Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi occupati: 17 – 30 luglio 2018

Ago 5, 2018 | Rapporti Palestina OCHA

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

Nota per chi ha poco tempo: gli aspetti salienti di ciascuna notizia sono scritti in grassetto

Lungo la recinzione israeliana che circonda Gaza, le proteste e gli scontri del venerdì si sono ripetuti: quattro palestinesi, tra cui due minori, sono stati uccisi ed altri 763 sono stati feriti. Altri tre palestinesi sono morti per le ferite riportate durante le dimostrazioni delle settimane precedenti. I due minori (11 e 16 anni) sono stati colpiti con armi da fuoco dalle forze israeliane durante manifestazioni tenute il 27 luglio nelle zone di Rafah e Khan Younis: il primo è morto immediatamente, mentre il secondo è stato ferito in modo grave ed è morto il giorno seguente. Gli altri due morti (due uomini) sono stati colpiti con armi da fuoco a Gaza ed a Khan Younis, durante le manifestazioni del 20 e 27 luglio. Quasi la metà dei feriti sono stati ricoverati in ospedale; 217 di loro erano stati colpiti con armi da fuoco.

Con questi ultimi eventi, salgono a 26, a partire dal 30 marzo 2018, i minori palestinesi uccisi a Gaza dalle forze israeliane. Di questi, 21 sono stati uccisi durante manifestazioni e 5 in altre circostanze. Inoltre, durante lo stesso arco di tempo, sono stati feriti e ricoverati in ospedale 1.487 palestinesi e due minori israeliani. In una dichiarazione rilasciata il 1° agosto, alti funzionari delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per la violazione dei diritti dei minori e hanno invitato Israele, l’Autorità palestinese e le Autorità di Hamas a Gaza a rispettare i diritti dei minori e ad astenersi dalla loro strumentalizzazione.

Nei pressi della recinzione perimetrale di Gaza, in vari altri episodi, sono stati uccisi sette membri dell’ala armata di Hamas e un soldato israeliano. Il 19 luglio, a est di Rafah, le forze israeliane hanno sparato diversi di colpi di cannone, uccidendo un componente dell’ala armata di Hamas, e ferendone altri tre. Il giorno dopo, ad est di Khan Younis, nel corso di una delle dimostrazioni, un palestinese ha colpito e ucciso un soldato israeliano: è il primo ucciso, dalle ostilità del 2014. Dopo questo fatto, l’esercito israeliano ha lanciato su Gaza massicci raid aerei e bombardamenti, uccidendo tre membri dell’ala armata di Hamas e ferendo 28 persone, tra cui 8 minori. I palestinesi hanno lanciato contro Israele tre razzi, senza causare feriti o danni. Nelle prime ore del 21 luglio, è stato raggiunto un precario cessate il fuoco mediato dall’Egitto e dalle Nazioni Unite. Ciò nonostante, il 25 luglio, i palestinesi hanno sparato e ferito un soldato israeliano che pattugliava la recinzione, e carri armati israeliani hanno bombardato postazioni militari a Gaza, uccidendo altri tre membri dell’ala armata di Hamas e ferendo un minore.

Dopo il cessate il fuoco è stato segnalata un significativa riduzione nel lancio di aquiloni e palloncini incendiari da Gaza verso Israele; tuttavia, a partire dal 26 luglio la loro frequenza è nuovamente aumentata. Secondo le autorità israeliane, dalla fine di aprile, sono stati registrati circa 1.200 incendi, che hanno bruciato più di 3.000 ettari di terra coltivata e di riserve naturali. In tali circostanze non sono state segnalate vittime israeliane.

A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare, in almeno 21 casi, non contestuali alle manifestazioni di massa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco. Quattro palestinesi, tra cui un pescatore e due minori, sono rimasti feriti. In quattro occasioni, le forze israeliane sono entrate a Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale.

Il 24 luglio, le autorità israeliane hanno revocato il divieto di ingresso di carburante e gas da cucina nella Striscia di Gaza, imposto il 16 luglio. È rimasto in vigore il divieto di importazione a Gaza di una serie di prodotti, inclusi materiali da costruzione, mobili, legno, elettronica e tessuti, nonché il divieto generalizzato di esportazione. Le restrizioni sarebbero state imposte in risposta al lancio di aquiloni e palloncini incendiari. Secondo la Federazione Palestinese delle Industrie, da quando sono state imposte le restrizioni all’importazione, oltre 4.000 lavoratori dell’edilizia sono stati temporaneamente licenziati, principalmente a causa della carenza di materiali da costruzione.

Il 23 luglio, per mancanza di carburante, la Centrale Elettrica di Gaza (GPP) è stata costretta a fermarsi del tutto: rispetto alle 19 ore precedenti, le interruzioni di corrente sono aumentate fino a una media di 20 ore al giorno. Questa situazione è causata dalla mancanza di fondi per l’acquisto di carburante dall’Egitto. Il 26 luglio, la Centrale ha ripreso, in parte, le operazioni.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, a controllo egiziano, è rimasto aperto cinque giorni/settimana in entrambe le direzioni, ad eccezione di un giorno. 2.934 persone sono entrate a Gaza e 2.552 ne sono uscite. Dal 12 maggio 2018, il valico è stato aperto quasi continuativamente.

