Occupazione digitale: che cosa c’è dietro ai social media israeliani in arabo.

Apr 17, 2018 | Riflessioni

Gli account israeliani in lingua araba sui social media hanno lo scopo di rendere normale l’occupazione e di mascherare la sua vera immagine, dicono i Palestinesi.

di Linah Alsaafin

Al Jazeera, 4 aprile 2018.

Gli account israeliani in arabo dissimulano la loro propaganda usando un linguaggio inoffensivo, apparentemente ragionevole, condito con proverbi arabi e versetti del Corano. [File: The Associated Press]

Regolarmente ogni venerdì il portavoce dell’esercito israeliano Avichay Adraee manda un messaggio ai suoi più di 186.000 follower su Twitter.

“Auguri per un felice venerdì” twitta in arabo. A volte il messaggio è accompagnato da un versetto del Corano o da un Hadith, un detto del profeta Maometto.

Ogni tanto i suoi post si trasformano in riflessioni per i suoi follower arabi e palestinesi.

“Come ti piacerebbe essere ricordato dalla gente: come una persona rispettabile e di successo o come un agitatore terrorista?” ha postato il mese scorso. “Come Mohamed Salah e Mustafa Agha, uomini di successo, o come il vile terrorista Ahmad Jarrar? Pensaci bene.”

I riferimenti a Salah, un popolare calciatore egiziano, e Agha, un presentatore siriano di programmi sportivi sul canale saudita MBC, sono usati come un modello ideale al quale dovrebbe assomigliare l’uomo arabo.

Per contrasto c’è Jarrar, un Palestinese sospettato di essere dietro all’assassinio, in gennaio, di un colono ebreo vicino a Nablus, nella Cisgiordania occupata. Jarrar è stato ucciso dalle forze israeliane lo scorso febbraio, dopo una caccia all’uomo durata un mese.

Mascherare l’occupazione

Le pagine Facebook e Twitter di Adraee fanno parte di diversi account sui social media che spuntano come funghi in lingua araba, creati da militari e funzionari governativi israeliani che si rivolgono ai cittadini arabi.

Secondo Fidaa Zaanin, una Palestinese nettamente critica su questi account, il loro comune obiettivo è quello di penetrare nelle fila del mondo di lingua araba.

“Conversando con loro nella loro madrelingua, questi funzionari israeliani aprono dei canali di comunicazione, e disseminano bugie e propaganda con lo scopo di normalizzare l’occupazione israeliana e mascherare l’immagine dell’entità sionista”, ha dichiarato ad Al Jazeera Zaanin, che viene da Gaza ma ora vive a Berlino.

“Israele viene rappresentato come l’unica democrazia del Medio Oriente, uno stato umano e progressista, vittima di violenza e terrorismo”, ha continuato, “censurando così un’intera storia di colonizzazione, assassinii e trasferimenti forzati”.

Un esempio è il tweet di Adraee sulle proteste durante il Giorno della Terra che si è svolto la scorsa settimana vicino al confine est della striscia di Gaza, durante il quale le forze israeliane hanno ucciso 17 Palestinesi.

“Mandare 30.000 agitatori a combattere alla recinzione di sicurezza mostra solo il terrorismo di Hamas, e il suo tentativo di sfruttare i cittadini di Gaza”, ha dichiarato Adraee.

Nadim Nashif, il direttore esecutivo di ‘7amleh’, il Centro Arabo per il Progresso dei Social Media, ha dichiarato che lo scorso anno gli account israeliani in arabo hanno aumentato la loro popolarità fra gli utilizzatori palestinesi dei social media.

Nashif ha dichiarato ad Al Jazeera: “Questa è la prima volta in cui i cittadini palestinesi hanno diretto contatto on-line con alti funzionari israeliani, dato che la maggior parte dei Palestinesi della Cisgiordania e di Gaza non parla e non legge l’ebraico”.

Gli account forniscono anche informazioni pratiche ai Palestinesi, come gli orari di apertura e chiusura dei check-point e come ottenere permessi rilasciati dall’autorità militare per viaggi o per motivi di salute.

“Gli Israeliani stanno perciò capitalizzando sui bisogni dei Palestinesi, per attirare la loro attenzione e il loro coinvolgimento al servizio dell’agenda politica israeliana”, ha dichiarato Nashif.

Al Jazeera si è messa in contatto con l’ufficio dei media dell’esercito israeliano per avere dei commenti, ma fino al momento della pubblicazione non aveva ricevuto nessuna risposta.

Occupazione digitale

Dopo le rivolte arabe del 2011, l’utilizzo delle piattaforme dei social media da parte degli arabi è aumentato, dato che rappresentano un’alternativa ai canali media tradizionali, visti nella maggior parte dei casi come portavoce dei regimi arabi.

Non è una coincidenza, ha dichiarato Zaanin, che gli account dei social media di Adraee e di Ofir Gendelman, il portavoce del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, siano stati aperti nello stesso anno.

“Non è una sorpresa che l’esercito israeliano abbia aggiunto nuove pagine in arabo al suo arsenale di armi varie”, ha dichiarato Zaanin.

Nel 2016 è stato aperto anche un account per il Coordinatore delle Attività Governative nei Territori (COGAT), un reparto dell’esercito israeliano nella Cisgiordania occupata. Alte pagine su Facebook includono ‘Israele Parla Arabo’, che ha 1.400.000 follower, e pagine appartenenti alle ambasciate israeliane in Egitto e Giordania.

Secondo Zaanin il canale di comunicazione aperto serve a estrarre informazioni su Palestinesi e altri Arabi, intimidire i Palestinesi che volessero fare attacchi individuali contro Israeliani, e denigrare qualsiasi forma di resistenza palestinese.

