabo-Israeliana di Baqa al-Gharbiya nel nord di Israele, 30 gennaio 2020. I residenti del “Triangolo” arabo, un agglomerato di 14 città e paesi in cui vivono più di 260.000 Arabi israeliani, sono spaventati e arrabbiati per il piano di pace proposto dagli Stati Uniti, che prevede che loro facciano parte di un futuro stato palestinese, mentre dà il via libera ad Israele ad annettere parti dei territori nella Cisgiordania occupata, dove più di 400.000 Israeliani vivono in colonie considerate illegali secondo il diritto internazionale. (AHMAD GHARABLI/AFP VIA GETTY IMAGES)

La decisione dell’amministrazione Trump di dare il via libera all’annessione da parte di Israele delle colonie illegali ha avuto la prima pagina dei giornali quando è stata pubblicata verso la fine di gennaio. Ma una delle sue clausole –cara all’estrema destra israeliana– è passata largamente inosservata.

Secondo i termini del documento “Pace e Prosperità”, gli Stati Uniti potrebbero permettere ad Israele di privare centinaia di migliaia dei suoi abitanti della cittadinanza nel cosiddetto “scambio tra terre abitate e colonie”.

Coloro che corrono il pericolo di vedere la loro cittadinanza revocata fanno parte della ampia minoranza palestinese di Israele –un quinto della popolazione del paese. Questi Palestinesi sono i discendenti delle famiglie che riuscirono ad evitare le espulsioni su larga scala messe in atto dall’esercito israeliano nel 1948 e che portarono alla creazione di uno stato ebraico sulle rovine della terra dei Palestinesi.

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Il piano richiederebbe piccole modifiche ai confini riconosciuti da quando Israele si è accordato con i vicini stati arabi con il cessate il fuoco del 1949. Il risultato sarebbe il trasferimento da Israele alla Cisgiordania di una striscia di terra lunga e sottile conosciuta come il “Triangolo”, che contiene una dozzina di città e paesi densamente popolati da cittadini palestinesi d’Israele.

Samer Atamni, direttore del centro ebraico-arabo per la pace Givat Haviva, un istituto che promuove una maggiore integrazione sociale in Israele, vive in Kafr Qara, una delle città soggette a scambio secondo il piano. “Si è parlato per un po’ di questa idea, soprattutto da parte dell’estrema destra. Adesso Trump l’ha resuscitata e l’ha riportata sulla scena,” ha detto. “La preoccupazione è che questa diventi la base per ogni futura soluzione politica. È stata riportata all’attualità.”

In effetti, il primo ministro Binyamin Netanyahu, prima che cominciasse a fare pressioni per un trasferimento del “Triangolo” nel 2017, aveva cercato di convincere dei relativi benefici i funzionari del precedente presidente Barack Obama fin dal 2014. Secondo il giornale Maariv, Netanyahu ha affermato che il trasferimento ridurrebbe la minoranza palestinese dal 20 al 12 percento della popolazione di Israele.

Yousef Jabareen, un membro del parlamento israeliano proveniente da Umm al-Fahm, la patria di 50.000 Palestinesi e la più grande comunità oggetto dello “scambio di terra”, ha detto che la proposta ha causato una drammatica accelerazione di una campagna montante per delegittimare la minoranza palestinese. “Anche se il piano non può ancora essere realizzato, presenta noi – il popolo nativo della terra – come ospiti indesiderati, come una quinta colonna, come il nemico,” ha detto. “E scatenerà l’istigazione della destra, anche di Netanyahu, a considerare i membri palestinesi del parlamento come i rappresentanti di un popolo di terroristi”.

I difensori del piano hanno sostenuto che non viola i diritti delle persone coinvolte perché non sarebbero fisicamente costrette a lasciare le loro case. Invece le loro comunità verrebbero riassegnate ad uno ‘stato palestinese’. Ma un trasferimento forzato del tipo suggerito nel piano di Trump – qualche volta definito “trasferimento statico” – costituisce probabilmente un crimine di guerra secondo la Quarta Convenzione di Ginevra.

Nel tentativo di rispondere a questa obiezione, il ministero degli esteri israeliano ha prodotto, nel 2014, un documento in cui discetta sul perché questo “scambio di popolazione” potrebbe essere presentato come conforme alle leggi internazionali. Concludeva che il provvedimento richiederebbe solo che i cittadini palestinesi coinvolti approvassero il trasferimento o che l’Autorità Palestinese guidata da Mahmoud Abbas lo sostenesse. Tuttavia, i sondaggi hanno mostrato ripetutamente che la maggioranza dei cittadini palestinesi è contraria.

Atamni ha spiegato che le famiglie sarebbero distrutte. Coloro che sono dentro il Triangolo sarebbero separati dietro checkpoint e muri dai loro familiari che vivono altrove in Israele. Lo scambio, inoltre, taglierebbe molti Palestinesi fuori dai loro luoghi di lavoro, dalle scuole e dai colleghi, così come dai loro paesi storici. “Noi studiamo e lavoriamo in Israele. È la sola realtà che la nostra comunità ha conosciuto per decenni”, ha detto. “Vengono confermate le nostre peggiori paure: che Israele non prende sul serio i nostri diritti come cittadini, che pensa di poter semplicemente emettere dei diktat e giocare con il nostro futuro come se noi fossimo semplici pedine su una scacchiera.