In Cisgiordania, durante numerosi scontri con forze israeliane, un minore palestinese è stato ucciso e 57 palestinesi, tra cui 21 minori, sono rimasti feriti. Il 23 luglio, nel Campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme), durante un’operazione di ricerca-arresto, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un quindicenne. Dall’inizio dell’anno, sale a sei il numero di minori palestinesi uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania. I rimanenti ferimenti sono stati registrati durante altre operazioni di ricerca-arresto, tra cui quella svolta nel villaggio di Kobar (Ramallah, vedi sotto), le dimostrazioni settimanali di Kafr Qaddum e gli scontri al Complesso di Al Haram ash Sharif / Monte del Tempio (vedi sotto).

Il 26 luglio, nell’insediamento colonico di Adam (governatorato di Gerusalemme), un 17enne palestinese ha accoltellato e ucciso un colono israeliano e ne ha feriti altri due; è stato successivamente ucciso da un altro colono. Il suo corpo è ancora trattenuto dalle autorità israeliane. I soldati israeliani hanno fatto irruzione nel villaggio di Kobar, dove viveva l’autore dell’aggressione; ne sono seguiti scontri, durante i quali 17 palestinesi, tra cui nove minori, sono rimasti feriti. Le forze israeliane hanno anche fatto rilievi della casa di famiglia del giovane, in vista della sua demolizione punitiva.

Nella Città Vecchia di Gerusalemme, all’interno e intorno al Complesso di Al Haram ash Sharif / Monte del Tempio, le tensioni sono aumentate in seguito all’ingresso di numerosi gruppi di israeliani. Il 22 luglio, nel Complesso sono entrati circa 1.000 israeliani accompagnati da forze israeliane; successivamente, nella Città Vecchia, alcuni di loro hanno danneggiato proprietà palestinesi, inclusi almeno tre negozi. Il venerdì successivo, nella stessa area, sono scoppiati scontri tra palestinesi e forze israeliane; queste ultime hanno chiuso tutti i cancelli del Complesso ed hanno fatto irruzione nelle due Moschee per allontanarne i palestinesi. In questa circostanza 10 palestinesi sono rimasti feriti e 26 sono stati arrestati; più tardi, nello stesso giorno, è stato ripristinato il regolare accesso al Complesso.

Quattordici attacchi di coloni israeliani hanno provocato il ferimento di sei palestinesi e danni a 760 alberi, 6 abitazioni, 3 negozi, 11 veicoli e il furto di 2 tende fornite come assistenza umanitaria. La metà degli episodi sono avvenuti nella Cisgiordania settentrionale, e quattro di essi hanno causato incendi dolosi di una casa e di alberi nei villaggi di Qusra, Jalud e Asira al Qibliya (in Nablus) e in Immatin (Qalqiliya). Tre degli attacchi sono stati effettuati nella zona H2 della città di Hebron: si è trattato di aggressioni fisiche contro un anziano, una coppia e un minore. Altri due attacchi sono stati registrati nei villaggi di Beitillu e Al Mughayyir (Ramallah), il primo dei quali contro un anziano che si trovava sulla propria terra. Gli ultimi due attacchi sono stati registrati nel governatorato di Gerusalemme, dove tre negozi sono stati vandalizzati da coloni israeliani appena usciti dal complesso di Al Haram ash Sharif / Monte del Tempio (vedi sopra), mentre, vicino all’insediamento colonico di Adam, un uomo è rimasto ferito da pietre lanciate contro il proprio veicolo.

Vicino al villaggio di Al Mughayyir (Ramallah), palestinesi hanno lanciato pietre contro un veicolo, ferendo un colono israeliano. In Cisgiordania, almeno altri 9 veicoli israeliani sono stati danneggiati in episodi simili.

In Area C e Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi edilizi rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito 15 strutture palestinesi, sfollando 14 palestinesi, tra cui sette minori, e colpendone altri 333. Una delle strutture prese di mira era una roulotte finanziata da donatori per la Comunità beduina di Jabal Al Baba (Gerusalemme). Era utilizzata per gestire l’Asilo ed il Centro per le donne; talvolta veniva usata anche come ambulatorio mobile. Una casa, insieme ad altre tre strutture, è stata demolita nella città di Gerico (in una zona compresa in Area C); mentre un ricovero per animali è stato demolito in un’area nel sud di Hebron (Massafer Yatta) designata [da Israele] come “zona per esercitazioni a fuoco”. Le restanti demolizioni, inclusa una effettuata dai proprietari, si sono avute a Gerusalemme Est.

Ancora a Gerusalemme Est, nell’area di Beit Hanina, in seguito ad una sentenza della Corte Suprema Israeliana, due case sono state autodemolite dai proprietari palestinesi; la sentenza è stata favorevole ai coloni israeliani che rivendicavano la proprietà del terreno su cui erano state costruite le abitazioni. Di conseguenza, 19 persone, tra cui otto minori, sono state sfollate. Indipendentemente dal caso di sfratto deciso dalla Corte, le case avevano ordini pendenti di demolizione per mancanza di permessi di costruzione. Negli ultimi decenni, organizzazioni di coloni israeliani, sostenuti dalle autorità israeliane, hanno preso il controllo di proprietà interne ai quartieri palestinesi di Gerusalemme Est: circa 180 famiglie palestinesi stanno attualmente affrontando, presso i tribunali israeliani, cause di sfratto intentate da coloni.

Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 2 agosto, le autorità israeliane hanno ripristinato il divieto di ingresso di carburante e gas da cucina nella Striscia di Gaza.

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