Il voto all’ONU sulle colonie israeliane. Ma dov’eri negli ultimi 8 anni, presidente Obama?

Dic 27, 2016 | Riflessioni

Invece di legittimare il suo premio Nobel per la Pace, Obama ha sprecato in negoziati inutili la sua presidenza. Durante il suo mandato si è estinto ogni sforzo americano di porre fine all’occupazione israeliana.

di Aluf Benn

Haaretz, 24 dicembre 2016

Il presidente Barack Obama saluta alla conclusione del suo discorso alla sala stampa della Casa Bianca, il 16 dicembre 2016.

 

Venerdì scorso, la corte del primo ministro Benjamin Netanyahu e i portavoce della destra israeliana hanno lanciato insolenze contro il presidente americano uscente Barack Obama, che ha permesso al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di approvare la Risoluzione 2334 contro gli insediamenti israeliani.

La rabbia e le insolenze sono ingiustificate. Alla fine del suo mandato, Obama merita anzi di esser fatto membro onorario dello Yesha Council, l’organizzazione unitaria dei coloni israeliani, e anche del Comitato Centrale del Likud [un partito della destra, NdT]. Il suo sostegno dell’ultima ora alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, un momento prima di far bagagli e passare le chiavi della Casa Bianca a Donald Trump, è un gesto di continuità rispetto ai suoi otto anni di presidenza, durante i quali è venuto meno ogni sforzo americano di porre fine al conflitto arabo-israeliano.

Obama ha assunto la presidenza facendo nobili dichiarazioni contro gli insediamenti, definendo la pace israelo-palestinese un “interesse americano”. Ma la di là di discorsi inutili e di piccoli passi che non sono approdati a niente, non ha usato nemmeno una volta la sua autorità di presidente per avviare la realizzazione dell’ipotesi dei due stati. Durante il suo primo mandato, Obama ha nominato George Mitchell come suo inviato speciale per il Medio Oriente e ha strappato a Netanyahu una moratoria temporanea alla costruzione di colonie. Nel suo secondo mandato, ha inviato il segretario di stato John Kerry a partecipare a inutili colloqui tra Netanyahu e il presidente palestinese Mahmoud Abbas. Quando anche questo tentativo è fallito, Obama si è arreso, contentandosi di fare altisonanti rimproveri pubblici a ogni notizia di espansione nella costruzione di insediamenti.

La fine dell’occupazione e del conflitto sono in primo luogo un interesse di Israele e della Palestina, non un interesse americano. Ma essendo una superpotenza mondiale che si è impegnata con dichiarazioni, azioni e investimenti per la sicurezza di Israele e l’indipendenza palestinese, gli USA hanno certamente una responsabilità. Soprattutto da Obama si sperava e ci si attendeva molto, per il suo impegno sui diritti umani e la sua preoccupazione per i più deboli. Ma invece di legittimare il premio Nobel per la Pace che gli fu assegnato all’inizio del suo mandato, Obama, a differenza di tutti i suoi predecessori dal 1967 in poi, ha abbandonato ogni tentativo di porre fine al conflitto, indietreggiando di fronte a qualunque rischio politico.

Il suo gesto di commiato al Consiglio di Sicurezza non fa eccezione al comportamento che ha caratterizzato la sua politica. Obama ha osato sfidare Netanyahu solo dalla posizione di sicurezza del periodo di transizione presidenziale, durante il quale ogni azione è svincolata da valutazioni politiche. Dopo tutto, il suo partito ha perso le elezioni e non dovrà mettere in pratica la risoluzione.

L’amministrazione del neo-presidente Donald Trump non è vincolata da nessun impegno pubblico a favore della soluzione a due stati o contro l’espansione degli insediamenti. Personaggi vicini al nuovo presidente, compreso l’ambasciatore in Israele da lui prescelto, sostengono la politica di annessione del governo Netanyahu-Bennett. Il ministro Naftali Bennett, capo del partito Habayit Hayehudi [la ‘Casa Ebraica’] ha già dichiarato che è giunto il momento di dare corso alla sua iniziativa per annettere l’area C della Cisgiordania; la risoluzione del Consiglio di Sicurezza avrà solo l’effetto di incoraggiare la destra israeliana a mettere in imbarazzo l’ONU e a imporre fatti ancor più distruttivi sul terreno.

Per questi motivi, l’ultima bravata politica di Obama non può suscitare ammirazione. Sono stati sprecati otto anni in inutili chiacchiere, mentre il governo di destra di Israele accelerava gli insediamenti e continuava a cambiare i contorni della Linea Verde. Obama aveva promesso di porre fine all’occupazione, ma a forza di evitare rischi politici e azioni di incerto successo, ha finito per porre la prima pietra dello stato unico.

Aluf Benn

http://www.haaretz.com/israel-news/.premium-1.761069

Traduzione di Donato Cioli

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