Intervento di Mahmoud Abbas alla 70a Sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU.

Ott 15, 2015 | Info dal mondo

New York, 30 settembre 2015.

Nel nome di Dio clemente e misericordioso.

 

Sig. Mogens Lykketoft, Presidente dell’Assemblea Generale,

Sig. Ban Ki-moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite,

Eccellenze, Capi Delegazione, Signore e Signori,

 

Vengo oggi dinanzi a voi dalla Palestina, costretto a lanciare l’allarme per i gravi pericoli provocati da ciò che sta accadendo a Gerusalemme, dove gruppi estremisti israeliani stanno commettendo ripetute e sistematiche incursioni alla Moschea di Al-Aqsa. Il loro intento è quello di imporre un fatto nuovo e spezzare temporalmente la fruizione di Al-Haram Al-Sharif, permettendo che gli estremisti, sotto la protezione delle forze israeliane di occupazione e dei ministri e membri della Knesset che li accompagnano, possano entrare nella Moschea in certi orari, impedendo ai devoti musulmani di accedere ed entrare nella Moschea durante tali orari e impedendo così il libero esercizio dei loro diritti religiosi.

Questo è il piano perseguito dal Governo israeliano, in diretta violazione dello status quo in vigore da prima del 1967 fino ad oggi. Così facendo, la forza di occupazione commette un grave errore, perché questo noi non lo accetteremo e il popolo palestinese non permetterà che venga messo in atto questo piano illegale che ferisce la sensibilità dei Palestinesi e di tutti i Musulmani.

Mi rivolgo al Governo Israeliano, prima che sia troppo tardi, affinché cessi di usare la forza bruta per imporre i suoi piani che minano la sacralità islamica e cristiana di Gerusalemme, specialmente per quanto riguarda le decisioni sulla Moschea di Al-Aqsa, perché queste azioni trasformeranno il conflitto da politico a religioso, creando una carica esplosiva a Gerusalemme e nel resto del Territorio Palestinese Occupato.

Eccellenze, Signore e Signori,

È per me un onore venire dinanzi a voi per parlare a nome dello Stato di Palestina, dinanzi alla vostra spettabile Assemblea Generale, in questa sessione che coincide con il 70° anniversario dalla fondazione delle Nazioni Unite, che hanno posto il loro obiettivo fondamentale nella promozione e protezione della pace e della sicurezza internazionale e nella salvaguardia dei diritti umani.

La questione palestinese è stata uno dei primi problemi di giustizia portati sin dall’inizio all’attenzione delle Nazioni Unite, eppure rimane fino ad oggi irrisolta; l’organizzazione e i suoi membri continuano a mostrarsi incapaci di porre fine all’ingiustizia che viene inflitta al nostro popolo, e incapaci di aiutare il nostro popolo a esercitare i suoi diritti all’auto-determinazione e alla libertà in uno stato indipendente e sovrano.

Eccellenze, Signore e Signori,

Vi chiedo di esaminare la storia della questione palestinese e delle relative risoluzioni delle Nazioni Unite, per rendervi conto di un’evidente verità: che una ingiustizia storica è stata inflitta a un popolo e alla sua patria, un popolo che è vissuto pacificamente nella sua terra e ha dato originali contributi intellettuali, culturali e sociali al genere umano. Questo popolo non si merita di esser privato della sua patria, di morire in esilio o inghiottito dal mare, di trascorrere la vita scappando da un campo rifugiati all’altro. Eppure, purtroppo, la sua giusta causa rimane a un punto morto dopo tutti questi anni.

Il nostro popolo ha riposto le sue speranze nei paesi di questa organizzazione, perché lo aiutassero a riconquistare libertà, indipendenza e sovranità, in modo che l’aspirazione e il diritto a un suo proprio stato si potesse realizzare come per tutti gli altri popoli della terra, insieme a una giusta soluzione del problema dei rifugiati palestinesi, secondo la risoluzione 194 dell’Assemblea Generale e l’Iniziativa di Pace Araba.

Signor Presidente, Signore e Signori,

Noi chiediamo diritti, giustizia e pace. Mentre la Palestina fu divisa in due stati – e di conseguenza 67 anni fa fu fondata Israele – la seconda parte di quella risoluzione 194 attende ancora di essere attuata. La Palestina, che è alle Nazioni Unite come Stato Osservatore, deve avere pieno riconoscimento e piena affiliazione. È assurdo e doloroso che la questione della Palestina rimanga ingiustamente irrisolta, se si considerano gli enormi sacrifici che abbiamo fatto, la nostra pazienza in tutti questi anni di esilio e di sofferenza, e la nostra disponibilità a fare pace sulla base di una soluzione con due stati che sia fondata sulla legge internazionale, le specifiche risoluzioni dell’ONU, l’Iniziativa Araba di Pace e la roadmap del Quartetto.

Signor Presidente, Signore e Signori,

Continuare con lo status quo è totalmente inaccettabile perché significa arrendersi alla logica della forza bruta imposta dal governo di Israele, che intanto continua con l’espansione illegale degli insediamenti in Cisgiordania e soprattutto in Gerusalemme Est occupata, e continua con il blocco della Striscia di Gaza, aggravando l’immensa sofferenza del nostro popolo in quell’area, in sprezzo delle risoluzioni dell’ONU e degli accordi firmati tra le due parti sotto l’egida internazionale. Vogliamo in proposito ricordare le parole del defunto Primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin che nel 1976 disse che Israele diventerà uno stato di apartheid se continuerà l’occupazione del Territorio Palestinese e definì “un cancro” gli insediamenti israeliani in terra di Palestina.

