Discorso di Mahmoud Abbas alle Nazioni Unite del 26.09.2014

Ott 1, 2014 | Notizie

21205-abbas“Sig. Presidente, Signore e Signori,

In questo anno, proclamato dall’Assemblea delle Nazioni Unite, Anno internazionale della Solidarietà con il Popolo Palestinese, Israele ha scelto di farne l’anno di una nuova guerra di genocidio perpetrata contro il popolo palestinese.
In questo anno in cui l’Assemblea, a nome delle nazioni e dei popoli del mondo, esprimeva il desiderio e la determinazione del mondo ad una pace giusta per realizzare la libertà e l’indipendenza del popolo palestinese, a fianco di Israele, in modo da rettificare l’ingiustizia storica inflitta al popolo palestinese nella Nakba del 1948, la Potenza occupante ha scelto di sfidare il mondo intero lanciando la guerra su Gaza, con la quale i suoi jet e tank hanno brutalmente assassinato le vite e devastato le case, scuole e sogni di migliaia di bambini, donne e uomini palestinesi, e nei fatti distruggendo le rimanenti speranze di pace.
Signore e Signori,
Mi rivolsi a voi in questo luogo durante giorni simili nel 2012 e ammonii che la Potenza coloniale occupante si stava preparando ad una nuova Nakba contro il popolo palestinese, e mi sono appellato a voi: Prevenite una nuova Nakba, supportate la creazione di una Stato di Palestina libero ed indipendente ora.
Sono ritornato in questo stesso luogo due mesi dopo, mentre la Palestina si stava curando le ferite e il suo popolo stava seppellendo i suoi amati martiri, bambini, donne e uomini dopo l’ennesima guerra intrapresa contro la Striscia di Gaza, e quel giorno dichiarai: sicuramente non c’era nessuno al mondo che avesse bisogno della perdita di vite di decine di bambini palestinesi per confermare che Israele insiste con l’occupazione; e non c’era neanche bisogno di migliaia di raid mortali e tonnellate di esplosivo per ricordare al mondo che c’è un’occupazione che deve finire e che c’è un popolo che deve essere liberato.
Dissi anche in quell’occasione: non c’è nemmeno bisogno di una nuova devastante guerra per realizzare l’assenza di pace.
Ed ora siamo di nuovo qui.
Ora ci ritroviamo qui, pieni di dolore, rammarico e amarezza, ponendo le stesse questioni e conclusioni di lunga data dopo una nuova guerra, la terza intrapresa dal razzista Stato occupante in cinque anni contro Gaza, questa piccola, densamente popolata e preziosa parte della nostra nazione.
La differenza oggi è che la scala di questo crimine di genocidio è più grande, e che la lista dei martiri, specialmente bambini, è più lunga, così come la lista dei feriti e invalidi, e che decine di famiglie sono state completamente decimate.
La differenza oggi è che approssimativamente mezzo milione di persone sono state costrette ad andarsene dalle loro case, e che il numero di case, scuole, ospedali, edifici pubblici, edifici residenziali, moschee, fabbriche e anche cimiteri distrutti è senza precedenti.
E, la differenza, oggi, è che la devastazione causata da questa recente aggressione è senza pari nell’epoca attuale, come confermato da un testimone, l’onorevole Commissario generale dell’UNRWA.

Sig. Presidente, Signore e Signori,
Quest’ultima guerra contro Gaza ha rappresentato una serie di assoluti crimini di guerra compiuti davanti gli occhi e le orecchie del mondo intero, momento dopo momento, in una maniera che rende inconcepibile che qualcuno possa oggi affermare che essi non si sono resi conto della grandezza e orrore del crimine.
Ed è inconcepibile che alcuni siano incapaci di distinguere questa situazione in termini reali e che per loro sia sufficiente il semplice dichiarare supporto al diritto di Israele a difendersi senza riguardo per il destino di migliaia di vittime del nostro popolo, ignorando un semplice fatto che noi ricordiamo loro oggi: che la vita di un Palestinese è preziosa quanto la vita di ogni altro essere umano.
Dobbiamo inoltre supporre che nessuno si chiederà più perché l’estremismo stia crescendo e perché la cultura di pace stia perdendo terreno e perché gli sforzi per ottenerla stiano collassando.
Eppure, noi crediamo – e speriamo- che nessuno stia aiutando l’occupazione questa volta per la sua impunità o nei suoi tentativi di evadere la responsabilità per i crimini commessi.
Sig. Presidente, Signore e Signori,

