La Destra Israeliana vuole mantenere Hamas al potere.

Mag 22, 2019 | Riflessioni

di Meron Rapoport

LobeLog 16 maggio 2019

Sostenitori di Hamas (Abed Rahim Khatib via Shutterstock)

L’idea che Hamas sia una creazione israeliana è quasi vecchia quanto la stessa Hamas. Ricercatori, giornalisti, alti ufficiali dell’esercito e del governo israeliano –e perfino alcuni Americani– hanno trovato elementi sufficienti per giustificare tale teoria. E tuttavia la narrazione israeliana presenta Hamas come un fanatico gruppo terrorista omicida, nemico giurato di qualsiasi Israeliano o Ebreo al mondo.

Ufficialmente, Israele non ha mai ammesso di sostenere Hamas, e se un Israeliano osa dire che bisogna parlare con Hamas è immediatamente presentato come un traditore. Questo è lo stesso trattamento che l’Esercito Israeliano e gli ufficiali dello Shin Bet hanno ricevuto durante e dopo l’ultima guerra contro Gaza, quando hanno ripetuto il mantra che Israele deve raggiungere un accordo con Hamas. Lo stesso vale per la breve “Guerra dell’Eurovisione”, della scorsa settimana. Naftali Bennet, assieme a molti altri colleghi di destra, ha costruito una carriera basata sulla sfida ai responsabili della sicurezza, che considera deboli e codardi.

Questo è il motivo per cui la squadra di sostenitori di destra che si è presa per mano la settimana scorsa, per elogiare la decisione di Netanyahu di “tenere in piedi Hamas”, come scrive la giornalista Galit Distal Atbaryan, è per lo meno sorprendente. Il fatto che questo gruppo includa una gamma che va dai fedeli di Netanyahu—inclusa la stessa Distal Atbaryan—ai critici del Primo Ministro, compreso il parlamentare Betzalel Smotrich della destra estrema, è un segno che mantenere al potere Hamas è diventato un obiettivo politico essenziale per l’intera destra israeliana.

Agli occhi della destra, oggi ogni Israeliano patriottico deve sostenere incondizionatamente il regime di Hamas a Gaza. I traditori della sinistra, dicono, sostengono la possibilità che il Presidente palestinese Mahmoud Abbas, che governa la Cisgiordania, possa prendere il controllo della Striscia di Gaza, spingendo Israele giù per il “buco nero della soluzione a due stati”, come l’esperto di destra e già Generale di Stato Maggiore dell’Esercito Israeliano, Gershon Hacohen, ha sostenuto.

La politica della “separazione” della Cisgiordania dalla Striscia di Gaza non è nuova. È cominciata nei tardi anni ’80 del secolo scorso, con vari Primi Ministri –da Yitzhak Rabin a Netanyahu– trovando il modo, nel corso degli anni, di diventare sempre più sofisticata. Ed ecco il motivo che sta dietro a questa separazione. Non stiamo più solo trattando la questione degli evidenti vantaggi in termini di sicurezza, derivanti dalla separazione di Gaza dalla Cisgiordania. Oggi, il governo di Hamas ha un valore aggiunto, e mantenerlo in vita giustifica anche le vittime civili israeliane (le vite palestinesi, va da sé, non contano). Per mantenere in piedi Hamas, scrive Distal Abtaryan, Netanyahu è deciso a pagare “un prezzo quasi inconcepibile: metà del paese paralizzato, bambini e genitori in post trauma, case bombardate, gente ammazzata.”

Perché Netanyahu è disposto a pagare questo prezzo? La risposta è semplice: “Ogni casa ha bisogno di un balcone, e Israele è una casa,” scrive Distal Abtaryan, “il balcone di questa casa è la Samaria [Cisgiordania] … se Hamas si frantuma, Mahmoud Abbas potrebbe governare la Striscia. Se la governasse, voci di sinistra incoraggerebbero dei negoziati, un accordo politico e, quindi, uno stato palestinese in Giudea e Samaria… questo è il reale motivo per cui Netanyahu non distrugge Hamas, tutto il resto è una baggianata”.