“COGAT sfrutta anche la cattiva situazione nella Striscia di Gaza, ricattando i residenti con la promessa di permessi per motivi di salute o di viaggio, o aiuti economici alle famiglie povere, in cambio di informazioni utili agli agenti dell’intelligence”, ha spiegato, “poi li abbandonano e li ricattano cercando di reclutarli”.

Nashif definisce questo fenomeno una “occupazione digitale”, attraverso la quale Israele sta espandendo dalla sfera reale alla sfera virtuale le sue attività di controllo, sorveglianza e oppressione sui Palestinesi.

Una pagina, chiamata Bidna Na’eesh in arabo (Vogliamo Vivere), mette a disposizione dei Palestinesi un numero di telefono per fornire informazioni su individui ricercati e “perpetratori di attacchi” contro gli Israeliani.

“Informateci, e ne trarrete vantaggio”, dice il titolo sulla pagina, mostrando l’immagine di una mazzetta di banconote da 100 dollari sopra la vignetta di una stretta di mano con una bandiera israeliana.

“Questo è estremamente pericoloso perché costituisce parte della militarizzazione israeliana della sfera digitale, dato che ci sono decine di pagine create dalle forze militari e dai servizi segreti”, ha affermato Nashif.

Interazione araba

Zaanin ritiene che l’incremento dell’interazione araba con questi account israeliani abbia origine fondamentalmente dall’ignoranza, e dalla sottovalutazione degli effetti che queste interazioni hanno a breve e lungo termine.

Lungi dall’usare un’infuocata retorica, gli account israeliani in arabo dissimulano la loro propaganda usando un linguaggio inoffensivo, apparentemente ragionevole, condito con proverbi arabi e versetti del Corano. Inoltre si presentano come preoccupati per il benessere dei cittadini arabi, e per i pericoli legati all’essere portati sulla cattiva strada da “terroristi”, o da qualsiasi resistenza allo stato israeliano e all’occupazione.

“C’è anche la possibilità che un gran numero di follower degli account, che siano Facebook o Twitter, siano Israeliani che mirano a ingannare i cittadini arabi per interagire in maniera positiva con loro, al fine di rompere la barriera della paura”, ha affermato Zaanin, aggiungendo che non ci sono statistiche ufficiali sui dettagli dei follower.

Secondo Zaanin l’interazione araba con gli account si può dividere in due categorie: coloro che sanno che cosa rappresentano e rispondono con dileggio o imprecazioni o sostenendo la causa dei diritti dei Palestinesi, e coloro che non vedono alcun problema nel normalizzare le relazioni con Israele e cercano di soddisfare la propria curiosità.

“Un punto importante, secondo me, è che la presenza di funzionari israeliani sui canali televisivi arabi di notizie ha contribuito alla loro accettazione sui social media da parte dei cittadini arabi”, ha affermato Zaanin.

Servizio gratuito per l’intelligence israeliana

Su un punto sia Nashif che Zaanin concordano: la proliferazione degli account israeliani in lingua araba testimonia l’assenza di qualsiasi forma di risposta tattica da parte della base, come potrebbe essere un tentativo di aumentare la consapevolezza circa i pericoli che queste pagine pongono agli utenti dei social media arabi, come -ad esempio- eventuali estorsioni.

Una possibile risposta è quella di boicottare le pagine, e aumentare la consapevolezza sulle loro reali motivazioni, hanno detto i due osservatori.

“Gli Arabi stanno fornendo agli israeliani un servizio gratuito”, ha dichiarato Zaanin. “Senza saperlo, forniscono ai funzionari dell’intelligence israeliana informazioni che vengono poi usate per infiltrarsi negli account degli utenti arabi.

“È come dare le chiavi di casa al proprio nemico”, ha aggiunto.

Si dovrebbe aumentare la consapevolezza su questa questione”, ha concordato Nashif, “Specialmente a livello locale i Palestinesi dovrebbero essere invitati a dissociarsi da queste pagine per la loro personale sicurezza e tranquillità.”

E Facebook collabora

Un altro modo per fronteggiare gli account israeliani in arabo è di creare account palestinesi e arabi, che rifiutino la propaganda israeliana.

“Purtroppo, social media come Facebook combattono attivamente i contenuti palestinesi, e cancellano questi account”, ha sostenuto Zaanin.

La collaborazione fra la sorveglianza israeliana e Facebook non è nuova. Secondo il Rapporto annuale di ‘7amleh’ sull’Attivismo Digitale Palestinese, pubblicato martedì scorso, i ciber-reparti del governo israeliano hanno ufficialmente dichiarato che Facebook, nel corso del 2017, ha accettato l’85% delle richieste governative di cancellare contenuti, account e pagine di Palestinesi.

“Questo tipo di monitoraggio e controllo israeliano sui contenuti digitali palestinesi nei social media è diventato uno strumento per arresti di massa e per pesanti violazioni dei diritti umani e dei diritti digitali”, ha affermato il Rapporto.

Infatti, più di 300 Palestinesi della Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est occupata, sono stati arrestati dalle forze israeliane e sottoposti a processo nei tribunali militari a causa di post sui social media, ha dichiarato 7amleh.

“Questi account non sono altro che un altro tipo di reparto combattente”, ha detto Zaanin, “ecco perché è molto pericoloso interagire in qualunque modo con loro.”

Linah Alsaafin

https://www.aljazeera.com/news/2018/04/digital-occupation-israel-social-media-arabic-180403121518782.html

Traduzione di Rossella Rossetto

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