A nome della Palestina e del suo popolo, io affermo oggi: noi non scorderemo e non perdoneremo, e non permetteremo ai criminali di guerra di rimanere impuniti.
Io affermo davanti a voi che il popolo palestinese si mantiene saldo nel suo legittimo diritto a difendere sé stesso contro la macchina da guerra israeliana e nel legittimo diritto a resistere a questa occupazione israeliana razzista e coloniale.
Allo stesso tempo, dico che il nostro dolore, il nostro trauma e la nostra rabbia non ci farà abbandonare per un solo momento la nostra umanità, i nostri valori e la nostra etica; manterremo per sempre il rispetto e l’impegno nei confronti del diritto internazionale, il diritto umanitario internazionale e il consenso internazionale, e le tradizioni della nostra lotta nazionale stabilita dai Fedayeen palestinesi e alla quale ci siamo impegnati dal principio della rivoluzione palestinese nel 1965.
Sig. Presidente, Signore e Signori
Nel mezzo di un diluvio di massacri e tempeste di distruzioni di massa, abbiamo assistito al radunarsi dei popoli del mondo in enormi manifestazioni nelle strade di molte città, affermando la loro condanna all’aggressione e occupazione e il loro sostegno per la libertà della Palestina. E abbiamo visto la maggioranza schiacciante delle nazioni nei vari continenti dichiarare la stessa nobile posizione e affrettarsi a fornire ogni tipo di supporto ed assistenza al nostro popolo. E siamo stati testimoni dell’espansione quantitativa e quantitativa delle attività della campagna internazionale di boicottaggio della società civile contro le politiche israeliane di occupazione, apartheid e insediamento coloniale, specialmente nel mondo accademico, culturale, tra gli studenti e i gruppi giovanili.
Per ciò, a nome della Palestina, ringraziamo tutti coloro che hanno scelto di stare dalla parte dei diritti umani e hanno fatto richiesta di libertà, giustizia e pace. Tutte queste manifestazioni di vera solidarietà hanno costituito un importante messaggio per coloro che stavano affrontando il genocidio a Gaza, aiutando loro a non sentirsi soli.
Sig. Presidente, Signore e Signori,
La recente guerra israeliana ha confermato nella pratica il punto cruciale di quanto il governo israeliano ha dichiarato nelle fasi finali dei negoziati. Questa guerra è giunta dopo lunghe, difficili negoziazioni durate più di 8 mesi sotto gli auspici degli Stati Uniti e gli sforzi del Presidente Barack Obama e gli sforzi tenaci del suo Segretario di Stato John Kerry. Noi ci siamo impegnati in questo tentativo con mente aperta, in buona fede e con uno spirito positivo e ci siamo impegnati con gli sforzi dell’amministrazione Americana nella maniera più costruttiva, ed abbiamo presentato le nostre ferme posizioni basate su risoluzioni di legittimità internazionale, che ricevono il supporto della maggioranza delle nazioni del mondo. E noi, genuinamente, abbiamo rispettato tutti i nostri impegni ed accordi. Pur osservando violazioni israeliane acuirsi, abbiamo esercitato un inimmaginabile autocontrollo, silenziando le nostre lacrime e curando le nostre proprie ferite in modo da dare agli sforzi americani la maggior possibilità di successo.
Tuttavia, e come al solito, il governo israeliano non ha perso l’opportunità di minare la chance di pace. Nel corso dei mesi dei negoziati, la costruzione di colonie, la confisca di terre, la demolizione di case, le campagne di arresto ed uccisione, ed il trasferimento forzato in Cisgiordania sono continuati senza sosta ed è stato intensificato l’ingiusto blocco sulla Striscia di Gaza. La campagna di occupazione ha riguardato in special modo la città di Gerusalemme ed i suoi abitanti, cercando di alterare artificialmente lo spirito, l’identità e il carattere della Città Santa, focalizzandosi sulla Moschea Al-Aqsa, con la minaccia di gravi conseguenze. Allo stesso tempo, gruppi razzisti ed armati di coloni hanno persistito nei loro crimini ai danni della popolazione palestinese, delle terre, moschee, chiese, proprietà ed ulivi. Come al solito, il governo israeliano ha di nuovo mancato di passare il test per la pace.