Di fronte a questo problema che si trascina nel tempo, ci viene da chiedere: ma i voti di paesi democratici contro decisioni pro-palestinesi e contro i legittimi diritti del nostro popolo servono davvero la pace e la soluzione dei due stati? O servono invece a incoraggiare gli estremisti e ad accrescere il loro odio e il loro razzismo, facendo loro credere di essere al di sopra della legge, fino al punto di poter bruciare una famiglia palestinese nella città di Duma in Cisgiordania, con l’uccisione di un bambino, Ali Dawabsheh, di suo padre e di sua madre? Tutto quello che rimane di questa famiglia è un bambino orfano, Ahmed, di 4 anni, che giace in ospedale tra la vita e la morte per le ustioni riportate, mentre gli assassini rimangono liberi e non sono stati ancora arrestati.

E questo non è il primo delitto. Prima hanno bruciato vivo e ucciso il bambino palestinese Mohammed Abu Khdeir a Gerusalemme e il bambino Mohammed AI-Dura a Gaza, e ancora prima migliaia di persone sono state uccise a Gaza e in Cisgiordania. E ci ricordiamo ancora il massacro di Deir Yassin e tutti i crimini contro il nostro popolo che sono rimasti impuniti. Fino a quando Israele potrà rimanere al di sopra della legge internazionale e senza dover rendere conto delle sue azioni?

Non ho il tempo per poter descrivere in dettaglio quante violazioni Israele commetta contro il nostro popolo e quante leggi repressive siano state emanate dai vari governi israeliani, l’ultima delle quali è la formale approvazione dell’ordine di sparare con armi da fuoco su pacifici dimostranti palestinesi, arrestarli e maltrattarli, mentre si continua ad imporre questa occupazione illegale.

Signor Presidente, Signore e Signori,

Noi non rispondiamo con gli stessi mezzi all’odio e alla brutalità dell’occupazione israeliana. Al contrario, cerchiamo di diffondere nel nostro popolo e nella nostra regione una cultura di pace e di coesistenza, e siamo impazienti di realizzarla e di vedere il giorno in cui tutto il nostro popolo potrà godere di pace, sicurezza, stabilità e prosperità. Questo non si può ottenere se si continua con l’occupazione, gli insediamenti dei coloni, il muro, gli incendi di persone, luoghi di culto e case, l’uccisione di giovani, bambini e infanti, gli incendi dei raccolti, l’arresto e la detenzione di individui senza accuse e senza processo.

Come può uno stato che si dichiara un’oasi di democrazia e che sostiene che i suoi tribunali e il suo apparato di sicurezza funzionano secondo la legge, accettare l’esistenza delle cosiddette bande del “cartellino del prezzo” e di altre organizzazioni terroristiche che spargono il panico tra la nostra gente, nelle loro proprietà e nei loro luoghi sacri, e tutto questo sotto lo sguardo dell’esercito e della polizia israeliana che non li dissuade e non li punisce, ma anzi li protegge?

Signor Presidente, Signore e Signori,

Non è forse ora di metter fine a questa ingiustizia? Non è ora di interrompere queste sofferenze? Non è ora di smantellare il muro razzista di annessione? Non è ora di eliminare gli umilianti e degradanti posti di blocco e le barriere che le forze di occupazione di Israele hanno installato nella nostra terra, di togliere il blocco israeliano sulla Striscia di Gaza e di lasciare che il nostro popolo si possa muovere in piena libertà e dignità sulla sua terra e fuori di essa? Non è ora di porre fine alla colonizzazione razzista e terrorista della nostra terra, che rende inoltre impossibile la soluzione dei due stati? Non è ora che i seimila prigionieri e detenuti palestinesi nelle carceri israeliane rivedano la luce della libertà e possano vivere nelle loro famiglie e nelle loro comunità? Non è ora che la più lunga occupazione della storia, che soffoca il nostro popolo, finisca una buona volta?

Signor Presidente, Signore e Signori,

Malgrado tutti gli ostacoli imposti dall’occupazione, a partire dalla creazione dell’Autorità Nazionale Palestinese fino ad oggi, noi abbiamo lavorato incessantemente per gettare le fondamenta del nostro stato, le sue sovrastrutture e le sue istituzioni nazionali sovrane. Abbiamo fatto progressi reali sul terreno, come confermato da varie agenzie internazionali, in particolare l’ONU, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Continueremo i nostri sforzi e il nostro lavoro, con l’aiuto dei nostri fratelli e dei nostri amici, per rafforzare il nostro Stato che punta agli standard internazionali, allo stato di diritto e alla trasparenza come uno stato moderno e democratico. In questo contesto, apprezziamo molto gli sforzi dell’AHLC [Ad-Hoc Liaison Committee] sotto la presidenza della Norvegia, ed esortiamo i paesi donatori affinché continuino ad adoperarsi per ottenere una vita migliore per il nostro popolo e per aiutarci a sviluppare le istituzioni nazionali.

In questo contesto, la nostra partecipazione a organizzazioni e accordi internazionali non è diretta contro nessuno, ma intende piuttosto a salvaguardare i nostri diritti, proteggere il nostro popolo, armonizzare leggi e regolamenti del nostro paese agli standard internazionali, e rafforzare sul piano internazionale il suo prestigio e la sua identità.

Per quanto riguarda la situazione interna palestinese, noi siamo decisi a preservare l’unità della nostra terra e del nostro popolo. Non accetteremo soluzioni transitorie o frammentazioni dello stato. Noi miriamo alla formazione di un governo di unità nazionale che funzioni secondo il programma dell’OLP e miriamo a tenere elezioni presidenziali e legislative.

Signor Presidente, Signore e Signori,

La Palestina è terra di santità e di pace. È il luogo di nascita di Cristo, messaggero di amore e di pace, ed è il luogo dell’Isra’ e del Mi’raj (ascensione al cielo e viaggio notturno) di Maometto, sia pace a lui, che fu mandato come una benedizione al mondo. Questa è la Palestina, che sta ancora cercando la pace mentre il suo popolo vuol vivere nella sua terra in sicurezza, tranquillità, armonia, stabilità e buona vicinanza con tutti i popoli e tutti i paesi della regione. Tutto ciò è testimoniato dai contributi culturali, umanitari e spirituali che il nostro popolo ha dato fin dall’inizio all’umanità.

