Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi Occupati 18-24 novembre 2014

Dic 29, 2014 | Notizie, Rapporti Palestina OCHA

Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi Occupati

riguardante il periodo:   18 – 24 novembre 2014

ocha

Nota:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

ð  sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina:  http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti (in caso di discrepanze, fa testo la versione in lingua originale); nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Nella prima pagi-na viene presentato uno stringato riassunto degli eventi settimanali descritti nel Rapporto.

ð  sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

Riassunto

Cisgiordania

  • 5 israeliani uccisi e 12 feriti da due palestinesi all’interno di una sinagoga; gli autori uccisi sul luogo. L’episodio ha innescato scontri con le forze israeliane con 297 palestinesi feriti e 100 arresti, nonché altri 5 attacchi palestinesi contro coloni ed altri israeliani; negli ultimi 6 mesi 13 gli israeliani uccisi ed 108 i feriti.
  • Registrati 10 attacchi a palestinesi (un accoltellamento) da parte di coloni.
  • Un pastore palestinese ucciso da un ordigno inesploso.
  • Poliziotto israeliano incriminato per l’uccisione di un minore palestinese; le indagini spesso sono chiuse senza rinvio a giudizio.
  • Demolita la casa dei famigliari di un attentatore; già ordinata la demolizione per altri 4 casi simili. Emanati 22 ordini di demolizione e arresto lavori; 70 ordini di sfratto per case in costruzione su terra registrata da Israele come “terra di stato”.
  • Secondo l’ONU “le demolizioni si aggiungono alla disperazione delle persone che vivono sotto occupazione militare e gettano semi di odio e violenza”.
  • Un palestinese ucciso e due feriti in Aree ad Accesso Ristretto.
  • Valico di Erez: le forze israeliane interrogano per 6 ore e arrestano un palestinese in viaggio per cure mediche.
  • Un bambino è morto per le ferite riportate nel recente conflitto.
  • Impossibile andare in Egitto per 1.000 malati in condizioni precarie; per altrettanti impossibile rientrare in Gaza. Ancora bloccati 6.000 palestinesi al valico di Rafah, chiuso sul lato egiziano.
  • Israele autorizza 22 camion di merci ad uscire da Gaza verso la Cisgiordania.

Striscia di Gaza

Testo completo del Rapporto ONU-OCHAoPt

riguardante il periodo:  18 – 24 novembre 2014

Cisgiordania (West Bank)

Gerusalemme Ovest: cinque israeliani uccisi in un attacco compiuto da palestinesi

Il 18 novembre, in Gerusalemme Ovest, due palestinesi sono entrati in un sinagoga con una pistola ed un coltello ed hanno ucciso cinque israeliani, tra cui un poliziotto, e ne hanno ferito altri 12, tra cui un altro poliziotto.

Gli autori, in seguito identificati come due cugini residenti nel quartiere di Jabal Al Mukabbir di Gerusalemme Est, sono stati uccisi sul luogo in uno scontro a fuoco. Secondo i media palestinesi, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha rivendicato la responsabilità dell’attacco.

Questo incidente ha innescato una serie di attacchi israeliani contro palestinesi in Gerusalemme Est ed altri luoghi della Cisgiordania (vedi sezione violenza dei coloni), nonché indicazioni di nuove misure punitive, già attuate o previste dalle autorità israeliane con motivazioni di sicurezza e di deterrenza.

Inoltre, secondo fonti di stampa israeliane, durante la settimana, in Gerusalemme Est, ci sono stati altri cinque attacchi palestinesi contro coloni ed altri israeliani. Questi attacchi includono aver accoltellato e – in un caso, aver picchiato con un tondino di ferro – tre israeliani nella zona di At Tur e nella Città Vecchia di Gerusalemme Est; in aggiunta, sempre nella Città Vecchia di Gerusalemme, è stata ferita una guardia dell’insediamento, colpita da pezzi di vetro scagliati da palestinesi.

Gli attacchi di palestinesi della Cisgiordania contro gli israeliani, soprattutto a Gerusalemme Est ed Ovest, sono in aumento dal giugno 2014. Durante tale periodo (sei mesi circa), 13 israeliani, tra cui due membri delle forze di sicurezza, sono stati uccisi ed altri 108, tra cui 48 membri delle forze di sicurezza, sono stati feriti. Ciò a fronte di 4 uccisi e 209 feriti nei 17 mesi intercorrenti tra gennaio 2013 e maggio 2014.

