Rapporto OCHA 12-25 febbraio 2019.

Mar 5, 2019 | Rapporti Palestina OCHA

Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi occupati

per il periodo:  12 – 25 febbraio 2019.

La versione in italiano dei rapporti ONU OCHA è a cura dell’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli: https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

Nota per chi ha poco tempo: gli aspetti salienti di ciascuna notizia sono scritti in grassetto

A Gaza, durante le manifestazioni del venerdì e gli scontri presso la recinzione perimetrale, un ragazzo palestinese è stato ucciso e altri 449 palestinesi sono rimasti feriti; un altro ragazzo è morto per le ferite riportate in precedenza. Secondo fonti israeliane, in diverse occasioni, i manifestanti hanno lanciato ordigni esplosivi, palloni incendiari ed hanno tentato di violare la recinzione, provocando il ferimento di un ufficiale della polizia di frontiera israeliana. L’uccisione del ragazzo, un quattordicenne, è avvenuta il 22 febbraio durante una manifestazione di protesta ad est della città di Gaza: le forze israeliane lo hanno colpito al petto con arma da fuoco. Il secondo ragazzo, un 16enne, è morto il 12 febbraio, per le ferite riportate l’8 febbraio, nella zona di Deir al Balah, durante una circostanza simile: era stato colpito alla testa da una bomboletta di gas lacrimogeno lanciata dalle forze israeliane. Questi episodi portano a 40 il numero di minori palestinesi uccisi dalla fine di marzo 2018 nel contesto della “Grande Marcia di Ritorno”. Cinque di questi sono stati uccisi dall’inizio del 2019. Secondo il Ministero della Sanità palestinese, dei 449 palestinesi feriti durante il periodo di riferimento, 228 sono stati ricoverati in ospedale; tra questi 92 erano stati feriti con armi da fuoco.

Altri 165 palestinesi e un soldato israeliano sono rimasti feriti nel corso di ulteriori manifestazioni di protesta e iniziative contestuali alla “Grande Marcia di Ritorno”, comprese le dimostrazioni che si sono svolte il 12 e il 19 febbraio vicino alla recinzione, sulla spiaggia a nord di Gaza, in contemporanea con il tentativo, attuato da una flottiglia di barche, di rompere il blocco navale. In prossimità della recinzione sono aumentate le proteste notturne, con incendio di pneumatici ed il lancio di ordigni esplosivi contro le forze israeliane. In seguito al ferimento di un soldato, l’esercito israeliano ha sparato colpi di carro armato contro due postazioni militari palestinesi nel nord di Gaza, senza provocare vittime.

A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 44 occasioni. In due degli episodi, tre pescatori sono rimasti feriti, altri quattro sono stati arrestati e due imbarcazioni sono state confiscate dalle forze navali israeliane. Ad est della città di Gaza e di Khan Younis, in due occasioni, le forze israeliane sono entrate a Gaza e hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale. In altri due episodi, cinque palestinesi sono stati arrestati mentre tentavano di infiltrarsi in Israele.

In Cisgiordania, nel corso di numerosi scontri, 139 palestinesi e due soldati israeliani sono rimasti feriti. Due terzi dei ferimenti si sono verificati negli scontri scoppiati nel corso di sei operazioni di ricerca-arresto. Nel complesso, le forze israeliane hanno condotto 156 operazioni di ricerca-arresto. Il 21 febbraio, all’interno dell’area (H2) della città di Hebron sotto controllo israeliano, le forze israeliane hanno sparato bombolette di gas lacrimogeno all’interno di un complesso scolastico; per 30 studenti e tre insegnanti è stato necessario un trattamento medico per inalazione dei gas. A quanto riferito, in precedenza vi era stato il lancio di pietre da parte degli studenti palestinesi. Nel villaggio di Al Mughayyir (Ramallah), durante una protesta settimanale contro la violenza dei coloni e l’espansione degli insediamenti, sono rimasti feriti altri tre palestinesi; ed ancora altri tre nel villaggio di Urif (Nablus), sempre durante una protesta. Quasi il 70% del totale dei ferimenti è stato causato dall’inalazione di gas lacrimogeno richiedente cure mediche, il 7% da proiettili di gomma e il 7% da armi da fuoco.

Presso la Moschea di Al Aqsa / Complesso del Monte del Tempio e le aree circostanti la Città Vecchia di Gerusalemme, la tensione è in aumento in seguito a proteste, ad arresti ed a restrizioni di accesso. Il 17 febbraio, all’interno del Complesso, la polizia israeliana ha posto delle catene all’ingresso dell’edificio Bab Ar Rahma, chiuso dalle autorità israeliane dal 2003. Nei giorni successivi, palestinesi hanno protestato contro questa misura, si sono scontrati con le forze israeliane e due palestinesi sono rimasti feriti. Il 22 febbraio, palestinesi hanno fatto irruzione nell’edificio; qui hanno pregato, per la prima volta dopo 16 anni. A Gerusalemme Est, tra il 18 e il 25 febbraio, le forze israeliane hanno arrestato circa 100 palestinesi, la maggior parte nella Città Vecchia; inoltre a molti palestinesi, inclusi personaggi pubblici e religiosi, hanno vietato, per periodi variabili, l’ingresso nel Complesso.