Recentemente, il 17 maggio 2015, due suore palestinesi, Alphonsine Ghattas e Mariam Baouardy, sono state canonizzate come sante da Sua Santità papa Francesco in Vaticano, alla presenza di decine di migliaia di fedeli da tutto il mondo. La bandiera della Palestina è stata issata al Vaticano, riconoscendo così lo Stato di Palestina, come attestato nell’accordo firmato tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina.

La nostra aspirazione è che un giorno lo Stato indipendente di Palestina prenda il posto che gli spetta nella comunità delle nazioni, e siamo sicuri che esso contribuirà attivamente a raggiungere una civiltà avanzata dal punto di vista economico, culturale e umanitario, con ricadute positive sul nostro popolo, sulla regione e sul mondo.

È dalla Palestina, e con la Palestina, che si raggiungerà la pace.

Desidero esprimere qui, a nome del nostro popolo, la più profonda gratitudine verso i paesi che hanno votato a favore della risoluzione che ci permette oggi di issare la bandiera dello Stato di Palestina nella sede centrale delle Nazioni Unite. Non è lontano il giorno in cui isseremo la bandiera della Palestina a Gerusalemme Est, la capitale dello Stato di Palestina.

Voglio anche rendere omaggio alle recenti decisioni di quei parlamenti europei che hanno chiaramente condannato le attività e i prodotti degli insediamenti israeliani ed hanno affermato il diritto del popolo palestinese alla sovranità e all’indipendenza in un loro stato a fianco dello Stato di Israele, e che hanno anche istituito un comitato per i rapporti con la Palestina.

Signor Presidente, Signore e Signori,

Diversi paesi e parlamenti europei hanno anche dichiarato di riconoscere lo Stato di Palestina, riaffermando il nostro diritto naturale all’indipendenza. A questo proposito, ringraziamo il Regno di Svezia per il suo coraggio nel riconoscere lo Stato di Palestina. Infatti i paesi che affermano di appoggiare la soluzione dei due stati, devono riconoscere due stati, non solo uno.

Oggi faccio appello a quei paesi che non hanno ancora riconosciuto lo Stato di Palestina, affinché lo facciano.

Siamo fiduciosi che lo faranno, credendo nella giustizia dovuta al nostro popolo e alla sua causa.

Da questo podio alle Nazioni Unite e in questo periodo di festività religiose, voglio anche estendere un sincero appello al popolo di Israele per una pace basata sulla giustizia, la sicurezza e la stabilità per tutti. Rivolgo ancora una volta un sincero appello al Consiglio di Sicurezza e all’Assemblea Generale perché facciano fronte alle proprie responsabilità, prima che sia troppo tardi e prima che ogni possibilità di pace sia perduta.

Eccellenze, Signore e Signori,

Tutti voi sapete che Israele ha sabotato gli sforzi fatti negli ultimi anni dall’amministrazione del Presidente Barack Obama e più recentemente gli sforzi del Segretario di Stato John Kerry che erano tesi a raggiungere un accordo di pace per mezzo di negoziati. Le politiche e i comportamenti del governo israeliano, oltre alle posizioni prese dal suo Primo Ministro e dagli altri ministri, portano a una chiara conclusione: stanno lavorando con molta forza per distruggere la soluzione dei due stati a cui noi miriamo in base alle risoluzioni di legalità internazionale.

Eccellenze, Signore e Signori,

Noi accogliamo con favore gli sforzi internazionali ed europei, tra cui l’iniziativa della Francia che chiede la formazione di un gruppo internazionale di supporto per il raggiungimento della pace. Nella loro recente riunione al vertice, gli stati arabi hanno confermato il loro appoggio a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che riaffermi quali sono i chiari parametri per una soluzione pacifica, in conformità con la soluzione dei due stati basata sui confini pre-1967, e che ponga un tempo limite per la fine dell’occupazione. Non c’è più motivo di perder tempo in negoziati fatti tanto per negoziare; quello che occorre è una mobilitazione degli sforzi internazionali per gestire una fine dell’occupazione che sia in linea con le risoluzioni di legalità internazionale. Fino a quel momento, chiedo alle Nazioni Unite di fornire protezione internazionale al popolo palestinese secondo le leggi umanitarie internazionali.

Signor Presidente, Eccellenze, Signore e Signori,

Abbiamo cercato di imporre a Israele l’attuazione degli accordi sottoscritti, e nuovi negoziati basati sulla soluzione dei due stati; lo abbiamo fatto mediante contatti diretti col governo di Israele e con la mediazione di Stati Uniti, Federazione Russa, Unione Europea e Nazioni Unite (i componenti del Quartetto) e altre parti. Ma il governo israeliano insiste nel portare avanti il sabotaggio della soluzione dei due stati e a consolidare due diversi regimi sul terreno: da una parte un regime di apartheid come quello che è attualmente imposto sul territorio dello Stato di Palestina e contro il popolo palestinese, e dall’altra parte un regime di privilegi e protezioni per i coloni israeliani.

Eccellenze, Signore e Signori,

Gli Accordi ad interim di Oslo, i loro annessi e gli accordi successivi firmati con Israele stabilivano che gli accordi sarebbero stati attuati entro cinque anni, terminando nel 1999 con la piena indipendenza dello Stato di Palestina e la fine dell’occupazione israeliana. Ma Israele ha interrotto il ritiro delle sue forze dalle aree classificate come “B” e “C” che rappresentano più del 60% del territorio della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Ha invece intensificato dappertutto le attività di insediamento. Da quando il Presidente Obama, nel suo discorso del 2009 al Cairo, richiese la fine delle attività di insediamento, il Governo di Israele ha aumentato gli insediamenti di almeno il 20%, violando così il suo impegno a non intraprendere illegalmente e unilateralmente nessuna azione che potesse pregiudicare la soluzione finale. Per di più, la potenza occupante ha ripetutamente sconfinato nelle aree classificate come “A”, che sono previste sotto la piena autorità della sicurezza palestinese e nelle quali abbiamo impiantato le istituzioni dello Stato di Palestina.

