Lettera aperta al Presidente della Repubblica francese

Ago 6, 2017 | Info dal mondo

di Shlomo Sand – 20 luglio 2017

Lo storico israeliano Shlomo Sand sfida Emmanuel Macron nel suo discorso, tenuto in presenza di Benjamin Netanyahu, per commemorare la retata del Vel’ d’Hiv.

Cominciando a leggere il suo discorso sulla commemorazione della retata di Vel’ d’Hiv, ho provato gratitudine verso di lei. Infatti, alla luce di una lunga tradizione di dirigenti politici, di destra e di sinistra, che, in passato e al presente, hanno ignorato la partecipazione e la responsabilità della Francia nella deportazione di persone di origine ebraica nei campi di sterminio, ha preso una posizione chiara e inequivocabile: si, la Francia è responsabile per la deportazione; si, c’è stato l’antisemitismo in Francia, prima e dopo la seconda guerra mondiale. Si, dobbiamo continuare a combattere ogni forma di razzismo. Ho visto queste posizioni come in continuità con la sua dichiarazione coraggiosa fatta dall’ Algeria, che il colonialismo è un crimine contro l’umanità. Ad essere sinceri, ero piuttosto infastidito dal fatto che ha invitato Benjamin Netanyahu, che senza dubbio è uno che rientra nella categoria degli oppressori, e quindi non può erigersi a rappresentante delle vittime di ieri. Certo, ho da tempo notato l’impossibilità di separare la memoria dalla politica.

Forse ha voluto mostrare una strategia sofisticata, ancora non rivelata, per contribuire a realizzare un giusto compromesso in Medio Oriente? Ho smesso di capirla quando, durante il suo discorso, lei ha affermato che: “… l’antisionismo è la forma reinventata dell’antisemitismo”. Affermazione che aveva lo scopo di soddisfare il vostro ospite, o si tratta semplicemente di ignoranza politica? L’ex studente di filosofia, l’assistente di Paul Ricœur ha così poco letto libri di storia, da ignorare che molti Ebrei, o discendenti di origine ebraica, si sono sempre opposti al sionismo senza essere antisemiti? Mi riferisco a quasi tutti gli ex grandi rabbini, ma anche alle posizioni di alcuni esponenti dell’ebraismo ortodosso contemporaneo. Ho anche in mente artisti del calibro di Marek Edelman, uno dei leader sopravvissuti alla rivolta del ghetto di Varsavia, oppure i comunisti di origine ebraica, il gruppo dei resistenti Manouchian, che perirono. Penso anche al mio amico e maestro: Pierre Vidal Naquet, e altri grandi storici o sociologi come Eric Hobsbawm e Maxime Rodinson i cui scritti e ricordi mi sono cari, o ancora a Edgar Morin. Infine, mi chiedo se, sinceramente, lei si aspetta che i Palestinesi non siano anti-sionisti! Suppongo, tuttavia, che lei non apprezzi particolarmente la gente di sinistra, né, forse, i Palestinesi; Inoltre, sapendo che lei ha lavorato nella banca Rothschild, le faccio una citazione di Nathan Rothschild, presidente dell’Unione delle sinagoghe in Gran Bretagna, primo Ebreo ad essere nominato Lord nel Regno Unito, di cui divenne anche il governatore della banca. In una lettera nel 1903 a Theodore Herzl, il banchiere di talento ha scritto: “Io vi dico francamente: tremo all’idea di fondare un insediamento ebraico nel senso pieno del termine. Tale insediamento sarebbe diventato un ghetto, con tutti i pregiudizi di un ghetto. Un piccolo, minuscolo, Stato ebraico, devoto e non liberale, che rifiuta il cristiano e lo straniero. Rothschild ha forse sbagliato nella sua profezia, ma una cosa è certa, però: non era antisemita! Ci sono stati e ci sono, ovviamente, antisionisti che sono anche anti-semiti, ma sono ugualmente certo che troviamo antisemiti tra gli adulatori del sionismo. Posso anche assicurarle che molti dei sionisti sono razzisti, la cui struttura mentale non differisce da quella dei perfetti Giudeo fobici: essi cercano instancabilmente un DNA ebraico (ciò, fino all’università dove insegno). Per chiarire ciò che è un punto di vista antisionista, è importante, tuttavia, concordare prima sulla definizione di “sionismo” o quanto meno su una serie di caratteristiche di tale concetto; ciò a cui ho intenzione di dedicarmi il più brevemente possibile. In primo luogo, il sionismo non è l’ebraismo, contro cui rappresenta persino una rivolta radicale.

Nel corso dei secoli, pii ebrei hanno nutrito una profonda devozione verso la loro terra santa, Gerusalemme in particolare, ma hanno tenuto al precetto talmudico che intimava loro di non emigrare collettivamente, prima della venuta del Messia. Infatti, la terra non appartiene agli Ebrei, ma a Dio. Dio ha dato e Dio ha ripreso, e quando vorrà, Egli manderà il Messia per restituire. Quando il sionismo è emerso, ha detronizzato “L’Onnipotente” sostituendolo con il soggetto umano attivo.

