Gaza, Palestina Israele e il mondo – dossier operazione margine protettivo di Alessandra Mecozzi

Nov 30, 2014 | Notizie

“Gaza: Palestina, Israele e il mondo”  a cura di Alessandra Mecozzi

24 novembre 2014

Articolo Pubblicato sul sito: http://palestinaculturaliberta.wordpress.com/2014/11/24/gaza-palestina-israele-e-il-mondo/

Alessandra Mecozzi ha lavorato nella Fiom-Cgil di Torino e Nazionale dal 1970 al 2012 nel settore delle contrattazioni e delle relazioni internazionali. E’ presidente della associazione Cultura è Libertà, una campagna per la Palestina; referente di Libera international, per Nord Africa e Medio Oriente

 Questa raccolta di testi ha lo scopo di informare e far riflettere lettrici e lettori interessati, su quanto avvenuto in 51 giorni (8 luglio-25 Agosto 2014) nella striscia di Gaza, in Palestina e in Israele. Non intende trarre alcun bilancio, di sconfitta o di vittoria dell’una o dell’altra parte, Israele o Hamas o ALP (Autorità Nazionale Palestinese), che hanno tutti celebrato la “vittoria”. Come afferma nel suo articolo il palestinese americano Ramzy Baroud “questa non è stata una guerra secondo le tradizionali definizioni di guerra, e quindi le tradizionali analisi di vittoria e sconfitta semplicemente non si possono applicare”.

Un analista britannico attento, Nathan Thrall, dice con amarezza e realismo, che “Israele può dire che si indebolisce Hamas rafforzando i suoi nemici. Hamas può dire che ha guadagnato il riconoscimento del nuovo Governo e un significativo alleggerimento del blocco. Questa soluzione ovviamente era stata disponibile per Israele, gli Stati Uniti, l’Egitto e l’ Autorità Palestinese nelle settimane e nei mesi prima che cominciasse la guerra, prima che così tante vite venissero distrutte.”

Gli oltre 2100 morti, per lo più civili palestinesi, gli oltre 11.000 feriti, la distruzione di case, infrastrutture, agricoltura, fabbriche, scuole (un costo totale di 3 miliardi di dollari) da cui è difficile comprendere se e quando Gaza potrà riprendersi, testimoniano una sconfitta della ragione e dell’umanità (vedi http://nena-news.it/gaza-uneconomia-rasa-al-suolo)

La riflessione che si intende dunque sollecitare è piuttosto sulla situazione, il contesto, le ragioni, in cui è avvenuta questa terza guerra denominata “protective edge”, margine protettivo (le precedenti sono Cast lead, Piombo fuso, del 2008/9; Pillar of smoke, pilastro di fumo, nel 2012), gli interrogativi sul futuro di una questione, la Palestina, decisiva nell’area mediorientale, sempre più sconvolta dalla guerra, e le reazioni, analisi e iniziative, a livello israeliano e internazionale.

Per questo ho ritenuto di includere in questa raccolta alcune delle tante voci indignate e riflessive, fredde o accorate che si sono fatte sentire nel mondo, dando particolare rilievo a quelle israeliane. Le iniziative della società civile sono state tante, e si spera che continueranno ad esserlo, essendo ormai matura la convinzione che la possibilità, sia pur esile, di una soluzione vera e giusta, che duri nel tempo, sta molto nelle mani della società civile, a cominciare da quella israeliana (secondo sondaggi pubblicati in agosto ben il 92% dell’opinione pubblica era d’accordo sulla guerra contro Gaza), più che delle Istituzioni e dei Governi, che vanno permanentemente sollecitati.

Un noto rabbino americano, Henry Siegman, a capo di due importanti istituzioni ebraiche in America, un tempo fervente sionista, e direttore dal 1978 al 1994 del Congresso ebraico statunitense,nato in Germania nel 1930 proveniente da una famiglia che ha a lungo peregrinato per sfuggire al nazismo, dice in una lunga intervista a Democracy now, “ La questione centrale non è quello che essi (nazisti) hanno fatto esattamente, ma è il fatto che, evidentemente, persone degne possono essere testimoni del male e non far niente contro di esso. Questa è la lezione più importante dell’Olocausto, no gli Hitlers e no le SS, ma che la società ha consentito che questo succedesse. E la mia profonda delusione è che la popolazione israeliana, proprio perché Israele è una democrazia, dica: non siamo responsabili di quello che fanno i nostri capi, e li elegge ogni volta in cariche pubbliche. Non può farlo! ”.

Per questo sono così importanti le manifestazioni di migliaia di persone contro la guerra a Tel Aviv, i bus della pace organizzati da varie associazioni per andare al confine di Gaza e portare viveri, abiti, e anche fiori! Importanti per mantenere un legame tra popolazioni che sono destinate a coesistere, per la loro stessa sopravvivenza; per dire chiaramente no allo scontro militare. Un altro famoso ebreo americano, pacifista, Noam Chomsky, dice : “Dopo aver adottato politiche che l’hanno trasformato da paese ammirato da tutti a Stato temuto e disprezzato, politiche che ancora oggi persegue con cieca determinazione nella sua marcia verso la decadenza morale e forse la distruzione finale, ormai Israele non ha molte alternative.” e un ottimo reporter inglese, Robert Fisk: “Ma il mondo si sta rivoltando contro Israele, come ripetutamente ministri della Unione Europea (pur se sempre così gentili), vanno dicendo agli israeliani. E si sta rivoltando contro i nostri politici e i padroni dei media.”