297 civili palestinesi feriti, la maggioranza in Gerusalemme Est

Oltre ai due palestinesi uccisi nel contesto dell’attacco sopraccitato, le forze israeliane hanno ferito 297 palestinesi, tra cui 26 minori, in vari episodi e scontri avvenuti in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Il numero di feriti palestinesi è aumentato rispetto a quello della precedente settimana (212) ed è notevolmente al di sopra della media settimanale (115) dall’inizio del 2014.

Come nelle ultime settimane, la maggioranza dei ferimenti di palestinesi (272) si è verificata nel corso di molteplici proteste nel Governatorato di Gerusalemme, in particolare in Jabal al Mukabbir (89), Al ‘Ezariya (53), Silwan (29) e nel Campo profughi di Shu’fat (21).

La maggior parte degli scontri è originata dalle preoccupazioni palestinesi in merito a potenziali cambiamenti delle disposizioni riguardanti l’accesso alla Moschea di Al Aqsa ed alla imposizione di altre misure israeliane in Gerusalemme Est.

Un esteso scontro, connesso con tali motivazioni, si è verificato il 20 novembre, nella città di Al ‘Eizariya, appena fuori Gerusalemme Est, procurando lesioni a 53 palestinesi, di cui tre colpiti da proiettili di arma da fuoco, ed i restanti da gravi inalazioni di gas lacrimogeno e/o feriti da proiettili di gomma.

Anche la maggior parte degli arresti di palestinesi, 86 su un totale di 100, sono stati registrati nel Governatorato di Gerusalemme. Dall’inizio dell’anno, gli arresti di palestinesi nel Governatorato di Gerusalemme sono stati il 30% di quelli arrestati in tutta la Cisgiordania.

Ancora in questa settimana, il 23 novembre, un pastore palestinese 43enne è morto per le lesioni subite in precedenza nello stesso giorno, quando un ordigno (UXO) è esploso mentre pascolava le sue pecore in un’area dichiarata da Israele “zona per esercitazioni a fuoco”, ad ovest del villaggio di Bardala (Tubas), nel nord della Valle del Giordano. L’uomo era stato trasportato in un ospedale israeliano in elicottero dalle forze israeliane.

Poliziotto israeliano di frontiera incriminato per l’uccisione di un minorenne nel mese di maggio 2014

In questa settimana, secondo i media israeliani, le autorità israeliane hanno incriminato un poliziotto di frontiera per aver fatto fuoco ed ucciso un 17enne palestinese il 15 maggio 2014, durante una protesta.

Questo è il secondo caso di indagine sull’uccisione di un palestinese da parte delle forze israeliane che porta ad un procedimento penale, da quando, nell’aprile 2011, Israele ha avviato una nuova politica di indagini. Secondo questa politica, viene aperta una indagine penale in tutti i casi in cui un civile palestinese “non coinvolto” è stato ucciso dalle forze israeliane in Cisgiordania, a meno che l’episodio sia “avvenuto durante un’azione con chiari elementi di combattimento”. In grande maggioranza, tuttavia, tali indagini sono state chiuse senza rinvio a giudizio, o sono rimaste aperte.

Aumento della violenza dei coloni dopo l’attacco palestinese in Gerusalemme Ovest

In questa settimana sono stati registrati 11 episodi di violenza di coloni, tra cui sei casi in cui sono state causate lesioni a 14 palestinesi; sale così a 304, nel 2014, il numero di episodi in cui sono state causate lesioni a palestinesi o danni alle loro proprietà, rispetto ai 389 episodi dell’equivalente periodo nel 2013.

Durante la settimana, in separati episodi, sei palestinesi sono stati fisicamente aggrediti o accoltellati da gruppi di coloni ed altri israeliani, a quanto sembra per rappresaglia dopo l’attacco nella sinagoga. Cinque degli episodi sono avvenuti in Gerusalemme Est: un uomo accoltellato ed un altro picchiato nella zona di Bab Al Amud / Porta di Damasco; un 19enne aggredito nell’insediamento colonico di French Hill mentre tornava dal lavoro; una donna 57enne, aggredita in casa sua, a Silwan, il 23 novembre, da una donna colono israeliana, che ha fatto irruzione nell’abitazione e le ha spruzzato in faccia uno spray al peperoncino.

