Mohamed Salah, non boicottare gli Arabi israeliani. Siamo l’unico motivo per cui la Palestina non è andata completamente perduta.

Gen 10, 2019 | Riflessioni

La lettera aperta di un Palestinese cittadino di Israele, al giocatore di calcio egiziano.

 Di Jawad Bulus.

Haaretz, 3 gennaio 2019.

Mohamed Salah durante l’incontro di calcio della Premier League tra il Liverpool e il Newcastle United tenutosi ad Anfield, Liverpool, Regno Unito, il 26 dicembre 2018. Foto AFP.

L’idea di scriverti, Mohamed, mi è venuta durante una visita di condoglianze fatta la scorsa settimana alla famiglia del Prof. Butrus Abu-Manneh, originario di Lod. Lì ho incontrato lo stimatissimo insegnante Elias Jabbour, di Shfaram. Queste persone sono tra le più illustri e rispettate che questa terra abbia mai conosciuto. Butrus era uno storico conosciuto a livello internazionale, mentre Elias, gli sia concessa una lunga vita, conserva quella speranza e quella determinazione tipiche della generazione dei suoi genitori.

Ho parlato con Elias del futuro di noi Palestinesi cittadini di Israele. Gli ho chiesto cosa pensasse delle prossime elezioni generali, soprattutto alla luce dei risultati delle elezioni locali dello scorso novembre. “Non le vedo bene”, mi ha detto. Esprimeva preoccupazione per un futuro incerto, aggiungendo che gli pareva che non avessimo imparato nulla dalla storia.

Abbiamo parlato degli eventi che hanno portato alla dichiarazione Balfour del 1917 e della leadership araba del tempo, che aveva appoggiato la Gran Bretagna, ingannando i Palestinesi. Da lì il discorso si è spostato sul giocatore di calcio egiziano Mohamed Salah, i cui recenti commenti hanno puntato i riflettori su un altro aspetto della nostra così complessa vita qui, rivelando quanto siano complicati i nostri legami con il resto del mondo arabo. Sulla scia della nostra conversazione, ho promesso a Elias che ti avrei scritto.

Caro Mohamed, secondo le notizie date recentemente dai mezzi di informazione, tu hai minacciato di lasciare il Liverpool se la squadra ingaggerà Moanes Dabour, secondo quanto riportato, perché gioca nella squadra nazionale israeliana nonostante sia un Arabo, Palestinese e Musulmano con la cittadinanza di Israele.

Non sono sicuro che tu e milioni di altri Arabi siate a conoscenza di quello che noi, “i Palestinesi del 1948”, rimasti nella nostra patria nonostante mille difficoltà, abbiamo passato. Per esempio, ti hanno raccontato come una tragica notte d’estate del 1948 siamo andati a dormire per svegliarci il mattino seguente nella Nakba, ciò che ci ha costretto ad essere cittadini sgraditi di un nuovo stato chiamato Israele?

Mohamed, amico mio, non so quello che ti hanno insegnato a scuola sulla Palestina, che una volta era fonte di ispirazione per l’intero mondo arabo. Quella stessa Palestina la cui popolazione non ha avuto paura del patibolo e i cui figli hanno la pelle scura come la tua. Lo sai che soltanto grazie a noi, gli Arabi del 1948, questa terra non è andata completamente perduta? Sono pronto a scommettere che la tua conoscenza della Palestina, come quella di milioni di altri Arabi, è fatta di frammenti di informazione dispersi nel vento.

Suppongo che tu non abbia mai letto del “funerale partito da Acri,” come dicono le parole della canzone popolare che parla di tre Palestinesi giustiziati per aver resistito al Mandato Britannico nel 1929, o di Sirhan al-Ali, un Palestinese che combatté il colonialismo britannico sacrificando la propria vita per far saltare un oleodotto. Probabilmente non hai mai neppure sentito parlare dell’uccisione di quei Palestinesi che si erano rifugiati nella chiesa di Ilabun nel 1948, o dell’orrendo massacro di Kafr Qasem nel 1956. Dabour potrebbe essere un discendente di uno di quegli eroi.

