La strategia per cancellare la “linea verde” del 1967

Mar 12, 2016 | Riflessioni

di  Carolina Landsmann

I nuovi coloni devono convincere gli altri Israeliani che la linea verde è puramente immaginaria, non un vero confine, e che essi gradualmente l’attraverseranno.

Un tratto del muro di separazione in Cisgiordania. credit Tomer Appelbaum

Un tratto del muro di separazione in Cisgiordania. credit Tomer Appelbaum

“Troppa gente scrive sul movimento dei coloni senza capire l’ampiezza delle sue potenzialità” , ha scritto Yoaz Hendel nel suo nuovo libro in lingua ebraica “Be’eretz Lo Zerua.”. “I miei genitori hanno attraversato da soli la linea verde… semplicemente perché era possibile farlo”.

Hendel poi spiega: “Israele è un paese piccolo. Il centro, Gush Dan, è affollato e caro. Non appena il Governo della coalizione Alignment e poi quello del Likud hanno reso possibile costruire oltre la linea verde, è cominciato un processo spontaneo di “domanda e offerta”. Talvolta è stata l’ideologia a incoraggiare questo movimento, altre volte invece è arrivata dopo.

Ma qualcosa sta frenando questo processo spontaneo di domanda e offerta: il blocco di nuove costruzioni negli insediamenti riduce l’offerta, mentre la distinzione politica ed ideologica creata dalla linea verde fa contrarre la richiesta. È questo il fenomeno alla base della fraterna alleanza tra Naftali Bennett, Presidente di Habayit Hayehudi, e Yair Lapid, Presidente di Yesh Atid, nelle elezioni del 2013*. Le posizioni ideologiche del primo non contano su un elettorato abbastanza vasto, mentre gli elettori del secondo non possiedono abbastanza proprietà terriere. Per usare le parole di Hendel, potremmo dire che Bennett sta cercando di far capire a Lapid le potenzialità del movimento dei coloni; che lo sta portando ad “attraversare la linea verde” (ovvero, a cancellarla) senza necessità di abbracciare un’ideologia nazionalista o religiosa. E questo allo scopo di permettere al centro politico di Israele di espandere il suo potere di acquisto negli insediamenti provocando così, “naturalmente”, un’impennata di costruzioni che si tramuteranno in altrettante vittorie ideologiche per il movimento dei coloni.

Come è possibile fare tutto questo? Proprio nello stesso modo in cui lo fece la famiglia di Hendel: “Nella nebbia del mattino, abbiamo superato la linea che separa le terre conquistate durante la guerra di indipendenza da quelle conquistate durante la guerra dei 6 giorni”. Se i nuovi coloni come Hendel e Bennett hanno un solo ed unico scopo, è esattamente questo: aiutare l’elettorato di Yesh Atid ad attraversare la linea verde per convincerlo che quella linea è puramente immaginaria, non un vero confine.

Chi meglio di Bennett sa che è possibile essere un colono anche senza vivere al di là della Linea Verde? Allo stesso modo, è possibile vivere al di là della Linea Verde anche senza essere un colono.

Rifiutandosi di distinguere tra il 1948 ed il 1967, i nuovi coloni utilizzano il seguente ragionamento: non c’è alcuna differenza, dal punto di vista della legittimità, tra quanto è stato conquistato in ciascuna delle due guerre. Chiunque accetti che la sovranità dello Stato di Israele sui territori conquistati nel 1948 sia legittima, deve accettare la stessa legittimità anche sull’annessione da parte di Israele dei territori occupati nel 1967.

Lapid sta cercando delle proprietà terriere a basso costo per il suo elettorato. Dopo tutto, è lui il leader emerso dalle proteste per la giustizia sociale del 2011. E durante una visita all’insediamento di Ma’aleh Adumim, quattro settimane fa, ha parlato del blocco delle costruzioni.

“Come mi comporterei domani con il Presidente degli USA?”, ha chiesto. “Gli direi: Senti, noi formalizziamo il congelamento delle costruzioni fuori dai blocchi (dell’insediamento), ma all’interno dei blocchi io voglio costruire come un pazzo… Il motivo per cui oggi qui non si sta costruendo è che il governo israeliano non vuole dire: qui congelo, qui costruisco”. Ma’aleh Adumim, ha spiegato Lapid, sta pagando il prezzo del rifiuto di Israele di distinguere tra le costruzioni all’interno dei blocchi degli insediamenti e quelle all’esterno.

Ma qual è il significato dell’affermazione di Lapid secondo la quale Ma’aleh Adumim è al centro del consenso di Israele e rimarrà parte dello Stato di Israele quali che siano gli accordi futuri? Bennett ha spiegato a Lapid: “Nessuna campagna servirà a qualcosa finché tu te ne andrai in giro per il mondo a dire che ‘Abbiamo bisogno di dividere la terra’. In altri termini, è impossibile parlare solo di costruzioni senza menzionare anche le annessioni; senza la sovranità di Israele, cosa potrebbe garantire il valore della proprietà?”

Bennett ha aperto l’incontro settimanale con i suoi sostenitori affermando: “È tempo di applicare innanzitutto la legge di Israele a Ma’aleh Adumim, al blocco di Etzion e al blocco di Ariel”. Ecco cosa significa esattamente il “processo naturale”: occupare, insediarsi, costruire e annettere.

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*Habayit Hayehudi (“La casa ebraica”) è un partito sionista, mentre Yesh Atid (“C’è un futuro”) è un partito centrista laico, che nel 2013 è entrato a far parte del Governo di Netanyahu.

http://www.haaretz.com/opinion/.premium-1.706953

(traduzione di Giovanna Barile)

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