Jabareen ha fatto notare che i residenti del Triangolo non hanno nessun motivo per sentirsi rassicurati sul loro futuro dal documento di Trump. “Quale stato sarebbe quello in cui verremmo trasferiti? Dal piano Trump è chiaro che non ci sarà nessuno stato palestinese, solo una serie di ghetti, bantustan analoghi a quelli del Sud-Africa. Secondo questo piano, saremmo sottoposti al regime militare israeliano, sotto occupazione ed apartheid.”

Baraa Mahamid, un attivista di 20 anni dell’Umm al-Fahm Youth Movement, è d’accordo. Ha detto che molti residenti nel Triangolo viaggiano spesso nelle città della Cisgiordania come la vicina Jenin. “Vediamo che laggiù c’è maggiore povertà, i checkpoint, i muri e i soldati israeliani ovunque. Ci sono molti problemi per noi che viviamo qui in Israele, ma siamo preoccupati che la nostra vita diventerebbe molto peggiore dall’altra parte del muro.”

Secondo fonti del governo israeliano citate dal quotidiano Haaretz, Netanyahu è stato quello che ha convinto gli Americani ad introdurre l’opzione del trasferimento. Si dice che abbia fatto pressioni sui funzionari statunitensi per approvare il provvedimento, sin da quando si è cominciato a lavorare sul cosiddetto “accordo del secolo” di Trump, già nel 2017. È la prima volta che un piano di pace USA ufficiale ha incluso una simile proposta o ha prodotto una mappa su come funzionerebbe in pratica un simile scambio territoriale.

Per Netanyahu e molti Ebrei israeliani che vedono i cittadini palestinesi dello stato [d’Israele] come una “bomba demografica ad orologeria” per gli alti tassi di natalità che potrebbero erodere lentamente la decisiva maggioranza ebraica nello stato, il piano di trasferimento è una vittoria sia demografica sia territoriale. Secondo i sondaggi, circa metà degli Ebrei israeliani appoggiano l’espulsione dei cittadini palestinesi.

Ayman Odeh, leader della Lista Unita che riunisce le principali correnti politiche palestinesi, a febbraio ha avvertito che il trasferimento del Triangolo sarebbe probabilmente solo la prima fase di più ampi provvedimenti. La destra israeliana, ha detto, ha “mandato un chiaro messaggio a tutti i cittadini arabi d’Israele: ‘voi non siete i benvenuti qui e quando il prossimo piano sarà approvato arriverà anche il vostro turno.’”

Il trasferimento del Triangolo offre un duplice risultato per la destra. In primo luogo, sottrae un ampio numero di Palestinesi alla popolazione d’Israele senza perdere troppo territorio, rafforzando così la maggioranza ebraica. Poi razionalizza la “reciproca” annessione ad Israele di fasce del territorio della Cisgiordania su cui sono costruite le colonie ebraiche, eliminando in questo modo ogni possibilità di creare uno stato palestinese sostenibile. Ma, cosa importante per coloro che sostengono l’annessione, il trasferimento accresce sostanzialmente il territorio di Israele senza il rischio di aumentare il numero dei Palestinesi.

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Due studentesse passano davanti ad un murale nella citta arabo-israeliana di Umm al-Fahm, parte del “Triangolo” nel nord di Israele, 30 gennaio 2020. (AHMAD GHARABLI/AFP VIA GETTY IMAGES)

Secondo le cifre pubblicate a febbraio da Peace Now, circa 380.000 – 260.000 Palestinesi del Triangolo e altri 120.000 di Gerusalemme Est uscirebbero da Israele verso uno ‘stato palestinese’. Mentre circa 330.000 Palestinesi della Cisgiordania e di Gerusalemme Est dovrebbero essere scambiati in ingresso, cioè portati sotto il regime israeliano. Il guadagno complessivo sarebbe il riconoscimento ufficiale da parte degli USA, per la prima volta, del territorio che ospita 650.000 coloni ebrei come parte integrante di Israele. “La ragione demografica dietro a questo scambio non viene taciuta”, ha detto Jabareen. “Israele perde molti cittadini palestinesi e guadagna molti territori occupati dai coloni ebrei.

Progetti per il trasferimento del Triangolo sono circolati negli ambienti di destra per quasi due decenni. Vennero alla ribalta la prima volta quando un piano formale fu pubblicato da Avigdor Lieberman, un colono che è stato ministro della difesa e degli esteri sotto Netanyahu. La sua idea era quella di legare il diritto di cittadinanza alla “lealtà” dimostrata ad Israele come stato ebraico. In precedenti campagne elettorali, ha usato lo slogan “Niente lealtà, niente cittadinanza”. Secondo Jabareen, il trasferimento del Triangolo è stato visto dalla destra come il preludio a più ampie revoche di cittadinanza per i Palestinesi.