Allo stesso tempo, rifiutandosi di rivedere gli accordi economici che condizionano la possibilità dell’economia palestinese di svilupparsi in modo indipendente, Israele ha deciso di imporre la sua egemonia sul nostro sistema economico, così come fa con le strutture militari e della sicurezza, disconoscendo il diritto del popolo palestinese allo sviluppo e all’uso delle sue risorse naturali. In questo modo Israele ha distrutto i presupposti su cui si basano gli accordi di sicurezza, che sono stati inoltre messi a rischio dai vari governi israeliani con misure tese ad annullare la fase di transizione che doveva portare all’indipendenza del nostro Stato, ed ha commesso gravi violazioni che hanno reso insostenibile la situazione.

Quindi noi dichiariamo che, fintanto che Israele rifiuta di rispettare gli accordi sottoscritti con noi, ciò che ci rende un’autorità senza veri poteri, e fintanto che Israele si rifiuta di cessare le attività di insediamento e di liberare il quarto gruppo di prigionieri palestinesi secondo gli accordi presi, non abbiamo altra scelta che ribadire ancora una volta che noi non rimarremo i soli a impegnarci nell’attuazione degli accordi, mentre Israele li viola continuamente. Dichiariamo quindi che non possiamo continuare a sentirci vincolati da questi accordi e che Israele si deve assumere tutte le sue responsabilità di potenza occupante, perché lo status quo non può continuare e le decisioni del marzo scorso del Comitato Centrale Palestinese sono chiare e vincolanti.

Eccellenze, Signore e Signori,

Lo Stato di Palestina, che si trova entro i confini del 4 giugno 1967 ed ha la sua capitale a Gerusalemme Est, è uno stato sotto occupazione, come era il caso per molti paesi durante la II Guerra Mondiale. Il nostro Stato è riconosciuto da 137 paesi nel mondo e il diritto del nostro popolo all’autodeterminazione, alla libertà e all’indipendenza è universalmente riconosciuto come inalienabile e indiscutibile.

Ricordo inoltre la risoluzione 67119 del 2011 dell’Assemblea Generale che ha concesso alla Palestina la condizione di Stato Osservatore, ha riaffermato che il Comitato Esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina è il governo ad interim dello Stato di Palestina e che il Consiglio Nazionale Palestinese è il parlamento dello Stato di Palestina.

Devo ribadirlo: la condizione attuale è insostenibile. Il nostro popolo ha bisogno di una speranza autentica ed ha bisogno di vedere che siano fatti sforzi credibili per porre fine a questo conflitto, porre fine alle sue pene e realizzare i suoi diritti. Cominceremo ad applicare questa dichiarazione con tutti i mezzi pacifici e legali. O l’Autorità Nazionale Palestinese sarà il canale attraverso il quale il popolo palestinese passerà dall’occupazione all’indipendenza, oppure Israele, la potenza occupante, dovrà prendersi tutte le sue responsabilità.

Al tempo stesso, sulla base del nostro rispetto per i principi della legge internazionale, lo Stato di Palestina continuerà i suoi sforzi per accedere ad accordi e organizzazioni internazionali e andrà avanti in difesa del suo popolo sotto occupazione, usando tutti i mezzi legali e pacifici disponibili, agendo tra l’altro come Alta Parte Contraente della Convenzione di Ginevra del 1949 e come Stato Membro dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. Chi teme la legge internazionale e i tribunali internazionali deve smettere di commettere ogni crimine.

Signor Presidente, Eccellenze, Signore e Signori,

Le mie mani rimangono tese verso una giusta pace che possa garantire i diritti del mio popolo, libertà e dignità. Voglio dire ai nostri vicini, al popolo di Israele, che la pace è nel loro interesse, nel nostro interesse e nell’interesse delle nostre future generazioni. Una visione miope porta alla distruzione. Spero che valuterete la pericolosa realtà che è sul terreno, guarderete al futuro e consentirete al popolo palestinese quello che consentite a voi stessi. Allora vi renderete conto che raggiungere la pace è possibile e godrete di tranquillità, sicurezza, pace e stabilità. Queste sono le stesse aspirazioni che noi abbiamo per il popolo palestinese.

Grazie per la vostra attenzione.

Che la pace, la grazia e la benedizione di Dio siano con voi.

 

Per valutare le novità (e le ripetizioni) dell’ultimo discorso (2015) di Mahmoud Abbas all’ONU, è interessante confrontarlo con un precedente discorso (2011) nella stessa sede.

DISCORSO DI ABBAS ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE

DEL 23 SETTEMBRE 2011

Signor Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite,

Signor Segretario Generale delle Nazioni Unite,

Eccellenze,

Signore e Signori,

Innanzitutto desidero congratularmi con Sua Eccellenza Nassir Abdulaziz Al-Nasser che presiede questa sessione dell’Assemblea e porgergli i miei auguri. Colgo l’occasione che oggi mi si offre per fare le più sincere congratulazioni, da parte dell’ Organizzazione per la Liberazione della Palestina e del popolo palestinese, al governo e al popolo del Sud Sudan per la meritata ammissione come membro effettivo delle Nazioni Unite e augurare loro prosperità e progresso.

Mi congratulo inoltre con Sua Eccellenza Ban Ki-moon per la sua riconferma alla guida delle Nazioni Unite. Questa rinnovata fiducia rispecchia l’apprezzamento del mondo intero per gli sforzi da lui compiuti, intesi a rafforzare il ruolo delle Nazioni Unite.