In un episodio, il 18 novembre, cinque palestinesi, tra cui tre minori, sono stati feriti da un gruppo di coloni che hanno scagliato pietre a studenti ed insegnanti della Scuola secondaria di Urif, innescando scontri nei pressi della scuola. Le forze israeliane sono intervenute lanciando gas lacrimogeni e sparando proiettili di gomma: due palestinesi sono stati feriti.

Inoltre, nei Governatorati di Betlemme, Hebron e Nablus, ci sono stati quattro episodi in cui coloni israeliani hanno lanciato pietre contro veicoli palestinesi e, in un altro episodio, contro case palestinesi. In un incidente, il 21 novembre, vicino alla città di Beit Ummar, in Hebron, coloni israeliani hanno aperto il fuoco verso veicoli palestinesi in transito.

In un altro incidente, il 20 novembre, due coloni israeliani armati, dopo essere entrati nel villaggio di Qusra (Nablus) ed aver attaccato case, sono stati bloccati dai palestinesi. I palestinesi hanno informato la DCO [Ufficio di Coordinamento Distrettuale] palestinese, ma le forze israeliane sono intervenute per liberare i coloni ed hanno sparato gas lacrimogeni verso la folla.

Coloni israeliani hanno anche organizzato varie manifestazioni e proteste, tra cui l’accensione di pneumatici nella città di Hebron e sullo svincolo di Huwwara (Nablus) e il blocco di un incrocio principale vicino a Betlemme (la rotonda di Gush Etzion) e l’ingresso della città di Beit Fajjar (Betlemme).

Continuano le demolizioni punitive: una casa distrutta e quattro a rischio imminente

In questa settimana, le autorità israeliane hanno demolito o confiscato quattro case palestinesi e consegnato ordini di demolizione ed ordini di arresto lavori contro 22 case e strutture in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est.

Il 19 novembre, nel quartiere Silwan di Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno demolito con l’esplosivo la casa della famiglia del 20enne palestinese che venne ucciso dalle forze israeliane dopo il suo attacco in una stazione della Metropolitana leggera in Gerusalemme Est, il 22 ottobre; nell’attacco morirono un neonato e una donna. La distruzione dell’appartamento, situato al quarto piano di un edificio di cinque piani, ha causato lo sfollamento di una famiglia di sette persone, tra cui tre minori, ed ha colpito 50 altri abitanti dell’edificio e causato danni a due veicoli. L’abitazione è stata distrutta nonostante che l’ordine punitivo consegnato dalle autorità israeliane disponesse non la distruzione, ma la sigillatura dell’appartamento.

Inoltre, durante la settimana, le autorità israeliane hanno consegnato quattro ordini di demolizione punitiva contro le case dei famigliari degli autori di attacchi contro israeliani. Ciò include gli autori dell’attacco nella sinagoga, dell’attacco alla fermata della Metropolitana leggera (il 5 novembre) e del tentato assassinio di un rabbino israeliano e di un leader dei coloni (il 29 ottobre). Questi ordini mettono quattro famiglie a rischio di sfollamento.

La pratica delle demolizioni punitive è stata generalmente interrotta nel 2005, a seguito delle raccomandazioni di una commissione militare che le aveva trovate inefficaci come deterrente. Questa pratica è stata ripresa il 2 luglio 2014 e, a tutt’oggi, sono state demolite o sigillate cinque case.

Il 25 novembre, i Relatori Speciali delle Nazioni Unite sul Territorio Palestinese Occupato e sul diritto ad una adeguata abitazione hanno invitato il Governo di Israele a porre fine a questa pratica, affermando che il Governo di Israele “non può andare oltre ciò che è sancito dal diritto internazionale” ed ha avvertito che “tali demolizioni si aggiungono alla frustrazione ed alla disperazione delle persone che vivono sotto la prolungata occupazione militare e gettano semi di altro odio e violenza per il futuro”.

In Area C, le autorità israeliane, a motivo della mancanza dei permessi di costruzione rilasciati da Israele, hanno danneggiato e confiscato due roulotte residenziali finanziate da donatori ed appartenenti a due famiglie di rifugiati registrati della Comunità beduina di Taybe Est (Ramallah). Le strutture erano state fornite alle famiglie a seguito di una precedente demolizione delle loro abitazioni, il 20 agosto. Il fatto ha causato lo sfollamento di 14 palestinesi, tra cui otto minori.