Esso ha violato un accordo con l’amministrazione Americana riguardo il rilascio di un gruppo di prigionieri palestinesi nelle carceri dell’occupazione – e noi continuiamo ad insistere per il loro rilascio. E, quando messi a confronto con semplici questioni nei negoziati diretti o attraverso il mediatore americano, esso non ha esitato a rivelare le sue vere posizioni: Israele rifiuta di porre fine all’occupazione dello Stato di Palestina che dura dal 1967 ma piuttosto ne ricerca la sua continuazione o radicamento e non riconosce lo Stato palestinese e si rifiuta di trovare una giusta soluzione per la difficile situazione dei rifugiati palestinesi .
Il futuro proposto dal governo israeliano al popolo palestinese è, nel migliore dei casi, ghetti isolati per i palestinesi su un territorio frammentato, senza confini, senza sovranità sul proprio spazio aereo, sull’acqua e sulle risorse naturali che finirebbero assoggettate ai coloni razzisti e all’esercito di occupazione, e, nel peggiore dei casi, la più bieca forma di Apartheid.
Israele ha confermato durante i negoziati che rifiuta di fare la pace con le sue vittime, il popolo palestinese.
Tutto ciò è stato contestuale al tentativo di dare una connotazione religiosa al conflitto e al crescere e dilagare del razzismo nel discorso politico e dei media israeliani e al suo consolidarsi nei programmi scolastici e in una serie di leggi e pratiche dell’occupazione e dei suoi coloni. Questa cultura di razzismo, istigazione e disprezzo si è palesemente manifestata nel miserabile, scioccante crimine commesso mesi fa da coloni fascisti che hanno rapito il giovane gerosolimitano Mohammed Abu Khdeir, lo hanno bruciato vivo e ucciso.
Nel corso degli anni passati, la Potenza occupante ha inoltre perseguito una politica finalizzata a indebolire deliberatamente l’Autorità Nazionale Palestinese per danneggiarla e, in sostanza, negarne pienamente il ruolo. L’occupazione ha mirato al lavoro che abbiamo incessantemente intrapreso per stabilire le fondamenta dello Stato di Palestina che vogliamo: uno Stato sovrano ed indipendente che viva in pace e che costruisca ponti di mutua cooperazione con i suoi vicini; che rispetti gli impegni, obblighi ed accordi; che rafforzi i valori della cittadinanza, uguaglianza, non-discriminazione, dello stato di diritto, dei diritti umani e pluralismo; che approfondisca le saggie tradizioni palestinesi della tolleranza, coesistenza e inclusione; che rafforzi la cultura di pace; che promuova il ruolo delle donne; che stabilisca un’amministrazione efficiente che si impegni per standard di buona governance; e che abbia cura delle esigenze ed interessi del suo popolo. L’occupazione ha colpito e continua a colpire questo sforzo perché ciò è in antitesi con le sue politiche di insediamento e perché vuole distruggere la possibilità di costruire l’esistenza palestinese in uno Stato indipendente nel quadro della soluzione dei due Stati.
Quando i nostri sforzi per far cessare la divisione interna attraverso il dialogo nazionale hanno avuto successo alcuni mesi fa e ci preparavamo a ripristinare l’unità della nostra terra, della nostra nazione ed istituzioni e abbiamo formato un governo di consenso nazionale e abbiamo iniziato il processo verso le elezioni legislative e presidenziali, tutte le nazioni del mondo hanno favorevolmente accolto questo risultato, con l’eccezione di Israele, che ha costantemente cercato di frammentare la nostra terra e la nostra unità nazionale.
Sign. Presidente, Signore e Signori,
E ora, dove andiamo da qui?
L’idea che sia possibile semplicemente ritornare ai vecchi schemi di lavoro, che hanno ripetutamente fallito, è ingenua nel migliore dei casi e, ad ogni modo, sbagliata, dal momento che ignora il fatto che non è più accettabile o possibile ripetere metodi che sono stati infruttuosi o di continuare con approcci che hanno ripetutamente fallito e richiedono una revisione completa ed una correzione radicale.
É impossibile, e lo ripeto – è impossibile – ritornare al ciclo di negoziati che ha fallito nell’affrontare la sostanza della questione, il punto fondamentale. Non c’è né credibilità né serietà in negoziati in cui Israele determina in anticipo i risultati attraverso le sue attività coloniali e la brutalità dell’occupazione.