Eccellenze

Signore e Signori,

La questione palestinese è legata in modo complesso alle Nazioni Unite, per le risoluzioni adottate da vari organi e agenzie di questa organizzazione e per il ruolo essenziale ed encomiabile svolto dall’ UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) che rappresenta l’assunzione internazionale di responsabilità nei confronti dei rifugiati palestinesi vittime della Nakba (Catastrofe) del 1948.

Noi desideriamo e chiediamo un ruolo maggiore e più efficace delle Nazioni Unite per portare nella nostra regione una pace che sia giusta e completa e garantisca i legittimi e inalienabili diritti del popolo palestinese, così come vengono definiti dalle risoluzioni di legittimità internazionale delle Nazioni Unite.

Eccellenze

Signore e Signori,

Esattamente un anno fa alcuni illustri leader affrontavano in quest’aula il problema dello stallo negli sforzi per portare la pace nel nostro paese. Tutti speravano che ci sarebbe stato un round finale di negoziati, iniziati a Washington ai primi di settembre sotto l’auspicio diretto del presidente Barack Obama e con la partecipazione del Quartetto per il Medio Oriente nonché di Egitto e Giordania, che avrebbe permesso di raggiungere un accordo di pace entro un anno. Noi abbiamo preso parte a quei negoziati con cuore aperto, orecchie attente e intenzioni sincere, ed eravamo pronti con i nostri documenti, le nostre carte e le nostre proposte. Ma i negoziati si sono interrotti dopo poche settimane.

Nonostante ciò, non ci siamo arresi e non abbiamo smesso i nostri sforzi per stabilire contatti e prendere iniziative. Durante questo ultimo anno abbiamo bussato a tutte le porte, non abbiamo lasciato intentata alcuna strada, alcun canale, ci siamo rivolti a tutti i gruppi ufficiali o informali di qualche importanza o influenza. Abbiamo preso in seria considerazione tutte le idee, le proposte e le iniziative avanzate da vari gruppi e paesi. Ma tutti questi sforzi sinceri e i tentativi messi in atto dalle organizzazioni internazionali sono stati ripetutamente distrutti dalle prese di posizione del governo israeliano, che hanno rapidamente stroncato le speranze nate durante i negoziati di settembre.

Il problema essenziale consiste nel rifiuto di Israele di attenersi, nell’ambito dei negoziati, al mandato che si basa sulle leggi internazionali e sulle risoluzioni ONU, ed è anche dovuto alla continua spasmodica costruzione da parte dello stesso Israele di nuovi insediamenti nei territori dello Stato di Palestina. Le attività di insediamento con tutta la brutalità dell’aggressione e della discriminazione razziale esercitata nei confronti del nostro popolo, sono il fondamento della politica coloniale di occupazione militare dei territori del popolo palestinese .

Questa politica, che disattende le leggi umanitarie internazionali e le risoluzioni dell’ONU, è la causa principale del fallimento del processo di pace e del crollo di dozzine di opportunità, e affossa le grandi speranze nate dopo la firma nel 1993 della Dichiarazione dei Principi fra l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e Israele per raggiungere una pace giusta, che avrebbe segnato l’inizio di una nuova era nella nostra regione.

I rapporti delle missioni delle Nazioni Unite, nonché quelli di diverse istituzioni israeliane e di gruppi della società civile, trasmettono un quadro raccapricciante delle dimensioni della campagna degli insediamenti, di cui il governo israeliano non esita a vantarsi e che continua a mettere in atto attraverso la confisca sistematica delle terre dei Palestinesi e la costruzione di migliaia di nuove unità abitative in Cisgiordania, in particolare a Gerusalemme Est; si assiste inoltre a una accelerazione nella costruzione del muro che divora vasti tratti della nostra terra, dividendola e creando isole e cantoni separati gli uni dagli altri, distruggendo la vita delle famiglie e delle comunità e sottraendo i mezzi di sostentamento a decine di migliaia di famiglie. La potenza occupante inoltre continua a rifiutare alla nostra gente i permessi per costruire nella Gerusalemme Est occupata e contemporaneamente intensifica la pluridecennale campagna di demolizione e confisca delle case, esiliando i proprietari e i residenti palestinesi con una vasta e articolata politica di pulizia etnica tesa a scacciarli dalla terra dei loro avi. Inoltre, sono state emesse ordinanze per espellere da Gerusalemme alcuni rappresentanti eletti dalla comunità. La potenza occupante continua a portare avanti scavi che minacciano i nostri luoghi sacri, i posti di blocco dell’esercito impediscono ai nostri cittadini l’accesso a chiese e moschee e continua l’assedio della Città Santa con [la costruzione di] una cerchia di insediamenti tesi a separarla dalle altre città della Palestina.

L’occupazione continua, in una gara contro il tempo, a ridisegnare a suo piacimento i confini sulla nostra terra e a mettere tutti di fronte ad un fatto compiuto sul terreno, che cambia sostanzialmente la realtà e che sta minando la possibilità stessa di esistere per lo Stato di Palestina.

Intanto la potenza occupante continua a imporre il blocco della Striscia di Gaza e a prender di mira i civili palestinesi con assassinii, raid aerei e fuoco d’artiglieria, di fatto continuando la guerra d’aggressione a Gaza di tre anni fa, che ha prodotto la distruzione massiccia di case, scuole, ospedali e moschee e migliaia di vittime e di feriti.

La potenza occupante inoltre continua le incursioni nel territorio dell’Autorità Nazionale Palestinese con raid, arresti e uccisioni ai check-point. Negli ultimi anni le azioni criminali delle milizie armate dei coloni, che godono della speciale protezione dell’esercito occupante, sono diventate più intense, i coloni hanno perpetrato attacchi frequenti contro il nostro popolo colpendone le case, le scuole, le università, le moschee, i campi, i raccolti e gli alberi. Nonostante le nostre ripetute segnalazioni, la potenza occupante non ha fatto nulla per arginare questi attacchi e perciò la riteniamo direttamente responsabile dei crimini commessi dai coloni.

