Ilan Pappé: Un ospite che occupa la casa è un invasore

Feb 17, 2015 | Notizie

“Non importa se l’ospite sia una brava o una cattiva persona. Nel momento in cui si mette in testa che la casa in cui è ospitato è la sua casa, diventa un invasore” Così lo storico israeliano Ilan Pappé nel corso del suo intervento al convegno EUROPA E MEDIO ORIENTE:DIALOGHI CON ILAN PAPPE’, tenutosi a Roma il 16 febbraio

estratto video:  http://youtu.be/5gfSHNv-1Bk

“L’antisionismo non ha nulla che vedere con l’antisemitismo ma con l’anticolonialismo” – ha sottolineato il professore, docente di storia presso l’Università di Exeter (UK) – “di questo dovrebbero parlare gli accademici: di cose di cui è difficile parlare e non di cose di cui i politici vogliono che loro parlino. E se gli intellettuali non vogliono utilizzare i termini giusti per descrivere la realtà, non possiamo stupirci che non lo facciano i media e neppure i politici”

estratto video:   http://youtu.be/DEDIRqlhpQ8

All’incontro anche l’intervento di Moni Ovadia, artista, attore e cantante e intellettuale ebreo,che ha invitato a presentare una petizione al Presidente della Repubblica Mattarella per denunciare il divieto imposto ad Ilan Pappé di parlare all’Università di Roma Tre a causa del veto imposto dalla comunità ebraica. “Dobbiamo denunciare questa censura. Perché se non dai spazio al dialogo muore tutto e il dialogo è il confronto vibrante e vigoroso. Questo sedicente ‘sionismo’ – ha spiegato Ovadia – sta distruggendo l’animo più alto e più nobile della cultura dell’ebraismo”

estratto video:  http://youtu.be/d8ro2jrGXLQ

“Dobbiamo uscire dalla logica che accusa di essere antisemita chiunque voglia porre problemi sulla questione palestinese. Dobbiamo in modo perentorio e fermo rifiutare le accuse di antisemitismo, che sono solo uno strumento di aggressione per impedire la libertà del discorso. Dobbiamo denunciare questa censura”.”Grazie a Ilan Pappé ho avuto un ribattesimo”, ha detto ironizzando, “ero stato battezzato come ‘ebreo antisemita’ ho scoperto di essere solo un ‘ebreo anticolonialista’”
estratto video:  http://youtu.be/-C1Iklrmxbg
La Palestina espulsa
di Moni Ovadia
Il manifeseto 15 feb. 201\515
Un blackout della democrazia, quando si tappa la bocca a priori. Domani all’Università di Roma Tre si sarebbe dovuto tenere l’incontro «Europa e Medio Oriente oltre gli identitarismi», a cui avrebbero preso parte, oltre a me, la professoressa palestinese Ruba Saleh, l’ex vicepresidente del Parlamento Europeo Luisa Morgantini e lo storico israeliano Ilan Pappè. Pare che il rettore abbia negato la sala dietro presunte pressioni dell’ambasciata israeliana e della comunità ebraica romana. Ci siamo organizzati: si terrà al Centro Congressi Frentani. Ma ciò non intacca il mio profondo sgomento. Seppur non abbia le prove di tale censura preventiva, il divieto di parlare è una prassi troppo ricorrente. Pappè è ospite in un paese che si millanta democratico. Ma è da lungo tempo che una parte delle comunità ebraiche ritiene che non si debba nemmeno trattare la questione palestinese. Qualsiasi che sia il comportamento del governo o dell’esercito israeliano, non ci si limita a negare il diritto di critica. Ci si spinge tanto oltre da anelare al silenzio totale. Nei grandi media la questione israelo- palestinese è off limits. C’è una censura comparabile solo a quella imposta dallo stalinismo e durante l’epoca fascista. La censura è tanto più grave perché viene compiuta per mano di un ateneo, luogo del sapere e del dibattito. Quanto accaduto è una catastrofe per la democrazia italiana, sì, per noi, ma anche per coloro che impongono il silenzio senza rendersi conto di censurare il pensiero prima che questo venga espresso. Negare la libertà di parola è l’anticamera della dittatura. Impedire a Pappè di dibattere all’università è il risultato di un cortocircuito psicopatologico che colpisce persone terrorizzate dal confronto e dall’opinione diversa. Temono il dibattito a prescindere e impongono una censura plumbea, colonna del pensiero fascista. Altro che cortina di ferro, questa è una cortina di titanio che danneggia, per primo, chi si erge a censore. Censura  chi ha paura.

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