Non vi è significato o valore in negoziati per i quali l’obiettivo concordato non sia la fine dell’occupazione israeliana e il raggiungimento dell’indipendenza dello Stato di Palestina con Gerusalemme Est come sua capitale sull’intero territorio palestinese occupato nel 1967. E non vi è valore in negoziati che non siano legati ad una ferma tempistica per l’implementazione di questo obiettivo.
É giunto il momento di far cessare questa occupazione coloniale.
La Palestina rifiuta di avere il diritto alla libertà per il suo popolo che è assoggettato al terrorismo dalla razzista Potenza occupante e dai suoi coloni, rimane ostaggio delle condizioni di sicurezza israeliane.
É il popolo palestinese ad avere in realtà bisogno di immediata protezione internazionale, che stiamo ricercando attraverso le organizzazioni internazionali, ed ha bisogno di sicurezza e pace, ciò che a loro manca più di ogni altro popolo; e i bambini della Palestina meritano lo sforzo della comunità mondiale affinchè la loro infanzia, i loro sogni e le loro vite, non siano devastate di nuovo.
È il momento di chiudere i capitoli di questa prolungata e continua tragedia.
Coloro che furono sradicati dalle loro calde case, dalle loro dolci terre e dal loro bellissimo Paese durante la Nakba, 66 anni fa, spinti nella miseria dell’esilio e alla vita da rifugiati e ora costretti a nuove ondate di espulsioni o alle barche della morte per i mari del mondo, hanno bisogno di assicurazioni sul fatto che non verranno portati via dalle loro case di nuovo, che le loro case non verranno distrutte ancora, che essi non passeranno la loro vita aspettando l’esplosione di una nuova guerra.
È tempo per questa lunga tragedia di finire.
Noi non accetteremo di essere per sempre coloro ai quali è richiesto di provare le proprie buone intenzioni facendo delle concessioni a spese dei propri diritti e di rimanere silenti mentre veniamo uccisi e la nostra terra è rubata, e di capire le condizioni dell’altra parte e l’importanza di preservarne il governo di coalizione, mentre esso intensifica l’occupazione. Siamo esausti di test addizionali cui dobbiamo sottoporci per provare la nostra efficienza, competenza ed eleggibilità a guadagnare il nostro naturale, semplice diritto a vivere una vita normale ed il nostro innato diritto a sperare in un domani stabile ed ordinario, sognare giorni migliori, ed essere in grado per i nostri giovani di pianificare i loro giorni ed anni futuri al sicuro, in pace e in libertà sulla nostra terra, come le altre popolazioni del mondo.
É arrivato il momento di far prevalere una pace reale, giusta nella terra della pace.
Sig. Presidente, Signore e Signori,
Noi, e tutte le nazioni arabe, abbiamo costantemente ammonito sulle conseguenze disastrose del persistere dell’occupazione israeliana e della negazione della libertà ed indipendenza del popolo palestinese. Noi abbiamo ripetutamente attirato la vostra attenzione sul fatto che permettere ad Israele di agire come uno Stato al di sopra della legge con impunità e assolvendola da ogni responsabilità per le sue politiche, la sua aggressione e sprezzo della volontà e legittimità internazionale ha assolutamente fornito terreno fertile e un contesto incoraggiante alla crescita dell’estremismo, dell’odio e del terrorismo nella nostra regione.
Affrontare il terrorismo che affligge la nostra regione da gruppi –come l’ISIL ed altri che non hanno in alcun modo basi nella tollerante religione islamica o nei valori umani e che stanno commettendo atrocità brutali ed efferate – richiede molto più di un confronto militare.
È una questione urgente che richiede molto più che condanne e dichiarazioni di posizioni, che sono di certo necessarie. Ciò che è primariamente indispensabile è una completa, credibile strategia che prosciughi le fonti del terrorismo e che ne elimini le radici in tutte le sfere politiche, intellettuali, economiche e sociali della nostra regione. Esso richiede la creazione di solide fondamenta per un consenso ragionevole che renda la lotta ad ogni forma di terrorismo, in ogni luogo, un compito collettivo che viene intrapreso da un’alleanza di nazioni, popoli e civiltà.
Esso richiede in questo contesto, e come priorità, di portare a termine l’occupazione israeliana nel nostro Paese, che costituisce nelle sue pratiche e nella sua perpetuazione, una forma abominevole di terrorismo di stato e un terreno fertile per l’incitamento, la tensione e l’odio.
Sig. Presidente,