Negli ultimi anni, vari politici di destra, incluso Netanyahu, hanno detto chiaramente che i cittadini palestinesi sono necessariamente sleali nei confronti di uno stato ebraico perché rimangono attaccati alla loro identità palestinese. Tali accuse di slealtà sono state l’asse portante delle due campagne elettorali di Netanyahu lo scorso anno. Ha accusato gli elettori palestinesi di Israele di voler “annientare tutti noi, donne, bambini e uomini.” Ha anche inviato gli osservatori del suo partito Likud nei seggi elettorali delle comunità palestinesi in Israele, con le loro videocamere, lasciando intendere che gli elettori palestinesi stavano tessendo frodi contro la maggioranza ebraica.

Jabareen ha osservato: “Nel parlamento, i membri della coalizione di governo incitano apertamente all’odio contro di noi. Bezalel Smotrich [un leader dei coloni e attuale ministro dei trasporti] lo afferma orgogliosamente: ‘Accettate la vostra condizione di inferiorità, altrimenti andrete in carcere o sarete espulsi’. Per loro, il piano del Triangolo è una spada pendente sulle nostre teste.”

Il pregiudizio di slealtà è implicito nella formulazione del piano Trump, che afferma che i residenti delle comunità del Triangolo “in larga parte si identificano come Palestinesi”. In realtà, ha osservato Atamni, la situazione è molto più complessa. Le inchieste suggeriscono che nella minoranza etnica c’è una complessa interazione tra l’identità palestinese, araba, israeliana o altre identità religiose. “Sì, la nostra identità nazionale è palestinese, ma questo non toglie che la nostra identità civile sia israeliana”, ha detto. “Quando noi lottiamo in Israele è per i nostri diritti civili, per terminare la discriminazione da parte dello stato e per ricevere uguaglianza come cittadini.”

Ciò nonostante, la proposta di trasferimento contenuta nel cosiddetto “affare del secolo” di Trump è in linea con le recenti azioni legislative da parte di Israele che sanciscono il declassamento dello status dei cittadini palestinesi. La più significativa è la legge dello stato-nazione, approvata nel 2018. Conferisce uno status costituzionale al carattere ebraico di Israele, elimina l’arabo tra le lingue ufficiali e assegna la massima priorità alla giudaizzazione, cioè alla politica di insediare Ebrei nelle aree palestinesi all’interno di Israele e nei territori occupati.

 “Durante gli ultimi 10 anni, la società israeliana si è ulteriormente spostata a destra molto rapidamente”, dice Atamni. “La sinistra in Israele è stata un’enorme delusione. Molti sono rimasti in silenzio di fronte alle recenti minacce al nostro status.” Jabareen osserva che il blocco ultra-nazionalista che sostiene Netanyahu ha avuto una pressante esigenza politica di delegittimare lo status dei Palestinesi come cittadini e particolarmente come elettori.

Netanyahu non è stato in grado di formare un governo nell’anno passato perché, in tre elezioni, è uscito quasi sconfitto nei confronti di un blocco di opposizione guidato da un ex generale dell’esercito, Benny Gantz del partito Blu e Bianco. Il blocco, con Gantz, potrebbe porre fine allo stallo e arrivare al potere alleandosi con la Lista Unita che rappresenta la minoranza palestinese d’Israele. Ma Gantz ha abbracciato il piano Trump, rendendo improbabile un’alleanza con la Lista Unita.

Attualmente, sembra che Netanyahu abbia avuto successo nel pressare Gantz a rompere con la Lista Unita, che ha ottenuto un numero record di 15 seggi nell’elezione del 2 marzo, per creare invece un governo di unità “emergenziale”. Netanyahu, che continuerebbe come primo ministro per 18 mesi, ha sostenuto che una simile scelta era fondamentale per gestire la pandemia del coronavirus. A quanto pare, il partito Blu e Bianco di Gantz si è spaccato su questa scelta.

Mahamid, il giovane attivista di Umm al-Fahm, ha detto che l’accettazione del piano Trump da parte dei due principali schieramenti politici ha quanto meno reso più chiara la reale situazione dei cittadini palestinesi. “Ci hanno detto che la nostra cittadinanza ci proteggerebbe, che ci garantirebbe i nostri diritti, purché fossimo leali. Ma non ci ha mai protetto. E adesso questo è reso esplicito con la minaccia di espellerci.”

Jonathan Cook è un giornalista che vive a Nazareth ed è vincitore del Premio Speciale per il Giornalismo Martha Gellhorn. È autore di “Blood and Religion” e “Israel and the Clash of Civilisations” (pubblicati da Middle East Books and More).

https://www.wrmea.org/israel/palestine/trumps-peace-plan-threatens-to-revoke-citizenship-of-palestinian-arab-israelis.html#.XqnuvdlIPog.email

 Traduzione di Gianluca Ramunno – AssopacePalestina

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