Tu sei forse più famoso di Dabour. Senza dubbio, però, lui prega Dio proprio come te e sogna in arabo come te, e dedica tutte le sue vittorie al suo popolo, esattamente come te, e poi bacia sua madre in fronte, come te. Allora, perché lo attacchi senza un motivo? Dopo tutto, entrambi vivete in Europa come stranieri, eroi del momento, fino a che la vostra fama non svanirà.

Sì Mohamed, forse anche tu sei una vittima. Sei una vittima dell’ignoranza di chi siamo noi, cittadini palestinesi di Israele. Dovresti sapere che l’essere rimasti nella nostra terra ha sventato il piano originario di svuotare completamente la nostra patria dei residenti arabi nati lì. Per 70 anni abbiamo fatto i conti con i tentativi di Israele di sradicarci, e allo stesso tempo abbiamo dovuto affrontare le bugie degli Arabi che sostengono come il nostro rimanere lì stia a dimostrare una sorta di “collaborazione” con il movimento sionista. Israele ci ha messo sotto assedio, ma l’isolamento più duro e più penoso ci è stato inflitto dai nostri parenti arabi.

Eppure, l’Egitto era sempre nei nostri pensieri in quegli anni. Raccoglievamo informazioni sulla situazione in quel paese dalle trasmissioni della radio Sawt al-Arab, Voce degli Arabi, dal Cairo, e lo sostenevamo da lontano. Abbiamo continuato, nonostante la Nakba e gli altri disastri, a credere con tutte le nostre forze che un giorno avremmo vinto. La voce di Gamal Abdel Nasser ci commuoveva, eravamo al settimo cielo ogni volta che sentivamo alla radio una canzone di Umm Kulthum e ci pareva di stare con i piedi dondolanti nel Nilo quando ascoltavamo le ballate di Mohammed Abd el-Wahab.

Ho parlato di te, Mohamed, durante la visita di condoglianze per Butrus Abu-Manneh. Ti svelerò che lui era uno dei Palestinesi rimasti nella loro patria dopo la Nakba. La casa di legno dei suoi genitori era alla fine della strada tra Ramla e Lod. Suo padre era un impiegato postale e suo zio lavorava all’aeroporto palestinese. Nel 1948 sentirono gli spari ma non pensarono di essere in pericolo, perché erano sicuri che i formidabili eserciti arabi sarebbero arrivati ben presto in loro aiuto. Il 10 luglio i militari israeliani dell’Haganah presero l’aeroporto di Lod, nonostante la resistenza di 50 combattenti palestinesi che erano rimasti a difenderlo, da soli, senza i rinforzi internazionali arabi.

Come è semplice questa storia e quanto è dolorosa! Mio caro Mohamed, noi qui siamo stati forgiati nell’onore e continueremo a vegliare con dignità su questa terra anche in futuro. Ti chiediamo solo una cosa: non fare la predica a quelli che ti amano e ti sono più vicini di qualunque altra cosa, perché quando di notte andiamo a letto, noi preghiamo Dio che ci protegga dagli amici e dai parenti. Ce la vedremo da soli con i nostri nemici. Dovresti sapere, mio caro amico, che l’ignoranza è una catastrofe e l’educazione è l’anima della vita. Sarebbe meglio imparare dalla storia traendone le conclusioni che fornisce.

Jawad Bulus

Questa è una versione ridotta di un articolo scritto in arabo e pubblicato nel giornale “Al-Quds Al-Arabi” che esce a Londra. Compare su Haaretz grazie alla collaborazione con Ofek (Orizzonte per i Mezzi di Informazione Arabi), un progetto congiunto dell’I’lam Media Center for Arab Palestinians in Israel che ha sede a Nazareth e il Van Leer Jerusalem Institute.

https://www.haaretz.com/opinion/.premium-mohamed-salah-israeli-arabs-are-the-only-reason-palestine-wasn-t-lost-completely-1.6807315

Traduzione di Alice Censi

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