Undici episodi, nei quali sono coinvolti coloni israeliani, hanno provocato il ferimento di cinque palestinesi e danni alle loro proprietà. Nei pressi delle Comunità di Al Farisiya (Valle del Giordano), Khirbet al ‘Idd (Hebron) e Kisan (Betlemme), tre palestinesi sono stati aggrediti fisicamente da coloni; un quarto è stato accoltellato. Inoltre, coloni israeliani hanno lanciato pietre contro auto palestinesi vicino al checkpoint di Huwwara (Nablus), hanno vandalizzato dieci auto a Ras Karkar (Ramallah) e altre 22 automobili, quattro case e una moschea a Iskaka (Salfit). Su quest’ultimo episodio la polizia israeliana ha aperto un’indagine. In altri tre casi, coloni hanno sradicato 600 ulivi di proprietà palestinese vicino ad Ash Shuyukh (Hebron), mentre nei villaggi di Beitillu e Al Mughayyir (entrambi a Ramallah) hanno abbattuto 60 ulivi ed hanno danneggiato 9.000 m2 di terreno. In due distinti episodi in Farisiya Nabe ‘Ghazal (Tubas) e nel villaggio di Burqa (Nablus), coloni israeliani avrebbero rubato bestiame e prodotti agricoli palestinesi. Con questi episodi salgono a 47, dall’inizio del 2019, il numero di aggressioni perpetrate da coloni e risultanti in ferimenti di palestinesi o danni alle proprietà; in equivalenti periodi di tempo, le aggressioni erano state 38 nel 2018 e 29 nel 2017.

Le autorità israeliane hanno demolito 26 strutture di proprietà palestinese, incluse parti di tre condotte idriche, sfollando 44 persone e provocando danno a migliaia di altre. Tutte le demolizioni erano motivate dalla mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele. Le tre condotte idriche distrutte, erano tutte in Area C; approvvigionavano di acqua, o stavano per approvvigionare, i villaggi Beit Dajan e Beit Furik a Nablus (18.000 persone), oltre che 13 Comunità di pastori nell’area Masafer Yatta di Hebron (1.200 persone) e la Comunità beduina di Wadi Abu Hindi a Gerusalemme (320 persone); tutte queste Comunità soffrono di gravi carenze idriche, soprattutto in estate. Le ultime due condotte erano state finanziate da donatori internazionali e fornite come assistenza umanitaria. Sette delle strutture demolite, tra cui cinque abitazioni, erano in Gerusalemme Est e le loro demolizioni hanno provocato lo sfollamento di 38 persone [delle 44 sopraccitate]. Due delle abitazioni colpite si trovavano nella Comunità di Bir Onah, nel sud della Città; la Barriera separa questa Comunità dal resto di Gerusalemme.

In Cisgiordania, secondo quanto riportato dai media israeliani, in sei episodi di lancio di pietre e bottiglie incendiarie, palestinesi hanno ferito tre coloni israeliani ed hanno danneggiato diversi veicoli. In due di questi episodi, avvenuti il 16 e il 19 febbraio nei pressi dei villaggi di Hizma e Al ‘Isawiya (Gerusalemme), tre coloni israeliani in transito sono stati feriti da pietre lanciate da palestinesi mentre, nei governatorati di Gerusalemme e Ramallah, sei auto, colpite da pietre e bottiglie incendiarie, hanno subito danni. La maggior parte di tali episodi sono stati seguiti da operazioni di ricerca-arresto condotte dalle forze israeliane.

A Gaza, il 23 febbraio, la polizia di Hamas ha disperso con la forza un’assemblea di attivisti di Fatah. Organizzazioni per i Diritti Umani hanno riferito che circa 90 membri del movimento Fatah sono stati convocati successivamente dalla polizia, alcuni dei quali rimangono in carcere.

Nel contesto di una disputa con l’Autorità palestinese, il 17 febbraio, le autorità di Hamas hanno assunto il controllo del valico di Kerem Shalom, al confine tra Gaza ed Israele. Il movimento delle merci da e per la Striscia di Gaza è continuato senza interruzione.

Durante il periodo relativo a questo Rapporto, il valico di Rafah, tra Gaza e l’Egitto (sotto controllo egiziano), è rimasto aperto per 10 giorni in entrambe le direzioni. 1.320 persone sono entrate a Gaza e 2.983 ne sono uscite.

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