Ognuno di noi può giudicare se il progetto di creare uno Stato ebraico, esclusivo, su un pezzo di terra super popolato di Arabi sia un’idea morale. Nel 1917, la Palestina contava 700.000 Arabi tra musulmani e cristiani e circa 60.000 Ebrei, la metà dei quali erano contrari al sionismo. Fino ad allora, le masse popolari Yiddish che, volendo sfuggire ai pogrom dell’Impero russo, avevano preferito emigrare verso il continente americano, dove, in effetti, giunsero in due milioni, in fuga dalle persecuzioni naziste (e da quelle del regime di Vichy). Nel 1948, in Palestina c’erano 650.000 Ebrei e 1,3 milioni di Arabi musulmani e cristiani, 700.000 dei quali divennero profughi: è su queste basi demografiche che è nato lo Stato di Israele. Nonostante questo, e nel contesto dello sterminio degli Ebrei europei, molti antisionisti sono giunti alla conclusione che, se non vogliamo creare nuove tragedie, lo Stato di Israele dovrebbe essere considerato come un fatto irreversibile. Un bambino nato da uno stupro ha il diritto di vivere, ma cosa accadrà se questo bambino percorre le orme di suo padre?

E venne 1967: da allora, Israele regna su oltre 5,5 milioni di Palestinesi, privati ​​dei diritti civili, politici e sociali. Essi sono assoggettati al controllo militare israeliano: per alcuni di loro, in una sorta di “riserva indiana” in Cisgiordania, mentre altri sono rinchiusi in una ” riserva di filo spinato ” a Gaza (70% di loro sono rifugiati o discendenti da rifugiati), Israele, che continua a proclamare la sua volontà di pace, considera i territori conquistati nel 1967 come parte integrante della “terra di Israele”, e ne dispone a suo piacimento: finora, vi sono stati installati 600.000 coloni ebrei israeliani … e non è finita!

È questo il sionismo odierno? No! Risponderanno i miei amici della sinistra sionista, che continua a restringersi, e diranno che la dinamica della colonizzazione sionista deve finire, che un piccolo Stato palestinese ristretto deve essere stabilito accanto allo Stato di Israele, che lo scopo del sionismo era di fondare uno stato dove gli Ebrei potessero esercitare la sovranità su se stessi, non conquistare “l’antica patria” nella sua totalità. Per loro, la cosa più pericolosa in tutto questo: che l’annessione dei territori occupati costituisce una minaccia per Israele in quanto Stato ebraico.

E’ giunto precisamente il tempo di spiegarle il motivo per cui le scrivo, e perché mi definisco come un non-sionista o antisionista, senza pertanto diventare anti-ebraico. Il suo partito politico, porta nel suo titolo: “La Repubblica”, quindi immagino che lei sia un repubblicano convinto. La sorprenderò: questo è anche il mio caso. Quindi, essendo democratico e repubblicano, non posso sostenere uno stato ebraico, come fanno tutti i sionisti di destra e di sinistra, senza eccezione. Il Ministero degli Interni israeliano identifica il 75% dei suoi cittadini, come Ebrei, il 21% come Arabi musulmani e cristiani e il 4% come “altro” (sic). Ora, secondo lo spirito delle sue leggi, Israele non appartiene a tutti gli Israeliani, ma agli Ebrei di tutto il mondo che non hanno alcuna intenzione di venire a viverci. Per esempio, Israele appartiene molto più a Bernard Henry-Levy e Alain Finkielkraut, che ai miei studenti israelo-palestinesi che parlano ebraico, a volte meglio di me! Israele spera anche che verrà il giorno in cui tutte le persone del CRIF, ed i loro “sostenitori” vi emigreranno! Conosco anche francesi antisemiti, incantati da questa prospettiva! Per contro, abbiamo sentito due ministri israeliani, vicini a Benjamin Netanyahu emettere l’idea che deve essere incoraggiato il “trasferimento” degli Arabi israeliani, senza che nessuno abbia avanzato la richiesta di dimissione dai loro incarichi. Ecco perché, Signor Presidente, non posso essere un sionista. Sono un cittadino desideroso che lo Stato in cui vivo sia una Repubblica israeliana, non uno Stato comunitario ebraico. Discendente di Ebrei che hanno sofferto così tanto la discriminazione, non posso vivere in uno Stato che, attraverso la sua auto-definizione, fa sì ch’io sia un cittadino con dei privilegi. Secondo Lei, Signor Presidente, questo non fa di me un antisemita?

20 luglio 2017. Shlomo Sand, storico israeliano

(Tradotto dall’ Ebraico da Michel Bilis)

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Tradotto dal francese da Anissa Manca

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