Le autorità israeliane hanno anche consegnato ordini di sfratto contro 70 case nella zona Steih di Gerico per essere in fase di costruzione senza i permessi israeliani su “terra di Stato” in Area C. Da segnalare che praticamente tutta la terra in Area C designata come pubblica o “terra di Stato” è stata inclusa dalle autorità israeliane all’interno dei confini giurisdizionali degli insediamenti israeliani (consigli locali e regionali) e principalmente allocata per lo sviluppo di insediamenti e di addestramento militare, piuttosto che a beneficio della popolazione locale.

Ancora in Gerusalemme Est, a Beit Hanina, una famiglia palestinese ha demolito il proprio appartamento al terzo piano di una costruzione priva permesso, al fine di evitare di incorrere in un costo più elevato se l’edificio fosse stato demolito dalle autorità israeliane e per aumentare le probabilità di legalizzare l’intero edificio.

Striscia di Gaza (Gaza Strip)

Ucciso un palestinese e feriti altri due in Aree ad Accesso Ristretto (ARA)

In questa settimana le forze israeliane hanno ucciso un civile palestinese e ne hanno feriti altri due in tre separati incidenti avvenuti nelle Aree ad Accesso Ristretto lungo la recinzione perimetrale di Gaza. Il 23 novembre, le forze israeliane hanno sparato e ucciso un palestinese 32enne mentre, secondo quanto riferito, era a caccia di uccelli ad est di Jabalia, in una zona a circa 100 metri dalla recinzione.

In altri due incidenti nelle ARA, soldati israeliani hanno sparato e ferito due civili palestinesi presenti a circa 100 metri dalla recinzione: uno nella ARA meridionale e l’altro nella ARA settentrionale; uno dei feriti, un ragazzo di 17 anni, è in condizioni critiche. Secondo quanto riferito, l’incidente nella zona nord si è verificato mentre un gruppo di palestinesi lanciava pietre contro i soldati che si stavano avvicinando. Ancora nelle ARA, le forze israeliane hanno arrestato sette civili palestinesi che, secondo quanto riferito, stavano tentando di infiltrarsi in Israele in cerca di lavoro. In aggiunta, il 17 novembre, al valico di Erez, le forze israeliane hanno interrogato per sei ore un paziente 51enne in cerca di cure mediche in Giordania e poi lo hanno incarcerato in una prigione israeliana.

L’accesso dei palestinesi alle zone in prossimità della recinzione è aumentato dopo il cessate il fuoco del 26 agosto 2014. Tuttavia, le autorità israeliane finora non hanno annunciato ufficialmente i confini di ciò che esse considerano Area Ristretta, generando così incertezza ed aumentando i rischi per la popolazione civile. Osservazioni sul campo suggeriscono che le aree a meno di 100 metri dalla recinzione sono in gran parte inaccessibili, mentre l’accesso alle aree ubicate a diverse centinaia metri oltre questa distanza è rischioso.

Un bambino palestinese è morto per le ferite riportate nel luglio-Ostilità agosto

Il 18 novembre, un 15enne palestinese è morto in un ospedale in Turchia per le ferite riportate il 21 luglio 2014. Secondo quanto riferito, il ragazzo è stato ferito quando un drone israeliano ha lanciato alcuni missili in direzione della sua casa in Rafah, uccidendo 11 membri della sua famiglia, tra cui sei minori. Questo decesso porta a 539 il numero di minorenni palestinesi morti per le ostilità di luglio-agosto su un totale di 2.257 decessi registrati.

Preoccupazione per le conseguenze della chiusura del valico di Rafah; 6.000 palestinesi impossibilitati a ritornare in Gaza

Il valico di Rafah tra Egitto e Gaza rimane chiuso dal 24 ottobre, in seguito ad attacchi nella città di Al Arish, nell’Egitto settentrionale; secondo quanto riferito, gli attacchi sono stati effettuati da gruppi radicali aventi base nella penisola del Sinai e sono costati la vita a 30 militari egiziani. Questa chiusura del valico di Rafah è la più lunga tra quelle registrate dalla metà del 2008.

Il numero di persone attualmente in attesa di uscire da Gaza via Rafah è stimato a 30.000, di cui 10.000 registrate presso l’Autorità di Confine e Valico; altre 6.000 persone sono bloccate in Egitto ed altrove, in attesa di poter tornare a Gaza.