Questi sono solo alcuni esempi della politica di occupazione coloniale e tale politica è responsabile dei fallimenti a cui sono andati incontro gli innumerevoli sforzi internazionali volti a salvare il processo di pace.

Questa politica distruggerà ogni possibilità di realizzare la soluzione dei “due stati”, su cui c’è un consenso internazionale; e io qui voglio denunciare a gran voce che la politica degli insediamenti minaccia di compromettere la struttura stessa dell’Autorità Nazionale Palestinese e perfino di causarne il crollo.

Come se ciò non bastasse, noi ora ci vediamo imporre nuove condizioni, mai avanzate prima d’ora, condizioni che trasformeranno il conflitto che ora infiamma la nostra regione in un conflitto religioso e in una minaccia per il futuro di un milione e mezzo di cristiani e musulmani palestinesi, cittadini di Israele; una disputa che noi rifiutiamo e in cui non possiamo venire implicati a forza.

Tutte queste azioni, intraprese da Israele nel nostro paese sono azioni unilaterali, non sono basate su alcun accordo precedente fra le parti. Per la verità noi ci troviamo davanti ad una applicazione selettiva degli accordi, tesa a perpetuare l’occupazione. Israele ha rioccupato le città della Cisgiordania e ristabilito l’occupazione civile e militare dell’area con un’azione unilaterale e decide di fatto se un cittadino palestinese ha o meno il diritto di risiedere in una qualsiasi parte del territorio palestinese. Sta confiscando le nostre terre e la nostra acqua e ostacola la nostra mobilità e la mobilità delle merci. Israele ostacola i nostri destini. E tutto ciò avviene in modo unilaterale.

Eccellenze

Signore e Signori,

Nel 1974 il nostro defunto leader Yasser Arafat venne in quest’aula per ribadire ai membri dell’Assemblea Generale la nostra volontà di perseguire la pace e sollecitò le Nazioni Unite ad adoperarsi per assicurare al popolo palestinese l’inalienabile diritto ad essere nazione, dicendo: ‘Non lasciate cadere il ramoscello d’ulivo che è nella mia mano’.

Nel 1988 il Presidente Arafat parlò di nuovo all’Assemblea Generale riunitasi a Ginevra e presentò il programma di pace palestinese approvato dal Consiglio Nazionale Palestinese nella sessione tenuta quello stesso anno in Algeria.

Quando approvammo quel programma, compimmo un passo difficile e doloroso per tutti noi, specialmente per quelli che, come me erano stati costretti a lasciare le loro abitazioni, le città e i villaggi portando con sé solo pochi oggetti, il proprio dolore, i propri ricordi e le chiavi delle loro case nei campi profughi e nella diaspora nella Nakba del 1948, una delle peggiori operazioni di sradicamento, distruzione e dispersione di una società coesa e piena di vita, che aveva avuto un ruolo innovativo e trainante nella rinascita culturale, educativa ed economica del Medio Oriente arabo.

Tuttavia, poiché crediamo nella pace e nella legalità internazionale, avemmo il coraggio di prendere decisioni difficili in nome del nostro popolo e, in assenza di una giustizia assoluta, scegliemmo la via di una giustizia relativa – una giustizia possibile, che potesse in parte correggere le ingiustizie storicamente compiute nei confronti del nostro popolo. Perciò acconsentimmo a stabilire i confini dello stato di Palestina entro il solo 22 % del territorio della Palestina storica – su tutto il territorio palestinese occupato da Israele nel 1967.

Con questo passo di portata storica, accolto con grande favore dalle nazioni di tutto il mondo, accettammo di fare una grande concessione con l’obiettivo di raggiungere un compromesso di storica importanza che avrebbe permesso di ristabilire la pace nella terra della pace.

Negli anni che seguirono, dalla conferenza di Madrid ai negoziati di Washington, per arrivare agli accordi di Oslo, firmati 18 anni fa nei giardini della Casa Bianca e collegati a lettere di mutuo riconoscimento fra OLP e Israele, noi perseverammo nell’aderire responsabilmente ad ogni sforzo che mirasse ad ottenere un trattato di pace durevole. Tuttavia, come ho già detto, ogni iniziativa, ogni conferenza, ogni nuovo giro di negoziati e ogni azione si infranse sullo scoglio del progetto israeliano di espandere gli insediamenti.

Eccellenze,

Signore e Signori,

In nome dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, solo e legittimo rappresentante del popolo Palestinese, che tale rimarrà fino alla fine del conflitto e alla risoluzione di tutte le questioni che riguardano l’assetto finale, confermo quanto segue:

  1. L’obiettivo del popolo palestinese è quello di ottenere gli inalienabili diritti a una nazione nel suo stato indipendente di Palestina, con capitale Gerusalemme Est, che comprenda tutto il territorio della Cisgiordania che è stato occupato da Israele nella guerra del 1967, incluse Gerusalemme Est e la striscia di Gaza, secondo le risoluzioni di legittimità internazionale e con il raggiungimento di un accordo equo e condiviso sul problema dei rifugiati secondo la risoluzione 194, come stabilito dall’Iniziativa Araba di Pace, che rappresenta il sentire comune del mondo arabo per risolvere il nocciolo della questione israelo-palestinese e giungere ad una pace giusta e completa. A questi principi noi aderiamo e lavoriamo perché siano raggiunti. Per raggiungere questa pace tanto desiderata è necessario anche il rilascio dei prigionieri politici detenuti nelle carceri israeliane.
  2. L’OLP e il popolo palestinese riaffermano la rinuncia alla violenza, rifiutano e condannano il terrorismo in tutte le sue forme, in particolare il terrorismo di Stato, e aderiscono a tutti gli accordi firmati tra l’OLP e Israele.
  3. Noi scegliamo l’opzione di negoziare una soluzione duratura del conflitto in linea con le risoluzioni di legittimità internazionali. In questa sede, dichiaro che l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina è pronta a ritornare immediatamente al tavolo delle trattative sulla base, del mandato approvato che si fonda sulla legittimità internazionale e sulla totale cessazione delle attività di insediamento.
  4. Il nostro popolo proseguirà nella sua resistenza popolare pacifica all’occupazione israeliana, alle politiche di apartheid e di insediamento e alla costruzione del Muro razzista di annessione. Il nostro popolo viene appoggiato nella sua resistenza, che è coerente con il diritto umanitario internazionale e le convenzioni internazionali e che gode del supporto degli attivisti per la pace israeliani e di tutto il mondo, rispecchiando in maniera straordinaria, coraggiosa e ispiratrice la forza di questo popolo privo di difese, armato soltanto dei suoi sogni, del suo coraggio, della sua speranza e dei suoi slogan, di fronte a pallottole, carri armati, gas lacrimogeni e bulldozer.
  5. Portando il nostro disagio e il nostro caso su questo podio internazionale, confermiamo la nostra fiducia nell’opzione politica e diplomatica e il nostro impegno a non intraprendere passi unilaterali. I nostri sforzi non sono volti a isolare Israele o a delegittimarlo, ma a far guadagnare legittimità alla causa del popolo di Palestina. Quello che vogliamo delegittimare sono solo le attività di insediamento, l’occupazione, l’apartheid e la logica della forza bruta, e crediamo che tutti i paesi del mondo siano con noi a tal riguardo.

Oggi sono qui per dire a nome del popolo palestinese e dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina: noi tendiamo la mano al governo israeliano e al popolo israeliano per costruire la pace. Dico loro: costruiamo insieme, con urgenza, un futuro in cui i nostri figli possano vivere in libertà, sicurezza e prosperità. Costruiamo ponti di dialogo invece di posti di blocco e muri di separazione, costruiamo relazioni di cooperazione basate sulla parità e l’equità tra due Stati confinanti – Palestina ed Israele – invece di politiche di occupazione, insediamenti, guerra ed eliminazione dell’altro.

Eccellenze,

Signore e signori,

Nonostante l’incontestabile diritto del nostro popolo all’autodeterminazione e all’indipendenza del nostro Stato, come sancito nelle risoluzioni internazionali, abbiamo accettato negli scorsi anni di impegnarci in quello che sembrava essere un test di rispettabilità, titolarità e ammissibilità. Negli ultimi due anni la nostra Autorità nazionale ha attuato un programma di rafforzamento delle nostre istituzioni statali. Nonostante la situazione straordinaria e gli ostacoli imposti da Israele, è stato avviato un serio e vasto progetto che prevedeva l’attuazione di piani volti a potenziare e migliorare il sistema giudiziario e l’apparato per il mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza, per sviluppare i sistemi amministrativi, finanziari e di vigilanza, per migliorare le prestazioni delle istituzioni e per accrescere l’autosufficienza in modo da ridurre il bisogno di aiuti esterni. Con il sostegno dei paesi arabi e dei donatori di paesi amici, a cui va la nostra gratitudine, sono stati realizzati una serie di grandi progetti infrastrutturali, incentrati sui vari aspetti dei servizi, prestando particolare attenzione alle zone rurali e marginalizzate.

Nel corso di questo massiccio progetto nazionale abbiamo rafforzato quelle che vogliamo siano le caratteristiche del nostro Stato: dalla salvaguardia della sicurezza per i cittadini e dell’ordine pubblico alla promozione dell’autorità giudiziaria e dello Stato di diritto; dal rafforzamento del ruolo delle donne attraverso norme, leggi e partecipazione, alla protezione delle libertà pubbliche e al potenziamento del ruolo delle istituzioni della società civile; dall’istituzionalizzazione di norme e regolamenti per assicurare la responsabilità e la trasparenza nell’operato dei nostri Ministeri e Dipartimenti, al radicamento dei pilastri della democrazia come fondamento della vita politica palestinese.

Quando la divisione colpì l’unità della nostra terra, del nostro popolo e delle nostre istituzioni, ci siamo dimostrati determinati ad adottare il dialogo per ristabilire la nostra unità. Alcuni mesi fa siamo riusciti a conseguire la riconciliazione nazionale e speriamo in una sua rapida attuazione nelle prossime settimane. La pietra miliare di tale riconciliazione è stata la decisione di rivolgersi al popolo attraverso elezioni legislative e presidenziali entro un anno, perché lo Stato che vogliamo sarà caratterizzato dallo Stato di diritto, dall’esercizio democratico e dalla tutela delle libertà e dell’uguaglianza di tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione, con il conferimento del potere attraverso le urne.

Le relazioni elaborate di recente dalle Nazioni Unite, dalla Banca Mondiale, dal Comitato di Collegamento ad hoc (AHLC) e dal Fondo Monetario Internazionale confermano ed elogiano quanto realizzato, considerandolo come un modello straordinario e senza precedenti. La conclusione consensuale dell’AHLC pubblicata alcuni giorni fa ha descritto quanto è stato compiuto come “un’eccezionale storia di successo internazionale”, confermando che il popolo palestinese e le sue istituzioni sono pronti per l’indipendenza immediata dello Stato di Palestina.

Eccellenze,

Signore e signori,

Non è più possibile affrontare la questione del blocco dei colloqui di pace con gli stessi mezzi e gli stessi metodi che sono stati provati ripetutamente e che si sono dimostrati inefficaci negli scorsi anni. La crisi è troppo profonda per essere trascurata, e ancora più pericolosi sono i tentativi di eluderla semplicemente o di procrastinarne l’esplosione.

Non è né possibile né realistico, e nemmeno accettabile, continuare a far finta di niente, come se tutto andasse bene. Ed è inutile avviare trattative senza parametri chiari e in assenza di credibilità e di un calendario specifico. I negoziati non avranno senso fino a quando le forze di occupazione sul territorio continueranno a radicare la propria occupazione, invece di farla rientrare, e continueranno a cambiare la demografia del nostro paese per creare una nuova base su cui alterare i confini.