In questo momento in cui stiamo ancora soffrendo per gli orrori della guerra, noi affrontiamo un’ardua sfida per ricostruire ciò che è stato distrutto dall’occupazione.
Su invito della Repubblica araba di Egitto e del Regno di Norvegia, che profondamene apprezziamo, si terrà nella città de Il Cairo il prossimo mese una conferenza internazionale per l’aiuto e la ricostruzione della Striscia di Gaza. Il nostro governo presenterà alla conferenza rapporti completi sulle perdite inflitte dall’aggressione nei diversi settori, e fornirà dettagli dei piani e dei programmi che verranno rapidamente implementati e supervisionati nella Striscia di Gaza per soddisfare i bisogni di aiuto immediati e le esigenze di ricostruzione, in pieno coordinamento con le agenzie e gli organismi delle Nazioni Unite.
Nel reiterare il nostro apprezzamento e gratitudine a tutte le nazioni ed organizzazioni che si sono affrettate a fornire assistenza al popolo palestinese durante e dopo la guerra, rimaniamo fiduciosi che le nazioni fraterne e amiche non esiteranno nel donare supporto ai piani e programmi che presenteremo e (rimaniamo fiduciosi) che la conferenza raggiunga risultati concreti che soddisfino le aspettative e i bisogni delle vittime dell’ aggressione.
Noi riaffermiamo qui che il prerequisito principale per il buon esito di tutti questi piani e sforzi è la fine del blocco in corso che ha soffocato per anni la Striscia di Gaza e che l’ha trasformata nella più grande prigione al mondo per quasi due milioni di cittadini palestinesi. Allo stesso tempo, ribadiamo il nostro impegno e la necessità di consolidare il cessate il fuoco attraverso i negoziati sotto gli auspici dell’Egitto. Tuttavia, per evitare il ripetersi del ciclo di guerra e del ciclo di ricostruzione ogni due o tre anni, è imperativo focalizzarsi sulla questione fondamentale e punto di partenza, ovvero che la sofferenza di Gaza non sarà completamente alleviata se non attraverso la fine dell’occupazione e il raggiungimento dell’indipendenza dello Stato palestinese.
Sig. Presidente, Signore e Signori,
Nelle due settimane passate, la Palestina e il Gruppo arabo ha intrapreso contatti intensi con i vari gruppi regionali nelle Nazioni Unite per la presentazione di una bozza di risoluzione da far adottare dal Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite sul conflitto israelo-palestinese ed avanzare negli sforzi di pace. Questo tentativo conferma il nostro impegno a raggiungere una pace giusta attraverso una soluzione negoziata e l’adozione, da parte nostra, di uno sforzo politico e diplomatico attraverso gli organismi delle Nazioni Unite. Questo tentativo è ispirato da e pienamente basato sullo spirito e le disposizioni di molte risoluzioni che avete approvato nell’Assemblea generale e quelle adottate dal Consiglio di sicurezza, le quali hanno posto le basi per una soluzione duratura ed una pace giusta. Esso aspira a correggere le deficienze dei tentativi precedenti per raggiungere la pace attraverso l’obiettivo della fine dell’occupazione israeliana, la realizzazione della soluzione dei due Stati, dello Stato di Palestina, con Gerusalemme Est come sua capitale, sull’intero territorio occupato nel 1967, a fianco dello Stato di Israele e raggiungere una giusta e concordata soluzione alla difficile condizione dei rifugiati palestinesi sulla base della risoluzione 194, con un preciso calendario per l’implementazione di questi obiettivi come stipulato nell’Iniziativa di Pace Araba. Ciò sarà legato all’immediata ripresa dei negoziati tra Palestina e Israele per demarcare confini, raggiungere un accordo completo e dettagliato e stabilire un trattato di pace tra di essi.
Signore e signori,
Siamo fiduciosi che questo sforzo riceverà un supporto pieno ed ampio da parte di coloro che sono impegnati ad assicurare che la nostra nazione non sarà testimone di nuove guerre ed atrocità, da parte di coloro che desiderano sostenere una campagna contro il terrorismo, da parte di coloro che credono che sia necessario agire speditamente per correggere l’ingiustizia storica inflitta con la Nakba al popolo palestinese, e da coloro i quali desiderano vedere la pace prevalere nella terra delle religioni monoteistiche.
L’adozione di questa risoluzione sarà l’affermazione di ciò che voi aspiravate a realizzare in questo Anno Internazionale della Solidarietà con il popolo palestinese, che continuerà nella sua battaglia e si rialzerà coraggioso e forte dalle macerie e dalla distruzione.
Noi, come il nostro poeta Mahmoud Darwish disse: “siamo infetti da un male incurabile, che è la speranza e amiamo la vita se ci è data la possibilità di viverla”.
Sig. Presidente, Signore e Signori,
C’è un’occupazione che deve finire ora.
C’è un popolo che deve essere liberato immediatamente.

L’ora dell’indipendenza dello Stato di Palestina è arrivata”.
Traduzione di Alessia Di Nucci

 www.assopacepalestina.org

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