La maggiore preoccupazione umanitaria è il progressivo deterioramento delle condizioni cliniche dei pazienti che necessitano di cure mediche all’estero o che sono in attesa di tornare a casa. Il Ministero della Salute di Gaza stima che circa 1.000 pazienti siano in attesa di uscire Gaza, compresi quelli con cancro avanzato, malattie renali e cardiache, ed esigenze ortopediche ed oftalmologiche. Ulteriori 1.000 pazienti non possono invece tornare dopo il trattamento ricevuto all’estero, ritardando così la ripresa delle cure continuative in Gaza.

Secondo quanto riferito, molti di coloro che sono bloccati in Egitto stanno esaurendo la loro disponibilità di denaro e di risorse ed alcuni hanno preso contatto con l’Ambasciata palestinese al Cairo, per essere aiutati a tornare a Gaza oppure ottenere urgentemente un supporto finanziario per far fronte alle spese per l’alloggio, il cibo e le altre spese di soggiorno.

Dal luglio 2014 al 24 ottobre, il valico di Rafah è stato aperto e gestito quasi tutti i giorni, nonostante significative restrizioni sul numero di passeggeri cui è stato permesso l’attraversamento.

22 camion di specifiche merci commerciali autorizzati ad uscire da Gaza diretti in Cisgiordania

Per la terza settimana consecutiva, Israele ha autorizzato l’uscita di merci verso la Cisgiordania per scopi commerciali. Tra il 18 e il 23 novembre, un totale di 22 camion di prodotti freschi (18), pesce (1), legno (2) e mobili (1) sono usciti da Gaza. Nonostante i progressi compiuti finora, i produttori locali e gli esportatori hanno espresso la preoccupazione che l’esportazione di prodotti agricoli, che forniscono bassi margini di profitto, non risulti economicamente sostenibile, a meno che Israele ne permetta l’esportazione in quantità maggiore.

Dal momento dell’imposizione del blocco, nel giugno 2007, Israele ha vietato quasi completamente l’uscita di merci da Gaza verso la Cisgiordania ed Israele, i principali mercati per i prodotti di Gaza. Secondo i media israeliani, a metà ottobre Israele ha annunciato l’intenzione di permettere l’uscita di specifici prodotti dalla Striscia di Gaza verso la Cisgiordania al fine di sostenere la situazione economica di Gaza. Secondo il Comitato Palestinese di Coordinamento dei Valichi, il comitato stesso è stato informato che l’elenco dei prodotti includerebbe prodotti agricoli, pesce, mobili e vestiti, ma non gli è stato comunicato un quadro operativo dettagliato riguardante il trasferimento delle merci.

Finora, nel 2014, solo 88 camion carichi di specifici prodotti agricoli sono stati autorizzati ad uscire da Gaza, in grande maggioranza per l’esportazione verso mercati internazionali, rispetto ai 5.007 camion di una più ampia gamma di merci consegnate in Cisgiordania, Israele e mercati internazionali nel primo semestre del 2007, quando veniva consentita l’esportazione di merci da Gaza.

Le interruzioni di corrente a Gaza ridotti da 18 a 12 ore al giorno in media

Dopo la ripresa delle operazioni della Centrale elettrica di Gaza, il 16 novembre, le interruzioni programmate di corrente in Gaza sono state mediamente ridotte da 18 a 12 ore al giorno, in cicli di otto ore di accensione ed otto ore di fermata. Durante la settimana, circa 1,3 milioni di litri di carburante sono stati consegnati attraverso il valico di Kerem Shalom per la Centrale, permettendo così il suo funzionamento al 50% della capacità, generando, cioè, circa 60 MW di potenza elettrica. Nonostante il miglioramento, nelle prossime settimane gli abitanti della Striscia di Gaza potrebbero trovarsi a sperimentare interruzioni di corrente più lunghe, a causa della crescita della domanda di elettricità durante l’inverno e la carenza di gas da cucina.

Oltre ai 60 MW attualmente generati dalla Centrale, 120 MW di potenza sono acquistati da Israele e 30 MW dall’Egitto. Tuttavia, la potenza totale combinata (210 MW) è meno della metà della domanda di potenza stimata in Gaza (470 MW). La crisi energetica e del carburante continua ad avere un impatto negativo sulla erogazione dei servizi pubblici basilari.

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