Erez Tadmor, uno dei fondatori del movimento di estrema destra Im Tirzu, che ha diretto la campagna informazioni del Likud nelle ultime elezioni, ha usato espressioni analoghe su Twitter. “La spaccatura tra la Giudea e la Samaria di Abbas e la Gaza di Hamas è ottimale per Israele”, ha scritto dopo che era stato annunciato il cessate il fuoco. “Se necessario, possiamo colpire Hamas a Gaza e non essere e costretti a ritirarci entro i confini di Auschwitz in Giudea e Samaria [allusione a un discorso del 1969 di Abba Eban, in cui sosteneva che delimitare Israele entro i confini pre-1967 era equivalente a rinchiudere gli Ebrei entro il campo di sterminio di Auschwitz, NdT]” ha scritto Tadmor.

Yonatan Orich, che ha co-diretto la campagna del Likud assieme a Tadmor e che è uno dei consiglieri più vicini a Netanyahu, ha fatto considerazioni simili. “Lui (Netanyahu) è riuscito a creare una disconnessione tra Gaza e la Giudea e la Samaria, ed è riuscito positivamente a frantumare la visione di uno Stato Palestinese in queste due aree. Parte del successo è dovuto ai soldi del Qatar, che arrivano ad Hamas ogni mese” ha spiegato in un’intervista a Makor Rishon prima che scoppiasse l’ultima tornata di ostilità.

I sostenitori di destra di Netanyahu non sono soli. Sebbene il parlamentare Betzalel Smotrich, che potrebbe presto diventare ministro, abbia espresso disappunto per il fatto che Israele non ha ucciso 700 Palestinesi –in rappresaglia per ogni razzo lanciato da Gaza– nel 2015 aveva definito Hamas una ”risorsa” e Abbas un “peso”.

In un’intervista con il website d’informazione di destra Mida, Gershon Hacohen, famoso per le sue critiche da destra a Netanyahu, ha spiegato che, rifiutandosi di annientare Hamas, Netanyahu ha “impedito la realizzazione del progetto di Abbas di creare uno stato palestinese unito. Dobbiamo avvantaggiarci della situazione di separazione tra Gaza e Ramallah. Questo è uno dei massimi interessi di Israele, e non è possibile capire la campagna contro Gaza se non si capisce questo contesto.”

Contrariamente agli ammiratori di Netanyahu, Hacohen è consapevole del fatto che il sostegno ad Hamas è una trappola per Israele. “Con la minaccia dei razzi, Hamas ha creato una difficile equazione, che non può essere negata” ha ammesso. “Ogni giorno in cui i razzi paralizzano il paese, porta con sé gravi costi finanziari. Questo è il motivo per cui Hamas potrebbe spingerci a preferire considerazioni di contenimento, perché il prezzo che paghiamo è molto alto.” Hacohen è sostenitore di una severa risposta ad Hamas, ma si preoccupa che tale risposta possa avere anche troppo successo. “Per evitare una situazione in cui abbiamo sconfitto Hamas, ma siamo caduti nel baratro della soluzione dei due stati” ha detto “dobbiamo, prima di tutto, regolare il controllo sull’area C e fermare gli sforzi dell’Autorità Palestinese di impadronirsi di altre aree sotto gli auspici dell’Unione Europea.” Prima annettiamo e poi facciamo lo sgambetto ad Hamas.

Agli occhi della destra israeliana, la vera minaccia per Israele non sono la violenza e il terrorismo di Hamas: il pericolo è un accordo di pace con l’OLP, Abbas e la nascita di uno stato Palestinese. Nello sforzo di evitare questo pericolo, Hamas è visto quasi come un partner ideologico. Anche Hamas si oppone ad Abbas e non ha interesse che l’Autorità Palestinese governi a Gaza. Questo è il motivo per cui qualsiasi cosa rafforzi Hamas è un bene per Israele, e qualsiasi cosa lo indebolisca è un male. Uno stato di Israele che vuol continuare l’occupazione della Cisgiordania, vorrà continuare ad affacciarsi sul balcone e a guardare i Palestinesi dall’alto.

Meron Rapoport è un redattore di “Local Call”, su cui questo articolo è apparso per la prima volta in ebraico. Leggilo qui. Ristampato con l’autorizzazione di +972 Magazine.

Traduzione di Anna Maria Torriglia

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