Centinaia di migliaia di persone sono scese nelle strade di Francia, Inghilterra, America latina, India, e perfino una manifestazione di fronte al parlamento europeo a Strasburgo promossa dal coordinamento europeo delle associazioni (ECCP), con la partecipazione di oltre 20 parlamentari europei e decine di attivisti. Anche la Confederazione sindacale internazionale e sindacati europei come Industriall, hanno inviato alla mobilitazione il giorno 7 agosto. Se l’Italia, un tempo primo paese in Europa per il movimento di solidarietà con la Palestina e una pace giusta con Israele, non si è distinta per presenza massiccia nelle strade, è la rete italiana per il disarmo (www.disarmo.org) a chiedere per prima al Governo, poco dopo l’inizio dei bombardamenti su Gaza, il blocco delle forniture militari ad Israele (Italia è il primo fornitore europeo di armi ad Israele), poi seguita da ENAAT, la rete europea, da Amnesty International… Il governo spagnolo ha sospeso nel mese di agosto l’invio di armi a Israele….

La Unione Europea ha emesso in luglio linee guida per gli Stati membri, (pubblicate da 20 paesi, tra cui l’Italia) per invitare aziende e cittadine/i a non commerciare né investire nelle colonie israeliane, perché illegali.

Molto significative tutte le iniziative di pressione per mettere in atto boicottaggi, disinvestimenti, sanzioni nei confronti di Israele, sia da parte delle popolazioni che delle aziende e delle istituzioni. Iniziative sollecitate anche dalla campagna ( per Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) lanciata da 170 associazioni palestinesi non governative nel 2005 e ben presto accolta internazionalmente).

L’arcivescovo emerito Desmond Tutu, protagonista della lotta contro l’Apertheid in Sud Africa, ha pubblicato per la prima volta in esclusiva su un popolare quotidiano israeliano, Haaretz, un appello al popolo israeliano (“la mia preghiera al popolo di Israele: liberate voi stessi liberando la Palestina”) in cui, tra l’altro, riferisce: “All’inizio della settimana, ho chiesto la sospensione di Israele dall’Unione Internazionale degli Architetti, riunita in Sud Africa. Ho fatto un appello alle sorelle e ai fratelli israeliani presenti alla conferenza perché si dissociassero attivamente personalmente e professionalmente dalla progettazione e costruzione di infrastrutture connesse con la perpetuazione dell’ingiustizia, compreso il Muro di separazione, i posti di controllo i checkpoint, e le colonie costruite sulla terra palestinese occupata….e abbiamo anche di recente assistito al ritiro di decine di milioni di euro del fondo pensione olandese PGGM dalle banche israeliane; il disinvestimento dalla G4S della fondazione Bill e Melinda Gates; e la chiesa presbiteriana USA ha disinvestito circa 21 milioni di dollari da HP, Motorola e Caterpillar.”Desmond Tutu sottolinea giustamente il carattere nonviolento di questa campagna e il fatto che qualcosa di analogo riuscì a sconfiggere l’apartheid in Sud Africa.

Sottraendosi alla pretestuosa e inutile contrapposizione con chi accusa gli inefficaci razzi di Hamas (anch’essi in violazione del diritto internazionale se rivolti contro aree dove risiedono civili), e in generale vede Hamas come terrorista, risponde l’israeliano Gideon Levy nel suo articolo “Andate a Gaza e guardate con i vostri occhi”: “Una discussione meno primitiva, meno condizionata dal lavaggio del cervello potrebbe portare a conclusioni diverse. Per esempio, che un porto sotto controllo internazionale è un obiettivo legittimo e ragionevole; che togliere il blocco sulla Striscia di Gaza conviene anche ad Israele; che non c’è altro modo di far cessare la resistenza violenta; che coinvolgere Hamas nel processo di pace potrebbe portare a un cambiamento sorprendente; che la Striscia di Gaza è abitata da esseri umani, che vogliono vivere come tali”

Adesso, dopo l’ultimo accordo del 25 agosto (vedi) per una “tregua illimitata”dovrebbero aprirsi negoziati per realizzare i punti dell’accordo stesso, a breve e lungo termine, per fare in modo che non sia solo un’ altra “pausa” in attesa di una nuova guerra, ma l’avvio di una soluzione strutturale di giustizia, che si basi sul rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani e che conduca ad abolire il paradosso denunciato tempo fa da Hanan Ashrawi, dirigente palestinese, membro del Consiglio Legislativo:“Siamo l’unico popolo sul pianeta a cui si chiede di garantire la sicurezza del suo occupante, mentre Israele è l’unico paese che chiama a difendersi dalle sue vittime”

Qui potete leggere il dossier

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