Eccellenze,

Signore e signori,

È il momento della verità, e il mio popolo è in attesa di sentire la risposta del mondo. Si permetterà a Israele di continuare la sua occupazione, l’unica occupazione al mondo? Si permetterà a Israele di continuare a essere uno Stato al di sopra della legge e della responsabilità? Si permetterà a Israele di continuare a respingere le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e della Corte Internazionale di Giustizia, nonché le posizioni della stragrande maggioranza di paesi del mondo?

Eccellenze,

Signore e signori,

Sono venuto qui davanti a voi, oggi, dalla Terra Santa, la Terra di Palestina, la Terra della parola di Dio, dell’ascensione del profeta Maometto (pace su di lui) e luogo di nascita di Gesù Cristo (pace su di lui) per parlare a nome del popolo palestinese, in patria e in diaspora, per dire, dopo 63 anni di sofferenze inflitte da una Nakba che continua: Adesso basta.

È ora che il popolo palestinese ottenga la sua libertà e indipendenza.

È ora di porre fine alle sofferenze e alla disperazione di milioni di profughi palestinesi in patria e in diaspora, di porre fine al loro sradicamento e di far valere i loro diritti. Alcuni di loro sono stati costretti a cercare rifugio più di una volta in posti diversi nel mondo.

In un momento in cui i popoli arabi affermano il loro anelito di democrazia (la Primavera araba) è giunta l’ora di una Primavera palestinese, il momento dell’indipendenza.

È ora che i nostri uomini, le nostre donne e i nostri bambini possano vivere una vita normale, possano andare a dormire senza temere che il domani abbia qualcosa di peggio in serbo; è ora che tutte le madri siano rassicurate sul ritorno a casa dei loro figli, senza la paura di dover subire uccisioni, arresti o umiliazioni; che gli studenti possano andare a scuola o all’università senza che i checkpoint intralcino il loro percorso.

È giunto il momento che i malati possano raggiungere gli ospedali senza problemi e che i nostri agricoltori possano occuparsi della loro buona terra senza temere che l’occupazione confischi loro il terreno e l’acqua, a cui il muro impedisce di accedere, e senza paura dei coloni, per i quali vengono costruiti insediamenti sulla nostra terra e che sradicano e bruciano i nostri ulivi, che esistono da centinaia di anni.

È giunto il momento che le migliaia di prigionieri siano rilasciati dalle carceri e possano tornare alle loro famiglie e ai loro figli per partecipare alla costruzione della loro patria, per la cui libertà si sono sacrificati.

Il mio popolo desidera esercitare il proprio diritto a vivere una vita normale come il resto degli esseri umani. Il popolo palestinese crede nelle parole del grande poeta Mahmoud Darwish: Standing here, staying here, permanent here, eternal here, and we have one goal, one, one: to be.

(Stare qui, rimanere qui, sempre qui, in eterno. Abbiamo un obiettivo, uno, uno solo: essere).

Eccellenze,

Signore e Signori,

Apprezziamo e stimiamo profondamente la posizione di tutti gli Stati che hanno sostenuto la nostra lotta e i nostri diritti e che hanno riconosciuto lo Stato di Palestina a seguito della Dichiarazione di Indipendenza nel 1988, così come i Paesi che hanno recentemente riconosciuto lo Stato di Palestina e quelli che hanno aumentato il livello di rappresentanza della Palestina nelle loro capitali.

Sono lieto che il Segretario Generale abbia detto alcuni giorni fa che lo Stato di Palestina avrebbe dovuto essere istituito già anni fa. Vi assicuro che questo vostro sostegno ha più valore di quanto immaginiate per il nostro popolo, perché gli fa sentire che qualcuno sta ascoltando la sua storia e che la tragedia e gli orrori della Nakba e dell’occupazione, che hanno inflitto loro tali sofferenze, non sono ignorate dal mondo.

E ciò rafforza la speranza, che nasce dalla convinzione che la giustizia sia possibile in questo mondo. La perdita della speranza è un acerrimo nemico della pace e la disperazione è il più forte alleato dell’estremismo.

Io dico: È venuta l’ora per il mio popolo, impavido e orgoglioso, dopo decenni di sfollamenti, di occupazione coloniale e di incessanti sofferenze, di vivere come gli altri popoli della terra, liberi in una patria sovrana e indipendente.

Eccellenze,
Signore e Signori,

Vi informo che, prima di rilasciare questa dichiarazione, nella mia funzione di Presidente dello Stato di Palestina e di Presidente del Comitato Esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ho presentato a sua Eccellenza l’Onorevole Sig. Ban Ki-Moon, Segretario Generale della Nazioni Unite, una domanda di adesione a pieno titolo della Palestina alle Nazioni Unite, sulla base dei confini del 4 giugno 1967, con Al-Quds Al-Sharif [Gerusalemme, ndt] come sua capitale.

Mi rivolgo al Segretario Generale affinché faciliti la trasmissione della nostra richiesta al Consiglio di Sicurezza, e invito i distinti membri del Consiglio di Sicurezza a votare a favore della nostra piena adesione. Esorto inoltre gli Stati che non hanno ancora riconosciuto lo Stato di Palestina, a farlo.

Eccellenze,

Signore e Signori,
Il sostegno dei Paesi del mondo al nostro tenace impegno è una vittoria per la verità, la libertà, la giustizia, la legge e la legalità internazionale e fornisce un supporto straordinario per l’opzione di pace, aumentando le possibilità che le trattative siano coronate da successo.

Eccellenze,

Signore e Signori,

Il vostro sostegno all’istituzione dello Stato di Palestina e alla sua adesione alle Nazioni Unite come membro a pieno diritto costituisce il più grande contributo alla pace in Terra Santa.

Grazie.

(traduz. di Nara Ronchetti e Diletta Pinochi)

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